Premio Marengo, Alessandria chiama Europa. I giornalisti stranieri i nostri vini li vedono così…

OLYMPUS DIGITAL CAMERASono arrivati nell’alessandrino conoscendo probabilmente il nostro Gavi, e poco più. E sono ripartiti con informazioni, suggestioni, esperienze ‘sul campo’ molto più vaste e diversificate, che ora avranno modo di ‘metabolizzare’, e trasmettere ai loro lettori, nei Paesi di provenienza. Raccontando una grande, e forse per loro inaspettata, ricchezza di vitigni e di profumi, e la scoperta di vini come albarossa, moscato, brachetto, dolcetto.

Certamente il qualificato ‘pool’ di giornalisti europei che la scorsa settimana ha ‘esplorato’ le nostre colline (dal Monferrato casalese, acquese e ovadese, fino alle terre tortonesi, oltre naturalmente al distretto del Gavi), incontrando nel corso dell’educational tour produttori e degustando vini (e cibo) di grande qualità, ha non poco materiale su cui lavorare.

E certamente gli operatori dell’informazione sono tornati nei rispettivi Paesi con una visione più ampia, e meno stereotipata, di questa parte di Piemonte, che è casa nostra.
Apprezzabile, quindi, l’operazione della Camera di Commercio, che nell’intento diPremio Marengo Doc 2 dare corpo e gambe al progetto di ‘internazionalizzazione’ del Premio Marengo
(per aiutare concretamente il mercato del vino alessandrino a conquistare nuovi spazi e mercati all’estero), ha coinvolto esperti provenienti da Inghilterra, Scozia, Austria, Danimarca, oltre all’italiano Mauro Bertolli, giornalista specializzato che scrive per Il Sole 24 ore e dirige il portale www.italiadelvino.com. Precisamente la task force di giornalisti europei era formata da Carol Brown (Scozia-Inghilterra, scrive per Your Life Saturday Supplement of Press and Journal, e Savour the North East), Daniela Dejnega (Austria,  rivista Wein.Pur www.genuss-magazin.eu),  Thomas Bohl (Danimarca, lavora per www.winelab.dk), Quentin Sadler (Inghilterra,  associato al Institute of Wines & Spirits, www.quentinsadler.com),  Jorgen Aldrich (Danimarca, rivista Sommelier). Accompagnati da Paul Balke, giornalista olandese che conosce a menadito il Piemonte, e i suoi vini. Tutti nomi, e testate, di primissimo livello su scala continentale, che possono davvero consentire di raggiungere platee vaste, e qualificate.

E, ad osservare la professionalità con cui i colleghi stranieri venerdì pomeriggio degustavano i nostri vini nel salone al quarto piano di Palazzo Monferrato, e la passione con cui raccontano la loro esperienza alessandrina, un primo, essenziale obiettivo in termini di diffusione e visibilità sembra essere stato centrato.

Coscia nuova“Si tratta per noi – precisa Gian Paolo Coscia, presidente della Camera di Commercio di Alessandria – soltanto del primo passo, di un punto di partenza che, in occasione del quarantennale del Premio Marengo (la cui premiazione ufficiale si svolgerà lunedì 23 giugno, ndr), ci ha visti aprirci sempre più ad una dimensione internazionale: convinti che per i nostri vini e produttori ci siano ampi mercati da cui farsi conoscere, e da conquistare. E la Camera di Commercio, sia sul fronte del marketing che degli aspetti organizzativi e burocratici, sarà al fianco delle imprese che decideranno di muoversi verso l’Europa, e il resto del mondo”.

Ma come ci vedono i giornalisti europei? Che idea si sono fatti di casa nostra, dal punto di vista della qualità enologica ma anche dell’ospitalità e dell’accoglienza, nel corso della loro permanenza sul territorio?
“Confesso – sottolinea Carol Brown – che già conoscevo e apprezzavo il vostroGavi Vigneti Gavi, ma ‘viverlo’ sul territorio, capire come e dove viene prodotto, e le differenze tra terra rossa e terra bianca, mi è stato molto utile. E poi ho scoperto altri vini alessandrini che conoscevo solo superficialmente, e che sono di grande valore, come Albarossa e Grignolino. Ma anche naturalmente il Moscato e il Brachetto. Certamente conoscere la vostra realtà sul campo è fondamentale: anche perché il vostro sistema normativo, con tante etichette e certificazioni doc e docg, a volte può anche generare qualche fraintendimento”.

Dolcetto OvadaIl danese Thomas Bohl aveva già una buona conoscenza delle Langhe, e nei giorni scorsi ha scoperto la bellezza del nostro Monferrato, e la qualità di alcuni vini “che apprezzati qui, sul territorio, si capiscono sicuramente meglio, e questo ti consente poi di riconoscerli e raccontarli anche in modo più profondo. In particolare, secondo Bohl “il consumatore danese conosce l’Italia, e ama i suoi vini: e sempre più sta scoprendo i rossi del Piemonte, mentre finora i vini veneti e quelli toscani hanno senz’altro beneficiato di più notorietà. E, tra i rossi, oltre a Barolo e Barbaresco naturalmente, anche vini alessandrini come Barbera, Dolcetto e Grignolino possono avere un mercato interessante, se saprete promuoverli e farli conoscere”.

Il mercato inglese, invece, evidenzia Quentin Sadler (un nome di grande rilievo nella comunità enologica internazionale, con trent’anni di esperienza nel settore), potrebbe essere senz’altro più interessato a vini come Moscato e Brachetto: “non conoscevo il vino alessandrino, a parte il Gavi, e questo tour è stato utilissimo. HoMoscato acquese scoperto Moscato e Brachetto, che sul mercato inglese possono trovare grande spazio. A patto però che li sappiate presentare in maniera autorevole, garantita: il consumatore inglese non ama sperimentare, almeno riguardo al vino. Preferisce andare sul sicuro, per cui dovete trovare i giusti canali per presentare i vostri prodotti”. Sadler non conosceva il Dolcetto, ed è stata una piacevole scoperta per lui, così come per la sua collega austriaca Daniela Dejnega. Che però avverte: “gli austriaci non amano molto i vini dolci, e tendono sempre più a consumare vini prodotti in Austria. Ma hanno anche una forte attrazione per la novità, e per la sperimentazione. Un vino come il Dolcetto potrebbe essere sicuramente apprezzato”.

BertolliMolto ‘diretta’, e non priva di critiche, l’analisi dell’italiano Mauro Bertolli: “il vostro è un territorio con vere eccellenze, ma anche con ‘cadute’ qualitative che possono compromettere l’immagine anche di chi fa un lavoro di alto profilo. Il Dolcetto d’Ovada, da questo punto di vista, è emblematico, e il neonato Consorzio dell’Ovada avrà molto da lavorare, perché c’è tra i produttori, e quindi tra le bottiglie in commercio, una disparità spesso quasi imbarazzante. E poi avete seri problemi nel comunicare il valore del vostro territorio (che è notevole, anche dal punto di vista gastronomico e non solo enologico): e chiudere Tenuta Cannona sarebbe certamente un errore clamoroso. Anche sul fronte dell’export: so bene che le risorse sono limitate, ma proprio per questo eviterei di fare operazioni ‘a pioggia’ e generaliste, che lasciano il tempo che trovano: meglio essere presenti a poche fiere ed eventi internazionali, ma esserci davvero”.

Si è tentato infine di capire, grazie ai diversi interlocutori stranieri, se Expo 2015Expo 2015 può davvero essere, non solo per i vini ma per l’intero territorio alessandrino, un’opportunità da cogliere, e in che modo. La parola d’ordine in questo caso, hanno concordato tutti gli interlocutori presenti, si chiama programmazione: perché se è vero che l’anno prossimo arriveranno a Rho milioni di visitatori stranieri potenzialmente ‘intercettabili’, è altrettanto certo che la gran parte di costoro partirà da casa avendo già pianificato tragitti, mete, itinerari. La sfida di Expo 2015, insomma, si vince con un lavoro di programmazione e accordi ‘di sistema’, da fare ora, con i Paesi che si ritiene possano essere più interessanti, e interessati. Ed è un percorso che, certamente, i singoli operatori alessandrini e neppure la nostra Camera di Commercio possono compiere da soli: serve una regia più ampia, e una politica di accoglienza territoriale. Ma qualcuno se ne sta occupando davvero?

Ettore Grassano