Enrico Patria. Un uomo … una Cittadella

Cavalchini nuovadi Pier Luigi Cavalchini
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Sempre brutto commentare la dipartita di qualcuno. Poche storie… il fatto di sapere che non ci sarà un Enrico Patria a mettere in discussione le tue idee, a darti ragione (qualche volta), a contraddirti (altre volte), non mi piace. E non mi fa sentire per nulla bene. Oltretutto gli argomenti in cui era “forte” non erano pochi e man mano che lo si conosceva aumentavano, come la stima reciproca… come gli anni.

Amante da sempre della campagna, prima ancora che della “natura”, e forse proprio per questo con un approccio più vero e realistico. Sapeva bene cosa voleva dire vivere in una dimora importante con responsabilità verso uomini e cose di “campagna” con tutto quanto ne conseguiva. Sapeva anche (anzi “soprattutto”) apprezzare le belle cose, sia quelle che riportavano alla amata antichità classica sia quelle più prosaiche di tutti i giorni… una foto d’epoca con dedica, una chiave storica di una delle innumerevoli porte della Cittadella, un “mon” (mattone) del “fu” ponte Cittadella, un minerale del Monte Rosa… ma potremmo continuare a lungo e con un elenco più da Gabriele D’Annunzio che da Guido Gozzano.

Conosceva ogni angolo della “Cittadella”, ne faceva parlare i mattoni, le architravi, cittadella-dallaltoaddirittura riusciva a riportare in vita i molti personaggi che ne hanno fatto la storia, dai Savoia alle truppe napoleoniche, fino ai fatti del 1821 o a quelli, meno conosciuti e legati alla prigionia austriaca, della Prima Guerra Mondiale. Era talmente forte questa sua “passione” da fondare – con altri prodi – l’associazione “Cittadella 1728” proprio per segnalarne l’importanza internazionale. Ma facciamo un passo indietro.

Ho avuto modo di apprezzarlo in un “periodo non sospetto” quando – si era a metà degli anni Novanta dello scorso secolo – fu tra i più attivi contestatori dell’impianto di trattamento rifiuti (termovalorizzatore) che sarebbe dovuto sorgere nella vicina San Michele. Non esitò, in quell’occasione, ad esporsi più volte in prima persona con interventi apparentemente infuocati ma, a ben vedere, argomentati e sempre tecnicamente apprezzabili. Poi ci fu la lunga fase della “militanza” fraterna nella parte che cercò di far capire in tutti i modi che non era con l’abbattimento dei ponti (con la sola eccezione del vecchio “ponte ferrovia”) che si risolveva il problema dell’emergenza alluvione per Alessandria. Lo disse più volte durante l’alluvione del 1994, citando anche – se ricordo bene – momenti personali di coinvolgimento risalenti addirittura all’alluvione della Bormida del 1977. E lì, ad essere sul banco degli imputati non erano le “autorità insensibili” che ancora rallentano la rinascita del bene “Cittadella”, ma le scelte affrettate che hanno preferito rialzare argini e rifare ponti (fino a quando … non si sa…) piuttosto che proporre eliminazione di restringimenti d’alveo, piantumazioni e nuove attività economiche a monte e, soprattutto, aree di laminazione per controllare scientificamente il deflusso delle acque.

E. guarda caso, proprio in concomitanza con una nuova emergenza alluvionale, grave quanto lo è stato soltanto quella del 1994 per danni causati, Enrico ha deciso di lasciarci segnalando, con questo suo taglio netto, un limite oltre il quale non andare. Il “non plus ultra” più volte affrontato nelle sue avventure latine destinato a scontrarsi con l’ottusità dei personaggi messi alla berlina dalla miglior satira di Orazio o di Marziale.

Ponte Cittadella ultima arcataDi suo mi resta un documento tangibile. Era la primavera del 2014 e, dopo una delle tante segnalazioni – con visita in loco – di degrado progressivo di strutture della Cittadella, mi portò sulla discesa che portava direttamente al fiume Tanaro su una cresta digradante di detriti e resti di demolizione. L’“appoggio” di sinistra dell’attuale ponte Meier-Calvo era solo in abbozzo e il cantiere era ancora attraversabile… “Guarda.. avvicinati… qui ci sono ancora una decina di mattoni del vecchio ponte Cittadella,… quello vero… se vuoi prendine uno…prima che scompaiano anche questi…”. Lo presi e ora, con ancor più piacere, ne ricordo e racconto le modalità di raccolta. Che la forza di quei meravigliosi mattoni rompa il conformismo e la codardia di una città intera… E’ il miglior augurio e, in qualche modo, un impegno per noi.