“Cuore, cervello, e naturalmente mani che non hanno paura di sporcarsi: il vino di qualità lo si produce così, senza ricette miracolistiche”. Walter Massa, inventore e ‘guru’ del Timorasso, con il suo stile inconfondibile da cowboy delle vigne ha sicuramente affascinato i giornalisti europei specializzati in ambito enologico che nei giorni scorsi, a poche settimane di distanza da un precedente gruppo di colleghi, hanno percorso in lungo e in largo le nostre colline, dal Monferrato casalese a quello acquese e ovadese, fino al distretto del Gavi e ai colli tortonesi, alla scoperta di aromi, profumi e storie dei nostri vini. L’iniziativa della Camera di Commercio di Alessandria, affidata alla competente ‘intermediazione’ professionale di Paul Balke, giornalista olandese ormai un po’ piemontese di adozione, ha l’obiettivo lodevole di passare dalle parole ai fatti, e di individuare canali mirati e qualificati per far conoscere i vini alessandrini ai diversi mercati internazionali, ed europei in particolare.
La pattuglia di inviati internazionali era composta da Ann Samuelsen (Norvegia, rivista Aperitif), Susan Hulme (Inghilterra, Associazione di Wine Educators, Circle of Wine Writers), Sharon van Lokhorst (Olanda, Wine Life Magazine ), Simonne Wellekens (Belgio, De Standaard, Vlaams Wijngilde), Liliana Turmes (Lussemburgo, vinalu.lu), Wilfried Moselt /Lussemburgo, www.vinalu), questi ultimi due giornalisti che lavorano anche per giornali tedeschi.
“Siamo stati in diverse aziende vitivinicole di valore in giro per la provincia – sottolinea Paul Blake – oltre che all’Enoteca di Acqui Terme, realtà di vera eccellenza. Naturalmente il Gavi è sempre la chiave d’ingresso, il vino alessandrino conosciuto nel mondo: ma in questi giorni siamo andati anche alla scoperta di vitigni certamente poco noti fuori dai vostri confini, e che per questo sono stati una vera, piacevole novità: prima di tutto il Timorasso, ma anche altre viti di nicchia, come Albarossa e Croatina.
E, a proposito di Timorasso, i giornalisti europei hanno anche fatto la conoscenza di Walter Massa, in forma scoppiettante: “Lo dico incrociando le dita, ma per ora l’uva in vigna è ottima, e sana, e confidiamo in un’ottima annata. E mi pare che finalmente ci sia qualcuno a casa nostra, ossia la Camera di Commercio, che sta prendendo in mano la situazione, per sostenere chi fa questo mestiere, e che poi per raggiungere certi mercati ha indubbiamente anche bisogno di un supporto adeguato. L’alessandrino è la porta del Piemonte, e deve soltanto credere di più in se stesso, e saper raccontare ciò che di buono sta facendo, almeno per quanto riguarda il nostro settore. Ma dico di più: abbiamo due grandi bianchi, che fanno naturalmente numeri diversi, ma che possono essere tutti e due biglietti da visita vincenti: il Gavi (1.500 ettari), e il Derthona (70 ettari: è il nome con cui d’ora in poi verrà identificato il Tmorasso, per puntare ad uno stretto legame con il territorio, ndr). Meglio, molto meglio, essere i numeri uno nei bianchi, che produttori di fila con i rossi”.
Affermazione che, come sempre quando parla Walter Massa, non mancherà di far discutere. Ma che trova ‘sponda’ anche nell’opinione di Davide Canina, sommelier e responsabile della cantina del Ristorante Due Buoi di Alessandria, che conferma: “noi del timorasso abbiamo tutte le annate a partire dal 2004, con qualche incursione anche antecedente: ed è certamente uno dei vini che più ci vengono richiesti”.
Ma cosa pensano i giornalisti europei dei vini alessandrini? “I vini che funzionano di più in Germania – spiega Wilfried Moselt – sono quelli piacevoli e bevibili, leggeri: non troppo strutturati e corposi. Tra i bianchi, il vostro Gavi è ottimamente posizionato, così come il processo e gli spumanti italiani in genere”. Porte aperte anche per i vini dolci: “In Inghilterra il brachetto può avere un ottimo mercato – sottolinea Susan Hulme -, naturalmente a condizione di individuare i canali distributivi giusti, ad un prezzo adeguato: ma è vino sicuramente interessante, anche nella sua variante secca”.
Ma come fare a far conoscere i vini alessandrini su mercati anche lontani? Quale la strada più efficace (ed economicamente sostenibile, è chiaro) che si può percorrere? “In Norvegia – spiega Ann Samuelsen – l’Italia è un Paese molto amato: dovete riuscire a raccontare in modo sempre più stretto la storia del vino legata a quella del territorio che lo produce: anche perché in questo modo il vino diventa un vòlano turistico di impatto più ampio: quando gli europei pianificano i loro viaggi in Italia, se sono amanti del buon vino, lo fanno tenendo conto di queste cose. Cercano di andare sul posto, di scoprire la cultura da cui quel vino proviene”.
E’ Paul Balke ad inserirsi su questo punto: “Gavi con i suoi dintorni ad esempio è una zona splendida, anche dal punto di vista turistico. E forse andrebbe valorizzata meglio, con qualche locale in più, e la possibilità di fruire dei monumenti e dei luoghi di richiamo. Però posso aggiungere che questo è ormai l’undicesimo tour educational che organizzo in Piemonte, e la vostra provincia è davvero l’area più interessante, perché anche tutta da valorizzare: potete crescere molto, avete le carte in regola per crederci, e provarci davvero”.
Il che apre il tema della fruibilità del territorio, dai locali alle piste ciclabili, agli eventi culturali e artistici di richiamo: si va ben oltre il comparto specifico del vino e dell’enologia insomma, e si arriva alla questione della ‘cabina di regia’, ruolo che la Camera di Commercio di Alessandria (provvedimenti governativi permettendo) sembra intenzionata a svolgere, in un’ottica di valorizzazione delle diverse attività economiche.
Anche considerando che Expo 2015 è ormai alle porte, e che il recente riconoscimento Unesco per il Monferrato come Patrimonio dell’Umanità (per i suoi infernot) rappresenta una carta su cui puntare. Ma su questo fronte l’incontro con i giornalisti europei un punto interrogativo lo ha sollevato: nessuno di loro infatti, sollecitato ‘a freddo’ ad un commento sulla questione Unesco, è parso informato sugli sviluppi recenti della vicenda. Il che consente di dedurre che certi attestati, oltre a conquistarli, bisogna poi imparare a ‘venderli’ e promuoverli, o diventano una medaglia da appendere in salotto, e di cui parlare con gli amici. Perché così non sia, il lavoro vero comincia adesso.
Ettore Grassano