“Abbiamo vissuto anni importanti di radicamento e di crescita, ma la fase dello sviluppo non è ancora finita. Puntiamo al traguardo dei 15 mila iscritti (oggi ne abbiamo circa 12 mila tra Alessandria, Vercelli e Novara), che è lo standard delle migliori università europee: gli atenei ‘elefantiaci’ sono una peculiarità italiana, con tante evidenti diseconomie”. Parla con un manager d’azienda, il professor Cesare Emanuel, e in effetti da alcuni anni lo è. Nel suo curriculum ci sono una laurea in architettura, e un percorso accademico di eccellenza.
“Ma oggi – ci dice sorridendo – come Rettore dell’Università del Piemonte Orientale, il mio impegno principale è diventato incontrare le aziende del nostro territorio, e rendere sempre più saldo il rapporto tra università, imprese e istituzioni. E’ un mestiere stimolante, e compiuto in maniera itinerante, essendo in nostro un ateneo tripolare. Alessandria, Vercelli e Novara sono per noi come tre quartieri della stessa città: devono saper offrire alla popolazione universitaria un’offerta formativa di grande qualità, e sempre più integrata”. Incontriamo il professor Emanuel in una mattinata estiva di sole tiepido, per una chiacchierata seduti ai tavolini del dehor a pochi metri dall’ingresso di Palazzo Borsalino. Non c’è il mare, ma il clima ad Alessandria è già pienamente vacanziero. Il Rettore, invece, arriva da un incontro ‘in azienda’, ed è piuttosto soddisfatto.
Professore, partiamo dal suo incontro alessandrino di poco fa, se si può dire: ci sono buone notizie?
Direi di sì: sono stato alla Borsalino, e sul fronte del Museo del Cappello tutto è deciso: verrà spostato a breve al pianterreno del Palazzo, e sarà pienamente fruibile a tutti, naturalmente in maniera gratuita. Non solo: il Museo sarà parte integrante di una sorta di agorà interna al Palazzo, che ospiterà anche un bar e uno spazio dibattiti e spettacoli, per rendere l’Università davvero uno spazio aperto rispetto alla città, e ai giovani in particolare. Al contempo, questo ci consentirà di liberare spazi in cui ricavare nuove aule, assolutamente necessarie data la crescita costante di iscritti, e di attività.
E’ un primo passo verso il campus universitario, o una soluzione di emergenza?
E’ il modo oggi più efficace, e realizzabile, di far fronte alle necessità presenti. Naturalmente tenendo conto che le risorse non sono illimitate, e che esiste poi una serie di vincoli e situazioni anche indipendenti da noi, che condizionano i progetti futuri. Però certamente rimane in piedi l’ipotesi di una ulteriore crescita e acquisizione di spazi, di concerto con le scelte che saranno fatte dal comune di Alessandria, e sempre mantenendo Palazzo Borsalino come baricentro, per quanto riguarda il Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze Politiche, Economiche e Sociali. Che, ricordiamolo, dall’autunno 2013 ha visto crescere l’offerta formativa grazie al nuovo corso di laurea in Economia, con un successo considerevole tra gli studenti. Così come il polo scientifico degli Orti, il Disit, ha risultati di assoluta eccellenza, e per fortuna nessun problema sul fronte logistico, essendo una struttura moderna, e all’avanguardia anche sul fronte dei laboratori.
Quindi professore Alessandria deve liberarsi della sindrome del ‘brutto anatroccolo’? Insomma, non è vero che in questi anni la Regione e l’Università hanno privilegiato gli investimenti universitari su Novara, trascurando questa parte del Piemonte?
Alessandria è, e sarà sempre più, un tassello centrale del sistema universitario piemontese, e in particolare del nostro ateneo. Che è stato pensato, ben prima del mio arrivo come Rettore, come struttura tripolare capace di offrire un’offerta formativa complessivamente completa, ma dislocata su tre diverse sedi, e province. Sicuramente i fatti hanno però dimostrato, negli anni, che è stata sopravvalutata la reale mobilità di studenti all’interno di questa parte di Piemonte. Ossia, in sostanza, sono pochi gli alessandrini interessati ad andare a studiare a Vercelli o Novara, e viceversa. Ma per ragioni comprensibili, a partire dal sistema dei trasporti, che è vergognoso. Cancellare tratte come la Casale-Vercelli, e sostituirle con alcuni autobus sostitutivi, è una scelta di abbandono del territorio, e gli studenti sono tra le categorie più colpite.
E lì professore, è scattata la vostra fase due: se Maometto non va alla montagna…
Esattamente: abbiamo deciso, per fronteggiare i problemi di mobilità, di far viaggiare l’offerta informativa. Naturalmente entro certi limiti che tengono conto dell’aspetto risorse: non si possono moltiplicare laboratori costosi e specializzati ed è, per fare un esempio, impensabile la duplicazione della Facoltà di Medicina. Ma Ad Alessandria il successo del nuovo corso di laurea in Economia dimostra che c’era e c’è un reale bisogno su quel fronte, che siamo riusciti ad intercettare. Così stiamo facendo anche per i corsi di Scienze (chimica, biologia e informatica), che dall’autunno vedranno un’offerta completa anche a Vercelli. Senza, sia chiaro, mettere per questo minimamente in discussione il Disit di Alessandria, che anzi è struttura di eccellenza e in crescita costante, sia sul fronte didattico che su quello della ricerca.
Proprio la ricerca è uno dei fiori all’occhiello dell’Università del Piemonte Orientale, Rettore Emanuel: vi aspettavate di finire, in così poco tempo, nella parte alta delle classifiche del settore?
Ci puntavamo, sicuramente: e vogliamo migliorare ancora. Anche se i risultati sono assolutamente straordinari: siamo al quarto posto per qualità e risultati della ricerca tra gli atenei di medie dimensioni. Un po’ come se il Torino arrivasse in zona Uefa, come si diceva un tempo: oggi Champions League.
Tifoso del Toro?
Ebbene sì, la Juventus vince sempre: diventa naturale schierarsi col più debole. Ma non sono un tifoso da stadio..
Professore, qual è l’obiettivo principale del prossimo triennio per l’Università del Piemonte Orientale?
Oggi abbiamo circa 12 mila iscritti, e vogliamo arrivare a 15 mila: che è la dimensione media degli atenei europei più prestigiosi e qualificati. Solo in Italia siamo stati abituati a pensare che all’Università grande è bello: in realtà le strutture con un numero di iscritti molto elevato presentano spesso diseconomie, a partire dal rapporto dello studente con la sua facoltà e con il suo corso di studi. Comunque per crescere puntiamo in primis a recuperare l’evasione studentesca sul territorio. Ossia, calandoci sul concreto, vogliamo far sapere agli alessandrini che si diplomano e non continuano gli studi, o ancor più a chi sceglie di continuarli altrove, che qui possono trovare un’offerta di assoluta qualità formativa, e un rapporto diretto e qualitativo con i docenti.
Nei mesi scorsi abbiamo intervistato prima alcuni studenti di Palazzo Borsalino, poi del Disit, e questo concetto sembrano averlo ben chiaro, e apprezzarlo. Al punto che, mediamente, ci sono sembrati non troppo propensi a spostamenti per periodi di specializzazione in atenei stranieri. E’ un limite?
Sicuramente sono scelte personali, che non si possono forzare. Personalmente ritengo la mobilità, la capacità di spostarsi e la disponibilità a farlo, un elemento importante, da stimolare e valorizzare. E forse è vero che i ragazzi che vivono in città grandi, come Milano e Torino, hanno una propensione a studiare (e poi a lavorare) all’estero superiore a quella di chi vive in provincia. Ma noi intendiamo fare il massimo per stimolare la mobilità in entrata e in uscita. Sono ormai numerosi gli studenti (e le studentesse) del sud Italia che scelgono di studiare all’Università del Piemonte Orientale, così come spesso ospitiamo per dottorati o specializzazioni ragazzi e ragazze di tutto il mondo. I nostri forse sono un po’ meno propensi a spostarsi, ma cercheremo di stimolarli.
A proposito di dottorato di ricerca: trenta o anche venti anni fa era considerato il primo passo verso la carriera accademica. E’ ancora così?
Le rispondo con un dato recente, e nazionale: solo il 10% dei dottori di ricerca italiani oggi trova lavoro all’Università. Ma il titolo risulta essere una specializzazione importante, in termini di competenze, per inserirsi nel mondo dell’impresa, a livello medio alto. Certo, valutando anche gli aspetti di mobilità di cui parlavamo poc’anzi.
Altro dato che emerge dalle statistiche: gli studenti dell’Università del Piemonte Orientale trovano lavoro un po’ prima degli altri, e a distanza di qualche anno risultano avere stipendi leggermente superiori alla media….
Confermo, anche se non possiamo ignorare il contesto economico che stiamo vivendo, e anche se sulle forme contrattuali ci sarebbe da fare un’analisi di dettaglio, perché la tendenza alla flessibilità sempre più ‘spinta’ la conosciamo. Comunque soprattutto i laureati triennali sono molto richiesti dalle imprese del territorio, mentre la laurea magistrale, che è certamente più qualificante, implica poi anche una visione più ampia del mercato del lavoro, in termini territoriali.
Rettore Emanuel, in questo rapporto sempre più stretto tra Università e mondo delle imprese c’è un convitato di pietra: le istituzioni locali. Cosa fanno oggi per sostenere l’ateneo, e cosa potrebbero fare di più?
La collaborazione è molto forte, e la consapevolezza di dover giocare un ruolo importante da parte delle istituzioni locali c’è. Alessandria, lo sappiamo, è un caso un po’ particolare, e sia Comune che Provincia, per ragioni diverse ma in sostanza poi entrambi per mancanza di risorse, hanno sospeso ormai il loro contributo diretto. Però possono e devono esserci anche in molte altre forme: dai nuovi progetti sul fronte logistico/edilizio, ai servizi a tutto tondo che la comunità può offrire agli studenti, quando escono dalle mura dell’ateneo. Fondamentale è, qui ad Alessandria, il rapporto di collaborazione che abbiamo con la Fondazione CrAl: una realtà che all’Università come leva di sviluppo del territorio ci crede davvero, e lo dimostra non solo a parole, ma con un sostegno continuo rispetto all’attività ordinaria dell’ateneo, e a progetti e iniziative innovative.
Ettore Grassano