Consolidare la leadership di mercato a casa propria, e conquistare spazi altrove, anche se in un settore che deve fare i conti gli effetti ‘destabilizzanti’ derivati dalla cancellazione, lo scorso marzo, del regime delle quote latte riconosciute dall’Unione Europea. Per la Centrale del Latte di Alessandria e Asti il 2015 è stato un anno vissuto ‘di corsa’, con il tandem costituito dal presidente Filippo Zaio e dal direttore Franco Butti impegnato su diversi fronti, e alle prese con innovazioni non soltanto di brand e immagine, ma legate al business e all’organizzazione aziendale.
“Sono arrivato qui giusto un anno fa – riflette Zaio – e credo di aver vissuto più trasformazioni dei presidenti del decennio precedente. Naturalmente ho cercato e cerco di fare la mia parte, ma gran parte del merito è del direttore, e della filiera di circa 400 persone che lavora per e attorno alla nostra azienda”. Una filiera, ricordiamolo, ‘a chilometro 25’, nel senso che tutti i 12 produttori/soci della Centrale hanno le loro stalle nell’area dell’alessandrino, a non più di 25 chilometri dalla città, e dalla storica sede dell’azienda in viale Massobrio: e questo garantisce un ‘filo diretto’, costante e immediato, tra il momento della produzione della materia prima, il latte, e quello della sua lavorazione e commercializzazione.
“Siamo una filiera estesa – riflette il direttore Butti -, ma al contempo estremamente tesa, poiché velocità e qualità devono essere per noi un binomio inscindibile. Le mucche non smettono di fare latte nei festivi, e non vanno in ferie: per cui si tratta di gestire un continuum di 365 giorni l’anno, facendo in modo che il latte munto in stalla sia nelle cucine delle famiglie nostre clienti 24 ore dopo. Tenendo poi conto che, in realtà, attorno all’alimento ed elemento base abbiamo costruito nel tempo un’offerta di circa 400 prodotti”.
Dal momento della nostra ultima intervista, circa un anno fa, la Centrale del Latte di Alessandria ha vissuto diversi passaggi determinanti, che il presidente Zaio ci aiuta a ricostruire: “C’è stato un percorso fondamentale sul fronte del brand, che non ha significato soltanto cambiare le etichette sui nostri prodotti, ma lavorare in modo che la nuova immagine coordinata riuscisse a trasmettere alla nostra clientela la filosofia, e anche la mission sociale, che sta alla base della nostra impresa: il nostro latte, e tutti gli altri prodotti, sono il frutto di un lavoro di squadra, che comincia nelle stalle e continua fino alla distribuzione capillare in circa 4.500 punti di vendita. Anzi forse di più contando la distribuzione indiretta, come quella nel torinese: ed è una squadra che fa della qualità certificata e verificabile un valore e un punto di forza”.
In realtà il lavoro sulla valorizzazione del marchio è certamente importante nell’alessandrino (“anche se nella nostra provincia siamo già leader assoluti, e sfioriamo l’80% del mercato”, sottolinea con orgoglio il direttore Butti), ma ancor più negli altri territori, dall’astigiano al pavese (dove la crescita è significativa), fino alle province di Savona e Viareggio, dove la Centrale del Latte di Alessandria ha fatto investimenti importanti, e ancora ne sta facendo.
“A Savona l’acquisizione della storica Centrale del Latte locale, e del marchio Mù
– spiega Butti – ha comportato un investimento di 1 milione e 200 mila euro, a cui vanno ad aggiungersi gli investimenti in termini di rebranding e marketing, ma è un mercato in cui siamo già al 32%, e in cui speriamo di crescere ancora, così come ci sono spazi a Viareggio e in Versilia, dove siamo attualmente intorno all’8%. Naturalmente parliamo di mercati in cui siamo presenti con nostre strutture di tipo logistico e amministrativo, ma tutti gli impianti di lavorazione sono qui da noi. E in Liguria come in Toscana il latte piemontese è sinonimo di qualità, da sempre”.
A proposito di qualità del prodotto, ma anche di remunerazione degli allevatori e di prezzo di vendita del latte al pubblico, il 2015 è stato davvero un anno particolare per tutto il settore: “Da un lato la crisi generale dei consumi – sottolinea il direttore – ha coinvolto anche questo comparto, sia pur in ritardo rispetto ad altri, e in Italia nell’ultimo anno si è consumato l’8% in meno di latte. Dall’altro, da marzo è finito il regime delle quote latte, che pur con tutte le sue storture aveva comunque garantito una certa stabilità. I primi mesi sono stati terribili, con l’arrivo sul mercato di latte a prezzi davvero al ribasso. Il risultato è che non pochi produttori si sono trovati in difficoltà, fino a rischiare il fallimento. Noi abbiamo scelto l’altra strada: quella della qualità, e del racconto. Nel senso che intendiamo continuare a garantire ai nostri produttori/soci la giusta remunerazione, e quindi vendiamo i prodotti al giusto prezzo. Al contempo riteniamo fondamentale raccontare il più possibile la filiera che sta dietro la nostra bottiglia di latte, per farne comprendere appieno il valore”.
Da questo punto di vista, Expo 2015 ha rappresentato certamente una vetrina straordinaria, che la Centrale del Latte di Alessandria e Asti ha cercato di sfruttare appieno: “Lì il latte è stato davvero protagonista positivo – afferma Filippo Zaio – come alimento primario per tutti noi, ma anche nella sua valenza sociale, e nella sua dimensione di identità. Abbiamo partecipato a diversi appuntamenti, portando sia la voce dell’azienda, che quella dei nostri produttori, e ci siamo confrontati con le realtà più diverse, traendone stimoli e elementi di riflessione, tanto in ottica di business che culturali. Produrre il buono, puntare all’eccellenza e alla qualità, in maniera naturale: messaggi crediamo importanti, e che condividiamo in pieno”.
Valori che la Centrale del Latte cerca di promuovere, da tempo, anche con le scolaresche del nostro territorio “Quest’anno abbiamo ospitato, qui e nelle fattorie didattiche dei nostri soci, circa 1.300 ragazzi, e nel 2016 questo impegno continuerà: perché niente è importante come vedere e sperimentare, per capire qual è il percorso che porta latte, yogurt e formaggi sulle nostre tavole”.
Un’azienda che quindi, nonostante la crisi nel comparto si sia fatta sentire, guarda al prossimo anno con slancio e progetti da realizzare: “L’Italia – conclude il direttore Butti – produce soltanto il 70% del latte che consuma, e il restante 30% lo importa dall’estero. In un’economia globalizzata, occorre certamente che ci siano regole certe sui controlli di qualità, ma nessuno può impedire ad ogni azienda di ‘fare’ il suo prezzo: la selezione la faranno sempre e comunque i consumatori, e noi rimaniamo convinti che puntare su una filiera di eccellenza e su prodotti di qualità sia la strada giusta”.
Ettore Grassano