Quando arriva Marzo, succede che si risvegliano e tambureggiano con intensità quelle che Freud ha chiamato “pulsioni”. Capita in ogni epoca e in ogni luogo del mondo dove la primavera coincide con la brezza marzolina. Colpiti dall’ormone sono in egual misura maschi e femmine, ma io in questa sede ho da riferirvi di una tempesta pulsionale lontana nel tempo, per la precisione iniziata nel Marzo del 1978. Appunto, qualche secolo fa, e quando la memoria pretende di andare tanto indietro nel tempo, sappiate che c’è di mezzo quella vecchia lenza di Carlo Fenaroli. Perché è lui che lo vuole, in quanto è convinto che la storia che andrò a riferire con qualche inevitabile paravento censorio sia da consegnare alla Storia con la “esse” maiuscola. Io ne sono un po’ meno convinto, ma forse in effetti c’è da divertirsi.
Bando ai pistolotti. Giunse Marzo, appunto, e ci guardammo negli occhi. Il testosterone schizzava fuori dalle orbite come maionese da un tubetto violentato. Vorrei chiarire, si trattava di un testosterone esistenziale. Ambedue navigavamo in situazioni stabili con l’altra metà del cielo e lui era addirittura sposato. Però da tempo non assaggiavamo il dolce piacere della trasgressione. Esistenziale, naturalmente, cos’avete capito?
«Non c’è che una città per quel che ci proponiamo», gli dissi, «e per combinazione ho una sponda clamorosa che ci permetterà di partire senza destare sospetti».
«Vedere cammello», proruppe il Fen con ansia. E io rovistai nel borsello – allora si usava, fatevene una ragione – e tirai fuori la mia tessera di accredito al Festival del Cinema Fantastico di Parigi. Con tanto di foto di un Danilo barbuto stile Che Guevara, i coupon da staccare a ogni doppio spettacolo e la firma in calce del mitico Alain Schlockoff, direttore della manifestazione.
Al Fen, già allora funzionario dentro, non sfuggì lo strambo particolare. La tessera, vergine e nuovissima, risaliva all’anno prima. E lo disse senza fronzoli: «Guarda che è scaduta!» e io di rimando: «Tranquillo, nell’ambiente sono qualcuno. Se se ne accorgono, faccio la scena di essermi sbagliato a pescarla in un cassetto e me ne faccio fare una nuova al volo allo sportello accrediti!»
Ne ero convintissimo. Così, nel giro di 48 ore, organizzammo il viaggio in treno e comunicammo la notizia alle nostre metà, più fanfaluca che verità in quanto suonava all’incirca: «Ci hanno invitato al Festival di Parigi, solo noi due spesati e nutriti per una settimana in albergo di prima classe accanto al cinema Grand Rex. Ci sono problemi se ci andiamo, ragazze? E’ un’occasione che non si ripeterà più.»
I problemi, ovvio, c’erano. Ma noi fingemmo il contrario. E la sera della partenza grande festa di saluto, da parte di amici e conviventi, alla trattoria San Giacomo, un luogo purtroppo non più esistente e allora di notevolissima resistenza umana sul fronte nutrizionale, gestito con somma perizia culinaria dal leggendario “esperto” di Radio Alessandria International, Giancarlo Passalacqua, e la di lui consorte Angela Brunelli. Data l’occasione, a suo modo liberatoria, riuscimmo persino a ubriacarci con il Chianti di Nonno Nanni… Ma questo non è che il preambolo. Alla prossima puntata.