Da Gavi a spasso per la val Lemme

Forte GaviQuante ‘perle’ ci sono ‘in giro’ per la nostra provincia? Quanti angoli caratteristici, più o meno sperduti, e qualche volta dimenticati, o almeno sottovalutati?

GiroVagando è la nuova sezione di CorriereAl, in cui il nostro inviato speciale Fabrizio Capra ci accompagna in un percorso ricco di suggestioni, tra storia, architettura, tradizioni locali, ‘storie’ popolari, enogastronomia. Buon viaggio a lui, e buona lettura a tutti voi!

Nell’affrontare questo mio primo viaggio tra i comuni della nostra provincia mi preme sottolineare che, per lavoro o per diletto, questi posti li ho visitati quasi tutti e sono sempre stato attratto dallo scoprire qualcosa di nuovo a carattere turistico o eno-gastronomico. Purtroppo diventa difficile, anche a distanza di tempo, ricordare tutti i particolari e riuscire a narrarli nel modo corretto: pertanto per questi viaggi mi sono avvalso e mi avvarrò sempre di pochi strumenti che internet mette a disposizione: wikipedia per l’infarinatura generale e poi i siti dei singoli comuni, il sito della provincia di Alessandria http://www.alessandriaturismopiemonte.it/ e i siti dei singoli monumenti citati nel corso dell’articolo, Nulla più. E ora vi auguro buona lettura e la speranza di fornire qualche spunto utile per conoscere ancora meglio la nostra meravigliosa provincia”.

Fabrizio Capra

 

Gavi

In epoca alto medioevale era Gavium, poi Gavio sino al ‘600. Poi divenne Gavi. Cavatum, da cui deriva, era il centro della Val Lemme, capoluogo della tribù Cavaturina (tavola del Polcevera, 117 a.C.), divenuto poi Gavatium e poi Gavium.
Forse già insediamento abitato in epoca neolitica, si ritiene che Gavi ospitasse un presidio romano a difesa della via Postumia, Il primo documento ufficiale che menziona Gavi risale all’anno 972 ed è conservato nell’Archivio di Stato di Genova.
Salendo a Gavi da Serravalle incontriamo in frazione Valle il Convento di Nostra Signora delle Grazie della Valle.
Il convento francescano di Valle, costruito nel XVIII secolo su un preesistente ospizio per i pellegrini dedicato a S. Bernardino da Siena, conserva la statua del santo e un dipinto della Vergine risalenti al XV secolo, un gruppo ligneo rappresentante L’estasi di S. Francesco e una statua marmorea di S.Bovo del 1702. Da vedere la sacrestia con mobili settecenteschi e il chiostro con logge al primo piano, perfettamente quadrato, scandito da arcate a tutto sesto sostenute da massicce colonne in pietra.
Forte di Gavi (1024x676)La visita di Gavi prosegue con uno dei suoi emblemi: il Forte.
Il Forte di Gavi domina il paese dalla cima del Monte Moro: l’attuale struttura, prettamente a carattere difensivo, è opera di uno dei più grandi esperti di costruzioni militari, il Fiorenzuola, la cui costruzione fu iniziata nel 1626 intervenendo sul castello di origine medioevale esistente; successivamente nel corso dei secoli sono intervenute una serie di modifiche dettate dall’evoluzione delle armi da guerra e dalle diverse esigenze di difesa.
La gestione del Forte è affidata alla Sovraintendenza dei Beni Architettonici del Piemonte che ne ha curato i numerosi restauri e che continua nella sua opera di ricerca e di recupero.
La fortezza è visitabile nei vari ambienti principali che la compongono: i cortili, interno ed esterno, le torrette di guardia, le celle adibite a prigione, i magazzini che servivano per conservare le provviste, gli ingressi al forte dotati di ponti levatoi difensivi. Sale didattiche in cui sono esposti reperti bellici e una sezione di dettagliate tavole descrittive e storiche completano il percorso museale.
Orari – una visita ogni 60 minuti nei seguenti orari: 9,30-15,30 giorni feriali e festivi invernali (ottobre-marzo) e 9,30-17,30 giorni festivi estivi (aprile-settembre). Le aperture saranno a settimane alterne: martedì, giovedì, venerdì , sabato – martedì, venerdì, sabato e domenica.
Per maggiori informazioni: http://www.fortedigavi.it/
Scendiamo dal Forte e ci spostiamo nel centro abitato dove è possibile visitare alcuni interessanti monumenti.
Si parte dalla parrocchiale, la Chiesa di San Giacomo Maggiore, citata per la prima voltaGavi chiesa san giacomo in un documento datato 15 agosto 1172, costruita sui resti di un ospizio per pellegrini in viaggio verso il Santuario di San Giacomo di Compostella, in stile romanico con pietre e arenaria tratta da una cava nei pressi del Forte. Rimaneggiata nei secoli XVII e XVIII è sovrastata da un tiburio a pianta ottagonale non equilatera che assolve la funzione di campanile. La facciata, originale, si presenta ornata da archetti ciechi movimentata centralmente da un imponente portale strombato decorato di colonne agilissime e lavorate a trecce nell’arco e sormontato da un rosone asimmetrico per l’interruzione della ghiera e da una bifora. Nella lunetta dell’architrave è ospitata la decorazione scultorea che rappresenta l’Ultima Cena. L’interno, modificato in periodo barocco, si presenta con un impianto a tre navate, ognuna che termina con un abside semicircolare,con la navata centrale elevata rispetto le due laterali e ripartite internamente da colonne monolitiche con capitelli lavorati a sbalzo raffiguranti mostri, figure antropomorfe e animali.
Sul lato destro della chiesa si trova un caratteristico porticato basato su pilastri con arco a tutto sesto, aperto su un piccolo giardino a terrazzo da cui si gode un’ampia visuale sul paesaggio circostante.
Molte opere d’arte si trovano all’interno della Chiesa tra le quali: l’affresco tardomedievale di ‘San Sebastiano e San Rocco’ , l’affresco del ‘Battesimo di Gesu’ del XVII secolo, l’affresco trecentesco della ‘Madonna della Misericordia’, la statua marmorea della ‘Vergine’ opera del 1764 di Carlo Cacciari, contornata dai dipinti su rame dei ‘Misteri’, l’imponente cassa processionale dell”Assunta’ scolpita in legno nel 1854 da Luigi Montecucco, il dipinto del ‘Battesimo di Gesu” del 1591 di Lazzaro Calvi, la tela con ‘San Giacomo che scaccia i mori’ di Giovanni Raffaele Badaracco, i dipinti della ‘Vergine con Bambino’ di inizio settecento, e la ‘Santissima Trinita’ con San Gerolamo e San Francesco da Paola’ di Giovan Battista Carlone, la pala di Gandolfino da Roreto di fine XV secolo rappresentante la ‘Madonna in trono con il Bambino’ e i ‘Santi Giacomo e Giovanni Battista’, i dipinti della ‘Resurrezione di Lazzaro’ di Bernardo Montessoro e del ‘Sogno di San Giuseppe’ del primo decennio del ‘600 di Giovan Battista Paggi, ed infine la bella scultura in marmo della ‘Vergine con Bambino’ del XVIII secolo.
Sulla sinistra della chiesa, sorge il Palazzo Municipale, antico edificio di cui sono state riportate alla luce le arcate medievali a sesto acuto.
Il Portino, invece, è l’unica superstite delle quattro porte, di accesso al borgo, di un sistema difensivo basato sulle mura che scendevano dal Forte e che circondavano l’intero abitato di Gavi.
La struttura, d’inizio XIII secolo, si presenta come una torre a pianta rettangolare, coperta da un tetto a quattro spioventi, alleggerita al piano terreno da un’ampia arcata leggermente a sesto acuto, sormontata da una bifora archiacuta con colonnina e capitello corinzio stilizzato. Il materiale usato per la sua costruzione non è quello tipico del periodo romanico, l’arenaria locale tagliata e squadrata che si trova negli edifici più antichi della città, bensì la più complessa pietra calcarea.
Fuori dal centro è da visitare quella che era la Chiesa madre per Gavi ovvero Pieve di Santa Ilaria sul Lemme sita sulla strada per San Cristoforo e da molto tempo abbandonata e sconsacrata. Fu costruita prima del 1000, forse sui resti di un preesistente tempio longobardo-bizantino, su una roccia sporgente sul Lemme, a strapiombo sull’ampia ansa creata dal fiume.
Era una chiesa a tre navate di cui oggi rimane solo la centrale alta e snella con l’abside dai pregevoli archetti pensili e due monofore ben conservate, la facciata è a capanna con lesene asimmetriche, all’interno l’abside conserva due affreschi primitivi raffiguranti S. Pietro e S. Paolo.
Gavi Santuario Nostra Signora della GuardiaPrima di lasciare Gavi è d’obbligo la visita al Santuario di Nostra Signora della Guardia che fu costruito dalla popolazione del luogo nel1861, su un’altura, il colle dei Turchini, che domina la zona. L’architettura è quella di chiesa a croce greca. Il pavimento è in pregiato marmo rosso Levanto. Ci sono tre altari: uno dedicato al Sacro Cuore di Gesù, l’altro allo sposalizio di Maria Vergine, e l’altare maggiore, sormontato da una nicchia molto bella, che accoglie la statua in legno della Madonna della Guardia. La statua che si venera al santuario di Gavi che rappresenta Maria Suffragio delle Anime Purganti (e non Nostra Signora della Guardia secondo la sua classica iconografia) risale al 1746: in quell’anno Gavi era assediata dal fuoco dei cannoni dell’esercito AustroSardo, e molte case andavano in fiamme. Un certo Giacomo Bertelli fece voto alla Madonna che avrebbe fatto una cappella ed una statua in onore della Vergine della Guardia (che aveva visto dipinta sul muro di una casa vicino al suo riparo) se avesse avuta salva la casa. Così fu, e, finita la guerra, fu costruita una cappella sul monte di Forneto e vi fu collocata la statua che tuttora si venera.
Fuori dal centro storico, sulla via che conduce a Carrosio è situata la casa del compositore Angelo Francesco Lavagnino, che spicca per la presenza sulla facciata di stemmi e bassorilievi medievali.

Lasciato il paese di Gavi si arriva a

Carrosio

Carrosio parrocchiale Davide PapaliniIl nome “Carroxium” appare, per la prima volta, in un documento del 1144. Nell’VIII secolo, in questa roccaforte, si svolse una terribile lotta fra Carlo Magno e Desiderio. Dominio genovese, passò ai Migliorati Gavotti e durante la guerra per la Successione del Monferrato fu teatro di violenti scontri. Nel 1625 Carlo Emanuele I riportò una memorabile vittoria su genovesi, milanesi e modanesi coalizzati. Nel 1738 passò ai Savoia, insieme ai feudi delle Langhe.
Di notevole interesse, fra le molte costruzioni che hanno conservato l’aspetto medievale, il palazzo Migliorati Gavotti in cui sostò Papa Pio VII durante il viaggio verso Fontainebleau e attualmente sede del Municipio, conforme ai canoni di architettura genovese tardo rinascimentale.
All’interno della Chiesa Parrocchiale di S.Maria Assunta, risalente al XVII secolo e la cui costruzione attuale ripete i canoni di un essenziale barocco del contado ligure, si trova una Madonna della scuola del Maragliano. Di L. Gainotti e A. De Lorenzi le pitture murali interne.
Da vedere anche l’Oratorio SS. Trinità, edificato da mestranze locali nella prima metà del XVII sec.; la Rocca del Lago, baluardo della recinzione muraria già documentata nel XII sec., la Cappelletta di N.S. della Misericordia e la Cappelletta dei S. Sebastiano e Rocco.
Tappa successiva

Voltaggio

Nel corso dei secoli era passato dalla Marca Obertenga ai Malaspina, quindi contesa da piùVoltaggio panorama con ponte romano parti – Diocesi di Tortona, Marchesi di Gavi, Repubblica di Genova, Ducato di Milano, Marchesato del Monferrato, Regno di Sardegna – fino in epoca Napoleonica, con la Repubblica Ligure, alla effimera provincia di Novi Ligure prima di passare definitivamente alla provincia di Alessandria nel 1859 con la legge Rattazzi.
Voltaggio era infatti indispensabile come punto di passaggio del tratto della antica via Postumia che superava i Gioghi Appenninici evitando i Feudi Imperiali.
Voltaggio mantiene ancora un forte legame con Genova ed è anche comune onorario della provincia di Genova.
Voltaggio conserva un bel Ponte Romano, chiamato anche dei “pagani” sul torrente Lemme alla confluenza con i rii Morsone e Carbonasa, ed è situato sull’antica via di accesso al borgo. È datato tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo.
Tra gli edifici citiamo: Palazzo Grimaldi, antica sede degli esattori delle imposte del XIII secolo; Palazzo Galliera con decorazioni trompe-l’oeil; Casa Scorza del XVI secolo.
I ruderi del Castello sovrastano l’abitato e si riesce ad intravvedere attaverso la folta vegetazione. Un ripido sentiero che si snoda alle spalle della chiesa parrocchiale conduce in una decina di minuti a quello che resta dell’antico castello. I ruderi sono anche raggiungibili con una passeggiata un poco più lunga, ma senz’altro più agevole dalla località Ruzzo con la possibilità di cimentarsi in un percorso ginnico attrezzato.

La Chiesa Parrocchiale dell’Assunta e dei Santi Nazario e Celso conserva tele di Sinibaldo Scorza, pittore locale, e un gruppo ligneo del Maragliano.
Voltaggio conserva anche diversi Oratori tra cui l’Oratorio di Nostra Signora del Gonfalone dove si trovano i resti di San Clemente e l’Oratorio dei Bianchi con la tela della “Resurrezione di Lazzaro” di Giovanni Carlone.
Il più importante dei monumenti di Voltaggio è sicuramente la Chiesa e il Convento di San Michele Arcangelo dei Padri Cappuccini, edificato nel 1595 e terminato nel 1604, famosa per la prestigiosa Pinacoteca che raccoglie dipinti a carattere religioso dei più importanti esponenti della scuola ligure e lombarda dal XVI al XVIII secolo: Luca Cambiaso, Bernardo Strozzi, Lazzaro Tavarone, Domenico Fiasella, Gioacchino Assereto, Sinibaldo Scorza, De Ferrari. Inoltre la Pinacoteca conserva il dipinto del 1694 con Sant’Onofrio anacoreta, opera di Paolo Pagani mentre nel Convento è ospitata una collezione di statue da presepe del Maragliano. Per contatti: info@pinacotecadivoltaggio.itwww.pinacotecadivoltaggio.it – Tel. 3474608672 (Associazione L’Arcangelo). Ingresso: eueo 3,00 (gratuito minori 18, religiosi, disabili e accompagnatore, residenti, soci). Apertura Pinacoteca nel periodo maggio – settembre – Domenica e festivi: 15.30- 18.30. Prenotazioni visite guidate per gruppi o scolaresche telefonando all’Associazione L’Arcangelo. Verificare sempre sul sito il calendario di apertura di ogni anno.

A Voltaggio è possibile apprezzare anche alcune località paesaggistiche.
Il territorio comunale fa parte del Parco Regionale delle Capanne di Marcarolo. Monte Tobbio (1092 mt slm): posto entro i confini del Parco Naturale Capanne di Marcarolo è il regno di un gran numero di pianticelle di rara bellezza: l’astro alpino, la rosa alpina, il tulipano selvatico, la rosa pendulina. Raggiungibile sia dal paese, partendo dal Ruzzo o dalla Piazza della Chiesa, ,via ruderi del Castello in circa due ore e 45’di cammino oppure dal valico degli Eremiti in un ora e mezza. Sulla vetta, la chiesetta dedicata a Nostra Signora di Caravaggio offre un discreto rifugio.
Nel comune di Voltaggio sono presenti anche tre fonti.
Fonte Sulfurea: è la più copiosa e conosciuta delle numerose sorgenti disseminate un po’ in tutto il territorio. Sgorga da una roccia entro una cavità artificiale della fine del XIX sec. e fu utilizzata a lungo a scopo curativo nello Stabilimento Idroterapico. Situata in una zona pedonale, è raggiungibile dal centro del paese tramite una breve passeggiata, anch’essa pedonale.
Fonte della “Fornace”: così chiamata perché sgorga nella zona in cui sorgeva un’antica fornace di calce. Raggiungibile con una breve passeggiata, partendo dalla fonte sulfurea e percorrendo la strada provinciale 166 per un breve tratto. Poco prima dell’officina del fabbro prendere il viottolo a sinistra, guadare il rio Morsone e proseguire lungo il sentiero che costeggia il corso d’acqua in direzione del paese.
Fonte dell’Acqua Amara: sgorga da una roccia sul greto del Rio Morsone e deve il suo sapore particolare ai sali di magnesio che vi sono disciolti. E’ raggiungibile sempre percorrendo la SP 166. Oltrepassare l’officina del fabbro e il primo ponte. Poco dopo in corrispondenza di una curva a gomito della strada c’è un piccolo spiazzo (una/due auto) dal quale scende un sentierino che conduce al greto del torrente, alla fonte e all’omonimo “laghetto”.

Lasciato Voltaggio ci si dirige a
Fraconalto

Fraconalto_chiesaFino al 1927 si chiamava Fiaccone, quando un Regio Decreto, su istanza del Podestà, lo trasformò nell’attuale mentre già nei documenti medioevali era citato come Flaconum.
Fiaccone rappresentò per secoli un importante luogo fortificato su questa via che era strategicamente importante poiché collegava l’Oltregiogo attraverso il passo della Bocchetta, con la Riviera ligure, conducendo a Genova.
Dopo l’occupazione del 1121 da parte dei Genovesi, Fraconalto assunse una funzione fondamentale per la difesa dei transiti militari e mercantili da e per la pianura padana.
L’importanza delle fortificazioni (ed installazioni civili,hospitales) locali, Castello Alliano (situato presso l’antico valico di Pian – o Cian – di Reste) e Castello di Fraconalto è evidenziata dal potenziamento del castello di Fraconalto nel 1161 e il restauro di quello di Reste del 1436.
Per effetto del decreto Rattazzi, nel 1859 Fraconalto venne sottratto alla Liguria ed assegnato alla nuova Provincia di Alessandria.
A Fraconalto merita attenzione il Santuario di San Lorenzo (sec. XVII) con la volta pregevolmente dipinta, alla Castagnola la basilica conserva un suggestivo dipinto della Risurrezione risalente al XVII secolo, a Molini (legato alla disponibilità di acqua) troviamo un antico mulino ed un maglietto pressoché unici nel suo genere, oltre a resti di ghiacciaie e neviere.

Prima di scendere per completare il nostro percorso è d’obbligo una sosta nel Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo.

Istituito nel 1979, è un’area naturale protetta  compreso tra la val Lemme, la val Polcevera e la valle Stura.
Si estende per 9.551,84 ettari, a un’altitudine compresa tra i 335 m s.l.m. (laghi della Lavagnina) e 1172 m (monte delle Figne).
Ospita al suo interno il Sacrario della Benedicta dedicato alla Strage della Benedicta  avvenuta nell’aprile 1944 vicino ai ruderi dell’ex Abbazia della Benedicta, nei pressi di Capanne di Marcarolo.
Il Cascinale della Benedicta, antico monastero medievale, originario dell’XI secolo, fuBenedicta ex abazia scelto nella primavera del 1944 come quartier generale dei partigiani stanziati in prossimità del Monte Tobbio. A essa facevano riferimento diverse centinaia di giovani male armati e privi di addestramento militare. Il 7 aprile 1944, forze tedesche e fasciste circondarono la zona e passarono immediatamente all’azione. Oltre ai caduti in combattimento, furono catturate e fucilate 97 persone. Altre decine di partigiani furono in seguito fucilati in altre località, altri ancora caddero nel corso del rastrellamento, protrattosi per diversi giorni. Alcune centinaia di partigiani riuscirono a fuggire, mentre altri 400 vennero deportati a Mauthausen. Il Cascinale della Benedicta venne minato e fatto saltare dai nazifascisti.
L’evento è ricordato da un sacrario commemorativo sul luogo della strage. Nel 2001 è sorta l’Associazione “Memoria della Benedicta” che si propone di costruire, presso i ruderi della Benedicta, un centro di documentazione permanente dedicato all’eccidio e, più in generale, ai temi della guerra e della pace. La prima fase dei lavori dell’Associazione ha permesso di recuperare il grande cortile del cascinale e di consolidare i ruderi.
Il Parco comprende parte dei seguenti comuni della Provincia di Alessandria: Bosio, Casaleggio Boiro, Fraconalto, Lerma, Mornese, Tagliolo Monferrato e Voltaggio.
Dal punto di vista geologico, il Parco è caratterizzato dalla prevalenza di ofioliti, composizione rocciosa costituita da serpentiniti e serpentino scisti. Nella zona del Monte Ovile e Ferriere sono state attive miniere d’oro. Esistono ancora evidenti gallerie con vene di quarzo aurifero.
La zona del Parco è anche ricca dal punto di vista idrografico, dispone di bacini artificiali (laghi della Lavagnina e laghi del Gorzente) ed è attraversato da alcuni corsi d’acqua tra i quali il Lemme, il Gorzente il Piota. Numerosissimi sono i rii minori come il rio Acque Striate, il rio del Mulino e il rio di Campo di Staggi.
Ora uno sguardo alla flora e alla fauna.
Prevalentemente ricoperto da boschi di latifoglie che stanno spontaneamente ricolonizzando alcuni versanti, il parco è stato oggetto anche di estesi rimboschimenti a conifere. La vicinanza al mare delle montagne, costituisce una linea di demarcazione tra il tipico clima continentale e il clima mediterraneo, dando luogo a condizioni climatiche particolari che permettono la coesistenza di specie tipiche della flora alpina e specie caratteristiche dell’ambiente mediterraneo, in una zona dall’estensione relativamente limitata.
Da segnalare alcune rare piante di Agrifoglio dalle bacche gialle e un esemplare di Quercia anomala sempre verde; nei boschi più ombrosi del parco, in primavera, è facile imbattersi in piante di fior di stecco.
Dal punto vista faunistico notevole è la presenza di rettili e anfibi; sono presenti infatti ben otto specie di serpenti e, nelle vecchie miniere, il geotritone italiano che vive in assenza di luce. Nei ruscelli del parco vivono specie ittiche quali la trota fario e il gambero d’acqua dolce, crostaceo ormai molto raro. Nei boschi del parco trovano un habitat favorevole cinghiali, volpi, tassi, ghiri, pipistrelli, caprioli, daini, ricci, faine e lepri. Situato su una frequentata rotta migratoria, vi nidificano numerose specie di uccelli. Tra i rapaci, merita una menzione particolare il biancone, che è a rischio di estinzione, e assunto a simbolo della area protetta del parco. Numerose sono le coppie di poiane che nidificano nel parco.

 

E ora eccoci in direzione della nostra ultima tappa di questo primo viaggio

Bosio parrocchialeBosio
Comune autonomo dal 1948 ed è tra le Città decorate al Valor Militare per la Guerra di Liberazione e insignita della Croce di Guerra al Valor Militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale.
Nel paese è visitabile la Parrocchia dei Santi Pietro e Marziano. La chiesa di S. Marziano non risulta anteriore al sec. XII, ma è sicuramente anteriore al 1360. Il 7 luglio 1414 fu unita all’arcipretura di Gavi; il 3 marzo 1498 fu unita al monastero dei Carmelitani di Promontorio.
Il 6 novembre 1591 è la prima volta che si trova unito e precedente il nome di San Pietro come contitolare di S. Marziano. Secondo i Remondini la chiesa fu ricostruita o invertita nel 1771; ampliata a tre navate negli anni 1829-1830. Il nuovo altare maggiore fu consacrato l’11 agosto 1962.

Concludiamo questo primo “percorso” con alcune informazioni eno-gastronomiche.

 

GAVI
Famosa in tutto il mondo per la produzione dell’omonimo vino cortese DOCG E’ inoltreAmaretti Gavi d’obbligo citare i ravioli (dal ripieno di carni bovine e suine, legati con uova, formaggio, borraggine e scarola, dalla sfoglia sapientemente sottile, si mangiano con il sugo locale di carne, con solo formaggio o al naturale) che la leggenda narra essere nati proprio qui nella locanda della famiglia Raviolo, le focacce stirate al mattino e di patate al pomeriggio, le torte di riso, il risotto al Gavi, l’insaccato di maiale testa in cassetta e la ricca tradizione dolciaria il cui prodotto più famoso sono i supremi amaretti di Gavi..

CARROSIO
L’eccellente gelato artigianale e l’ottimo miele del “Bar Nuovo” e il “neo battezzato” vino D.O.C.G. dei vitigni Costa delle Vigne. I fragranti funghi porcini dei boschi di rovere e castagno.

VOLTAGGIO
Gli Amaretti di Voltaggio, morbidi, sono il prodotto tipico e insieme al pandolce genovese, i canestrelli, i baci di dama, i gobeletti e il pan biscotto sono preparati localmente secondo ricette di antica tradizione.

FRACONALTO
La cucina tradizionale risulta fortemente legata ai prodotti locali, quali le castagne, i funghi e la cacciagione. Con la farina di castagne si prepara il castagnaccio e le troffie dolci; i funghi porcini freschi od essiccati sono ottimi per un sugo con cui condire la polenta o le lasagne di pasta fresca. Con la farina di ceci si prepara la panissa, ottima se fritta in olio d’oliva.

BOSIO
A Bosio si possono gustare ottimi vini tra cui il Cortese di Gavi DOCG e Dolcetto di Ovada DOC. Nella stagione autunnale si possono trovare ottimi funghi porcini.

UNA LEGGENDA (tratta dal sito http://www.gavi-winetcetera.com/index.htm)
“La leggenda narra che una principessa di nome Gavia, figlia di Clodomiro re dei Franchi, sposatasi contro il volere della corte, giunse a Gavi per sfuggire alle truppe del re. Qui gli sposi vi trovarono acque, boschi e pace, tanto da decidere di fermarsi. La leggenda vuole che fossero scoperti e che i due, con il permesso del Papa, poterono stabilirsi ugualmente a Gavi e la regina dei Goti, Amalasunta, assegnò loro il potere sul territorio. La principessa era bella e Cortese; da qui il nome del vitigno che da origine al Gavi”.

Fabrizio Capra

Principali fonti:
Siti istituzionali dei singoli Comuni
http://www.alessandriaturismopiemonte.it/ (Provincia di Alessandria)
wikipedia
eventuali siti dei singoli monumenti