Il Roero è una zona del NordEst della Provincia di Cuneo, e prende il nome dell’antica casata dei Roero. Grande cognome gentilizio, blasonato di emblema rosso a tre ruote d’argento e molto noto anche nella variante “Rotari”, quello dei Roero ha lungamente goduto in quest’area di ampli privilegi: tanto da aver lasciato il proprio nome al territorio, ormai ovviamente usato anche da chi non ne ricordi la storia.
Si parla di un tratto del corso del Tanaro, lungo la riva sinistra nei pressi di Alba. Qui, s’inscrive una denominazione vinicola abbastanza famosa: quella, appunto, del Roero. Curiosa coincidenza, come le tre ruote raggiate sullo scudo dello stemma dei Roero tre sono anche le tipologie di vino previste dalla D.O.C.G.: Roero (a base Nebbiolo, tout court o “Superiore”, rosso), Roero Arneis e Roero Arneis Spumante (bianchi).
L’Arneis, a bacca bianca, oltre che in Piemonte è presente in Liguria e in Sardegna. Il nome, di etimo incerto, pare derivi da una parola che significa “scontroso”: e potrebbe riferirsi o al non facile carattere del vitigno come varietà da coltivare (idea che però non sembra giustificata dai fatti specie in una zona dove si sia abituati ad allevare il Nebbiolo, ben piú ‘scontroso’ sia in generale sia in rapporto a un Arneis che generalmente si presenta regolare ed abbondante) o ad alcune caratteristiche organolettiche dure di cui si dirà appena piú avanti. La presenza del vitigno appare documentata nella zona del Roero fin dal XV secolo: per quanto, al solito, si deve sempre andare molto cauti su testimonianze che possono essere ambigue.
Sia il bianco fermo sia lo spumante si producono quasi integralmente da uva Arneis (solo per un 5% è potenzialmente previsto che si adoperino altre uve bianche non aromatiche). La spumantizzazione avviene sia col Metodo Martinotti/Charmat (modello Prosecco, per intenderci) sia col Metodo Classico (modello Alta Langa), dando naturalmente vita a vini assai diversi fra loro; si produce anche una versione passita.
Con qualche eccezione di quest’ultimissima tipologia, si tratta di vini che condividono tutti le caratteristiche di fondamenta. Il colore è paglierino, spesso con riflessi verdolini piú o meno diffusi e piú o meno tendenti a brillii dorati; i profumi sono soprattutto floreali ed erbacei su una nota fruttata costante, con coloriture da semiaromatico: erbe aromatiche ed officinali, piccole infiorescenze bianche, cedro e mela verde, infuso di menta; in bocca si fa notare soprattutto per gli aspetti duri della sapidità e della freschezza (la quale ultima lo rende in effetti ben adatto alla spumantizzazione), anche se in alcuni campioni l’annata e le tecniche di vinificazione riescono a evidenziare una morbidezza non preponderante ma importante per gli abbinamenti col cibo, e chiude sempre con una persistenza di mandorla e a volte di nocciola.
Quest’ultima caratteristica può esser forse l’unico netto punto a sfavore di alcuni di questi vini: la nota ammandorlata finale, a volte gradevolissima nella sfumatura della mandorla dolce e della nocciola, capita sia invece una sensazione verde di mandorla amara che mescolandosi alla già notevole scia sapida del vino lascia un che di metallico alla bocca. Bisogna imparare a conoscere i diversi produttori e a scegliere in base alle proprie esperienze, soprattutto in base ai gusti dei commensali e agli abbinamenti gastronomici che si vorrà proporre.
In generale sono ottimi vini da aperitivo, da degustare freschi in terrazza; ben si accostano al tipico antipasto misto di mare. Particolarmente buono lo spumante con ricotte di pecora e il fermo con pesce di lago al forno.