I bastioni di Alessandria caddero….[Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti

Difficile immaginare l’attuale piazza Garibaldi senza i portici che la cingono. No all’attuale corso Crimea, no ai giardini della stazione, no a piazza Garibaldi, insomma no a tutto quel che vediamo ora, corso Crimea compreso, in quanto costretta fra basse case (proibito elevarle oltre un certo limite per non offrire bersaglio alle artiglierie) e alti bastioni.

Eppure questo era quanto esisteva prima che le fortificazioni della nostra città fossero costrette a cedere il passo al nuovo che avanzava. Certo, ora diamo per scontato quel che abbiamo, ma basta guardare una antica planimetria di Alessandria per rendersi conto che quel che abbiamo lo dobbiamo a chi prima di noi ha realizzato le opere che oggi vediamo, a partire dalla prima linea ferroviaria che collegava Torino a Genova, grazie ai lavori iniziati il 13 febbraio 1845 e conclusi il 18 dicembre 1853 (la Napoli Portici fu realizzata pochi anni prima, il 3 ottobre 1839 (1), ma era una tratta di soli 7,25 chilometri e tutti in pianura, nulla a che vedere con i 169 chilometri della Torino- Genova (2), un parte dei quali in galleria).

Infatti, per attraversare l’Appennino fu costruita la Galleria dei Giovi, lunga 3254 metri. L’intera tratta fu subito costruita a doppio binario per cui si dovettero costruire molti ponti, oltre trenta di rilevante importanza e perforare gallerie con spese ingenti. Non si aspettò il completamento dell’opera per l’apertura al pubblico ma lo si fece man mano che i tratti di linea venivano completati, non si aspettava nemmeno il completamento delle stazioni e si apriva anche con un solo binario efficiente.

Per la prima tratta Torino Porta Nuova-Moncalieri di soli 8 chilometri si dovette costruire la prima opera importante realizzando un lungo ponte sul fiume Po nelle immediate vicinanze della stazione di Moncalieri. Alessandria fu raggiunta il primo gennaio 1850 dopo di che venne raggiunta Novi Ligure e l’anno successivo, il 10 febbraio 1852, fu la volta di Arquata per complessivi 124 chilometri. A parte le difficoltà circa i viadotti nella zona di Serravalle Scrivia, il servizio si rivelò soddisfacente sia per il pubblico che per la società che vide i propri utili salire vertiginosamente. I treni impiegavano “solo” tre ore e 40 minuti per coprire l’intera tratta.

Per coprire la tratta Arquata-Busalla-Genova furono necessarie altre grandi opere. Infatti, occorsero 18 chilometri per raggiungere Busalla e la tratta venne aperta il 10 febbraio 1853 grazie alla realizzazione di ben 8 ponti e quattro gallerie di lunghezza variabile da 508 a 866 metri. Il 18 dicembre si completò l’apertura degli ultimi 23 chilometri tra Busalla e Genova Piazza Principe.

Per il superamento del tratto appenninico oltre alla realizzazione della galleria dei Giovi, fu di primaria importanza il tipo di trazione per superare il lungo percorso a fortissima pendenza da Pontedecimo a Busalla. Per questo un gruppo di ingegneri, tra i quali il belga Maus e il savoiardo Sommeiller, studiarono nuovi tipi di locomotive, sempre costruite dalle officine Stephenson, denominate poi Mastodonte dei Giovi (3 e 4) che, costituite da due macchine accoppiate fra di loro, servivano al traghetto dei convogli sulla rampa del 36 per mille di cui non si ha l’eguale su altre strade ferrate esercitate con locomotive. Erano in grado di trainare treni di 130 tonnellate a 12 chilometri orari.

Poiché la nuova ferrovia, oltre che un importante collegamento passeggeri, aveva una funzione fondamentale per il traffico portuale viene anche costruito contestualmente un collegamento con il porto tra Genova Piazza Principe e piazza Caricamento, quasi totalmente in sede stradale a raso, sull’odierna Via Gramsci ed è proprio in quella piazza genovese che il 16 febbraio 1854, alla presenza del Re Vittorio Emanuele II e il Primo Ministro Cavour, giunti con il treno reale (5), si tenne l’inaugurazione ufficiale della linea. L’intera opera costò 120 milioni, per una lunghezza complessiva di 166 chilometri, con pendenza media del 5,2 per mille. Vennero costruite complessivamente 10 gallerie, lunghe complessivamente 7381 metri e 42 tra ponti e viadotti.

Era, in breve, il nuovo che avanzava, tanto che, durante il Risorgimento, Alessandria fu un importante centro liberale. Nell’ottobre 1859 fu scelta come capoluogo di provincia di una delle prime quattro province piemontesi, per una fetta di territorio che comprendeva anche l’astigiano. Il 25 luglio 1899 diventò la prima città italiana capoluogo di provincia ad essere governata da una Giunta a maggioranza socialista: quel giorno venne infatti eletto sindaco della città l’orologiaio Paolo Sacco.

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1 – immagine della ferrovia Napoli – Portici.

2 – percorso della ferrovia Torino – Genova.

3 e 4 – Mastodonte dei Giovi.

5 – arrivo del treno Reale a Genova.

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Una linea di bastioni chiudeva la città all’altezza di corso Crimea

Nell’esame di alcuni “interni” relativi alla via Legnano, sul lato di sinistra e precisamente nel breve tratto da corso Roma a via Trotti, ricorderemo anche la particolare disposizione dei vari cortili all’intorno e dei relativi passaggi, precisamente chiusi sul fondo dai nostri vecchi bastioni allora distesi, come già detto, sulla linea oggi di corso Crimea, linea che è bene precisare, aveva inizio dal Tanaro, per giungere, superandoli, ai portici di piazza Savona proprio dove in antico si apriva la nostra Porta Genovese (piazza Marconi). Oggi sul fianco di Piazza Savona o Garibaldi che dir si voglia, di distende la vasta area dei nostri giardini comunemente in origine intitolati alla “Stazione” giardini ricavati precisamente come la piazza suddetta, nota dapprima come piazza Savona, dallo smantellamento della vecchia linea difensiva di Corso Crimea.

E’ noto a tutti che i bastioni stessi vennero poi rinnovati nel 1856 al tempo di Cavour e Lamarmora, e disposti con più ampio sviluppo all’intorno alla città. Di questa nuova linea l’ultimo avanzo sta per scomparire proprio in questi giorni dove un tempo vi erano, a tutti ben noti, i popolari bagni…dei soldati. Ultimo ricordo nostro della difesa del 1856 è costituito dai due “Fortini” situati sul fiume Bormida ai lati della ferrovia per Genova e per Piacenza. Altro “Fortino” tutt’ora noto è precisamente situato subito oltre ponte Bormida, sulla vecchia strada per Castelceriolo.

In rapporto precisamente alla vecchia linea fortificata di corso Crimea, già abbiamo ricordato la particolare disposizione dei vari cortili interni e relativi passaggi con unico accesso su via Legnano, diremo proprio di fronte alla base della “Torre” dei Trotti. Cortili collegati uno con l’atro e chiusi sul fondo proprio da “Bastioni” e pertanto soggetti a servitù diverse, specie in altezza.

Per quanto riguarda la loro posizione in rapporto alla loro estensione anche sui lati, diremo che sul fianco e precisamente su corso Roma, là dove oggi finisce via Caniggia, abbiamo tuttora ricordo sia del vasto impianto di cortili come dei relativi “interni” riferiti anche da questo lato alle vecchie costruzioni precisamente situate al disotto sempre dei bastioni, diremo in parallelo con la nostra linea difensiva su citata.

Anche su corso Roma i cortili suddetti con relativi “interni” erano riferiti a vecchie costruzioni situate proprio al riparo dei vecchi bastioni, come per altro già avveniva per la linea di via Legnano. Tuttora da questo lato abbiamo un vasto cortile caratteristico le cui proprietà relative, precisamente riferite a corso Roma (proprio come avveniva per via Legnano) erano così disposte: al nome di Fantoni Enrico i numeri 39 e 41; al nome di Badaracco Fratelli (frontisti anche su corso Roma) i numeri 43, 45 e 47.

Oggi nel loro vario complesso tutte queste nostre vecchie costruzioni, rimaste tuttora “intere” si appoggiano ancora alla vecchia linea di corso Crimea, precisamente al Palazzo Lavagetto a tutti noto, che si presenta nella sua completa ed importante ricostruzione diremo nuova, su ben tre fronti (corso Roma, corso Crimea e via Trotti). All’interno della costruzione stessa, vediamo oggi un vasto cortile i cui limiti sul fondo raggiungono e altresi chiudono i diversi vecchi interni che tuttora hanno disimpegno e su via Legnano nonché, per una parte soltanto, su corso Roma di fronte come già detto, a via Caniggia.

PIERO ANGIOLINI 1965