Come si fa a non partire, incontrando Carlo Fenaroli, da quelle due splendide perle di amarcord firmate Danilo Arona, e intitolate 1978, Fuga da Parigi 1 e 2?
Il nostro amico, e prezioso editorialista, Arona definisce in quei racconti di vita giovanile Fenaroli ‘vecchia lenza’, come si fa tra ragazzi che sono cresciuti insieme. “Ma la frequentazione non si è mai conclusa – sorride Fenaroli -: la settimana scorsa abbiamo cenato insieme, con altri amici, e abbiamo chiacchierato fino alle 3 del mattino!”. Carlo Fenaroli non è un alessandrino doc ma quasi (“sono nato a Genova, ma mio padre si trasferì per lavoro da queste parti quando ero ragazzo: vivo ad Alessandria dai tempi del liceo, e ho imparato fin da allora ad apprezzare lo spirito alessandrino, soprattutto nei suoi tratti di ironia e disincanto”), ed è stato molte cose: dipendente Inps per quarant’anni, avendo a lungo la responsabilità delle relazioni esterne e dei rapporti con i media, ma anche protagonista di più di una stagione politica, dai tempi d’oro del Psi degli anni Settanta e Ottanta fino all’attuale lista civica AlessandriaAlCentro, passando per l’Italia dei Valori. E fa anche parte del consiglio di indirizzo della Fondazione CrAl. Ce n’è più che abbastanza, insomma, per tratteggiare un percorso di vita ricco di esperienze, aneddoti, raffronti tra l’Alessandria di ieri l’altro e quella di oggi.
Partiamo dal suo ruolo pubblico, dottor Fenaroli: per lei la politica fu passione giovanile, o impegno dell’età adulta?
Senz’altro passione giovanile: a partire dal movimento studentesco, vissuto a cavallo tra Alessandria e Genova, dove frequentavo il corso di laurea in Filosofia. Ma venne molto presto anche l’impegno nei partiti: la mia prima iscrizione al Psi mi pare risalga al 1972, quando avevo 24 anni. Ricordo che, insieme ad altri ragazzi, mi impegnai per la campagna elettorale dell’on. Abbiati, sindaco di Alessandria negli anni del centro sinistra, prima di Borgoglio. E da lì non mi sono più fermato.
Qual è la differenza più grande tra la politica di allora e quella di oggi, a livello locale?
Beh, non ho dubbi: la qualità della preparazione di chi faceva politica. Le assicuro che, all’epoca, i ragazzi come me andavano a seguire i consigli comunali a Palazzo Rosso per imparare. Del resto resto c’erano personaggi come lo stesso Abbiati, l’avvocato Simonelli, Castellani, l’allora giovane Vandone, naturalmente Delmo Maestri da poco scomparso. I consigli comunali erano duelli sul filo della preparazione politica, ma anche della citazione colta, e poi, elemento assolutamente scomparso dalla politica locale, dell’ironia, anche spietata. Lei ha presente cosa è oggi un consiglio comunale a Palazzo Rosso vero? Ecco, mi pare che la differenza stia davvero tutta lì.
Lei quando entrò in consiglio comunale?
Nel 1980, rimanendoci poi per un decennio, fino al 1990. Nell’ultimo triennio, dal 1988 al 1990, fui assessore alla Cultura, e non ho timore ad affermare che all’epoca, rispetto ad oggi, ad Alessandria qualcosa di più qualitativo si riusciva a realizzare: anche perché era un’epoca diversa, con altre risorse, naturalmente. Durante il mio assessorato, per citare solo due esempi a memoria, portammo in città Il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, e ci fu un successo di pubblico enorme. Così come organizzammo la prima mostra europea di ori e argenti russi, con una risonanza davvero incredibile.
E poi in quegli anni officiai anche, come consigliere comunale delegato del sindaco, i matrimoni di due cari amici, vostri editorialisti: lo scrittore Danilo Arona e il professor Bruno Soro (con Fenaroli nella foto, ndr). Mi avranno perdonato?
Qual è la figura politica di quel periodo a cui è più affezionato?
Sicuramente il mio sindaco di allora, Giuseppe Mirabelli. Tu andavi da lui a fargli una proposta, o a spiegargli una questione complessa, e lui aveva la capacità di andare al sodo, di cogliere immediatamente il senso del progetto, e della strada da percorrere, in pochi secondi. Ed era al contempo una persona molto brillante, e buona: con quel tratto di disincanto tipicamente mandrogno.
Un aneddoto sul tema?
(sorride, ndr) Ne avrei più d’uno, ma non tutti raccontabili, perché coinvolgono anche persone tutt’ora presenti nella vita pubblica. Però davvero certe riunioni politiche dell’epoca, soprattutto nel confronto dialettico tra Psi e Pci, sono state una scuola di vita. Un aneddoto divertente però c’è, a proposito di disincanto alessandrino. Un giorno Mirabelli mi dice: “Carlo, sali in macchina che andiamo al casello a prendere Bettino”. Arriviamo a San Michele, e lì, da un’auto con autista, scende proprio lui, Craxi: che all’epoca non era solo il leader dei socialisti, ma forse l’uomo politico più in vista d’Italia. Ci avviciniamo, strette di mano, e poi Mirabelli, mentre parlavano, ogni tanto lo toccava, e mi guardava sorridendo. Come ha dire: “hai visto, è davvero lui, Bettino”…ma sempre con un filo di ironia mandrogna che rimane inconfondibile.
Il suo impegno politico, dopo il 1990, è proseguito?
Dal 1990 al 1993 sono stato per tre anni nel cda dell’ATM. Poi è arrivata la Lega, e per noi socialisti certamente sono stati anni difficili: anche se, vorrei ricordarlo, personalmente conservo un ricordo splendido di Francesca Calvo. Non solo perché siamo stati compagni di liceo allo scientifico, ed è sempre stata un’amica per me. Ma proprio perché si è sempre dimostrata, anche nella sua attività politica, una persona capace e corretta, disponibile con tutti. Comunque politicamente a quell’epoca mi sono ritirato in panchina, certamente.
Per poi tornare in pista con l’Italia dei Valori negli anni scorsi?
Esattamente: mi sono candidato in consiglio comunale nel 2012, secondo come preferenze dopo Giancarlo Cattaneo. Ma quando Cattaneo è entrato in giunta come vicesindaco, essendo io nel frattempo entrato nel consiglio di indirizzo della Fondazione CrAl, ho lasciato spazio in consiglio comunale al giovane Annaratone, che sta peraltro lavorando benissimo. Con Cattaneo, Annaratone ed altri abbiamo dato vita al gruppo AlessandriaAlCentro, convinti che voci ‘civiche’ siano più che mai necessarie in questa città.
Quindi medita di tornare in pista alle comunali del 2018?
No, come candidato lo escludo categoricamente: c’è una stagione per ogni cosa, e mi auguro che ci siano altri ragazzi che, come il nostro giovane consigliere comunale, abbiano voglia di farsi avanti ed impegnarsi in prima persona. AlessandriaAlCentro invece, sempre nell’alveo del centro sinistra, credo possa avere un suo spazio, vedremo.
Torniamo però indietro con la memoria dottor Fenaroli, e al tema dell’alessandrinità. Nel suo Superstite Danilo Arona, ogni volta che apre lo scrigno dei ricordi dell’Alessandria anni Settanta/Ottanta, si supera e ci regala storie e aneddoti da incorniciare. E più di una volta lei ha regalato generose citazioni….
(ride divertito, ndr) Lo so, leggo sempre con attenzione. Anzi, lo dichiaro ufficialmente: mi piacerebbe scrivere, insieme a Danilo, alcuni ricordi e storie indelebili di quel gruppo di ragazzi straordinari che si ritrovavano, in piazzetta come in alcuni locali ‘mitici’ dell’epoca, spesso citati da Danilo. Mi creda, c’erano persone davvero particolarissime: una su tutte il grande Simone, all’anagrafe Giorgio Simonetti, che ci lasciò davvero troppo presto. Ma a proposito di disincanto ed ironia alessandrina, che proprio in quegli anni imparai ad apprezzare, le racconto un altro aneddoto.
Eravamo studenti universitari, e alcuni di noi erano radunati di fronte all’Escobar a chiacchierare: di sicuro c’era Geppy Ferrando, gli altri non ricordo chi fossero. Vediamo arrivare, tutto sicuro di sé e con il passo da divo che fa la sfilata in provincia, Warner Bentivegna.
Un nome che oggi dice poco e nulla ai più giovani, ma che all’epoca era un attore di teatro e tv tra i più famosi, star degli sceneggiati Rai. Bene: noi ragazzi tutti a guardarlo, e ad esclamare ad alta voce: “è lui, è lui…”. Bencivegna gongola tutto, e ci passa di fianco sorridendo: proprio allora noi cominciamo a dire: “E’ Alberto Lupo, grande Alberto!”. Alberto Lupo ovviamente era all’epoca il principale rivale artistico di Bencivegna, altro attore di gran moda.
Poi c’erano i locali cittadini dell’epoca: sempre Arona ricorda spesso Il Bar Perù in Pista, e I Pierini al Cristo….
(sorride, ndr) Ai Pierini ci portammo una sera a mezzanotte Dario Fo, che era venuto ad Alessandria con Mistero Buffo mi pare. All’epoca funzionava così: un gruppo di ragazzi ventenni del posto dava una mano a smontare la scena, e poi si andava a cena con l’artista. Altri tempi, decisamente. Pensi che poi, in anni recenti, Fo l’ho rincontrato, con Albertazzi, su un Freccia Rossa Milano Roma. E scendendo dal treno a Roma, a causa di una brusca frenata, gli ho anche pestato un piede, cavandomela con un “Scusi maestro, è la prima volta che schiaccio il piede ad un Premio Nobel!”, e ci siamo fatti una bella risata.
Ci sarebbero anche le ‘mitiche’ vacanze in campeggio in Iugoslavia da raccontare dottor Fenaroli: almeno il raccontabile, si intende…
Beh, quelle erano davvero spedizioni folli, divertentissime: parliamo della seconda metà degli anni Settanta, e direi che Danilo nei suoi pezzi su CorriereAl le ha già ben sviscerate. In più posso solo aggiungere che, in quell’occasione, Arona si meritò ampiamente il suo soprannome, Il Conte, che lo accompagna da tutta la vita. Pensi che stavamo in tende attrezzate, con i bagni a 100, forse 200 metri. Ebbene, lui tutte le mattine usciva dalla tenda in accappatoio bianco, elegantissimo. Ma il bello è che per percorrere quei pochi metri prendeva l’auto! Un vero aristocratico. E poi naturalmente ci accomunava la passione per il cinema: credo che fu proprio durante quelle vacanze che andammo un pomeriggio in un cineforum locale: proiettavano un noir in lingua inglese, con sottotitoli in croato!
Ettore Grassano
Grazie a Mario Coscarella per la foto di Giuseppe Mirabelli