Timorasso e Montebore alla Biennale di Venezia! [Il gusto del territorio]

Massa Walterdi Eleonora Scafaro

Giovedì 5 giugno verrà inaugurata la Biennale di Venezia, la 14a mostra internazionale di architettura, in cui verranno presentate circa quaranta storie che rappresentano il territorio, le città e l’architettura nell’Italia contemporanea.

Tra questi quaranta casi, c’è anche la città di Tortona, selezionata come esempio emblematico di una condizione geografica comune ad altre parti del Paese.
Basta pensare, ad esempio, a come la pendenza del suolo cambia le coltivazioni, i tipi di coltivazioni e di attività economica.

Proprio all’interno della mostra verrà presentato “Tortona stories”, un progetto di ricerca che tenta di raccontare come la campagna in Italia sia il luogo di trasformazione e di innovazione più interessante in Italia.

La Biennale ha, quindi, selezionato tre storie che sono l’emblema della ricchezza di questo luogo: la ricerca sui biocarburanti della Biochemtex, la riscoperta del vitigno del Timorasso fatta da Walter Massa e la produzione del formaggio Montebore della cooperativa Vallenostra.

Ognuno di questi casi è porta con sé una storia che racchiude processi economici, ricerche e vicende personali che si inseriscono in progetti più ampi dell’economia italiana e estera.

Il Timorasso, un vitigno recuperato dal vignaiolo Walter Massa, è stato prodotto dagli agricoltori della zona collinare del tortonese fin dall’antichità, ma solo alla fine degli anni Ottanta è stato recuperato. E’ un vino bianco che deve subire un invecchiamento di almeno un anno e l’affinamento può avvenire in legno.
Dagli anni ’80 Walter Massa coltiva il Timorasso e vinifica le uve.
Massa ha creduto nell’enorme potenzialità di questo vino che da sempre fa parte della cultura del territorio tortonese, facendo sperimentazioni in vigna e in cantina per farlo ritornare nuovamente uno dei simboli dei colli tortonesi.

Anche la storia del Montebore ha radici molto antiche. Tutto ha inizio sulMontebore_300 Giarolo, il monte che si affaccia sulla Val Grue, Curone e Borbera.
Lì, tra il IX e l’XI secolo veniva prodotto dai monaci dell’abbazia benedettina di Santa Maria di Vendersi.

Il Montebore è un formaggio dalla forma unica ed inconfondibile a tronchi di cono: riproduce, forse, il castello diroccato del paese di Montebore.
La produzione di questo formaggio cessa a causa della seconda guerra mondiale. Le valli si spopolano e la produzione viene dimenticata.

Solo nel 1999 Maurizio Fava del locale presidio Slow Food, rintraccia Carolina Bracco, ultima depositaria della tecnica casearia tradizionale, e la produzione del Montebore riparte.

Come si può capire dalla storie del Timorasso e del Montebore, c’è tanta tradizione e tanto amore per il territorio.

Le persone protagoniste di queste storie hanno sviluppato progetti sempre basandosi sulla tradizione del territorio, valorizzandolo anche attraverso l’uso delle risorse che lo stesso territorio mette a disposizione.

Ecco, quindi, che la storia del Timorasso e del Montebore sono simbolo del territorio tortonese dove, oggi, si possono vedere gli effetti che queste scoperte e riscoperte hanno portato.