Catarsi

Soro Bruno 2di Bruno Soro

“La bruttezza del presente ha valore retroattivo”
Karl Kraus, Detti e contraddetti, Adelphi, Milano 1972

Mai come in questa occasione avrei voluto sbagliarmi, ma gli artisti sanno che la realtà supera sempre la fantasia.  Quando, a più di un mese dalle elezioni politiche (ed il PD era ancora quotato nei sondaggi al 35%) scrivevo che per perdere una elezione data troppo frettolosamente per vinta sarebbe stato sufficiente che il PD avesse “continuato a farsi del male” (com’era accaduto con le deprecabili «parlamentarie»), non pensavo che si sarebbe potuti arrivare a tanto. Poi, quando con riguardo all’inesperienza dei giovani parlamentari grillini scrivevo che la ricreazione politica era finita e che “d’ora in poi, nelle aule parlamentari, ciascun eletto, al pari dell’on. Scilipoti, avrebbe dato il meglio o il peggio di sé”, non pensavo certamente ai parlamentari del PD. Infine, quando in occasione della nomina dei «saggi» del Presidente Napolitano esprimevo la preoccupazione che i «saggi» del PD fossero seriamente intenzionati a tornare al clima della Bicamerale, non immaginavo certo che il Segretario Pier Luigi Bersani sarebbe giunto a proporre al PDL il nome di Franco Marini quale candidato di una improbabile ammucchiata. Smentendo peraltro sé stesso, così come prima di lui avevano già fatto i due Presidenti del Consiglio con la promessa che non sarebbero mai “scesi” o “saliti” in politica, e lo stesso Presidente Napolitano il quale, stando alla notizia di cronaca appena battuta dall’ANSA, avrebbe accolto l’invito a ricandidarsi. Ora che con l’affossamento di Romano Prodi, padre nobile dell’Ulivo e co-fondatore del PD, una parte significativa di parlamentari di quello che Massimo Gramellini nel suo graffiante Buongiorno di domenica ha giustamente definito un “Partito, participio passato”, hanno, con il loro voto, definitivamente affondato (almeno per quanto mi riguarda) il Partito democratico, mi sento finalmente libero di scrivere ciò che penso senza temere di danneggiare alcuno.

Per spiegare il comportamento di Bersani, che dal giorno in cui è uscito vincitore alle primarie non ne ha azzeccata una, si può forse ricorrere al noto “Principio di incompetenza” di Peter. Scritto nel 1969 dallo psicologo canadese Laurence J. Peter (1919-1990) – in collaborazione con lo scrittore e giornalista canadese Raymond Hull (1919-1985) – e recentemente ripubblicato in Italia dalla casa editrice Calypso nel 2008 con il titolo “Il principio di Peter. Perché il vostro superiore è un incompetente? Questo libro vi dà la risposta” (Milano, Calypso, 2008), il «principio di Peter» è l’esito perverso del meccanismo di selezione del personale nelle grandi aziende americane. Secondo questo principio, cito da Wikipedia, «Con il tempo, ogni posizione lavorativa tende a essere occupata da un impiegato che non ha la competenza adatta ai compiti che deve svolgere». Sarà che l’esito disastroso della quarta votazione per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica (disastroso non solo per Prodi, ma anche per Bersani, per Renzi, per il PD e per il paese) sia da imputare alla “carica dei 101” «traditori», ma senza ombra di dubbio è anche il risultato di una campagna elettorale, di un dopo elezioni, di una esplorazione per la formazione del Governo e, infine, dell’intera gestione delle elezioni presidenziali che sono state condotte in modo contorto, approssimativo e incomprensibile per gli elettori.

Per contro, il comportamento di quei parlamentari che, con una mossa sola: hanno impallinato Prodi, provocato le dimissioni del Presidente del Partito e quelle del Segretario e con ogni probabilità suicidato il Partito democratico, mi richiama alla mente le altrettanto note “cinque leggi di Cipolla” sulla stupidità umana. Come è noto, tali “leggi” sono incentrate sull’assunto che lo «stupido» – a differenza del «bandito» che fa del male ad altri, ma a beneficio di sé medesimo – è colui che nell’intento di far male ad altri fa male a sé stesso. D’altra parte, poiché, come chiarisce lo stesso Cipolla nella Introduzione che precede l’elencazione delle sue cinque leggi, a differenza di tutte le altre specie del regno animale, “Gli esseri umani (…) hanno il privilegio di doversi sobbarcare un peso aggiuntivo, una dose extra di tribolazioni quotidiane, causate da un gruppo di persone che appartengono allo stesso genere umano. Questo gruppo è molto più potente della Mafia o del Complesso industriale-militare o dell’Internazionale comunista. E’ un gruppo non organizzato, non facente parte di alcun ordinamento, che non ha capo, né presidente, né statuto, ma che riesce tuttavia ad operare in perfetta sintonia come se fosse guidato da una mano invisibile, in modo tale che le attività di ciascun membro contribuiscono potentemente a rafforzare ed amplificare l’efficacia dell’attività di tutti gli altri membri”.

A mio modesto avviso il Partito democratico necessita una «catarsi», ma non nel senso psicanalitico del termine, bensì in quello estensivo in uso nella lingua italiana di “profondo e radicale rinnovamento di qualcuno o di qualcosa”. In caso contrario, prevedo che alle prossime elezioni (come con ogni probabilità l’esito delle regionali di domani in Friuli non mancherà di dimostrare) il M5S otterrà la maggioranza assoluta e potrà, così, finalmente, (s)governare da solo.

P.S. Qualcuno mi saprebbe spiegare il motivo per cui il professor Rodotà non avrebbe saputo o potuto sbrogliare la matassa più di quanto non riuscirà a fare il Presidente Napolitano? Resuscitare Berlusconi è lo sport nel quale la sinistra riesce meglio. B.S.