Un Paese da terremoto

Il terremoto è la calamità naturale per eccellenza, assolutamente imprevedibile almeno dai singoli disgraziati che lo subiscono, come è successo in questi giorni in Emilia. Anche in casi come questi, però, l’Italia mostra la sua enorme fragilità, da un lato sul piano della tenuta delle infrastrutture, dall’altro dal punto di vista organizzativo, e della reazione alla tragedia.

Il clima è ormai di rissa nazionale, c’è poco da fare, e accanto alla solidarietà popolare scatta puntuale la rabbia verso l’autorità costituita. Sono le istituzioni, in particolare, che non ce la fanno. Non riescono più ad essere autorevoli e credibili. Anche quando magari compiono passi inevitabili e obbligati, ne fanno una e ne sbagliano due, come il mitico Cimabue. E alla fine rincarano la benzina, e si rifiutano comunque di annullare festeggiamenti di cui importa solo a loro, come la Festa della Repubblica del 2 giugno.

I costi delle tante manifestazioni pubbliche di questo tipo, e quelli della politica in senso lato (intesa come insieme di apparati, addetti ecc) se sommati tutti quanti assieme fanno cifre da capogiro, eppure il problema a sentire loro non è mai quello, è sempre altrove. Oppure non è mai risolvibile se non in tempi lunghi, lunghissimi.

Non si rendono conto, Napolitano Monti e compagnia, che così facendo si mettono fuori gioco da soli, sempre di più. Anche perché il web è bestiale, è uno strumento di martellamento continuo, e un amplificatore dei malumori popolari da far paura. Io ho su facebook circa 650 amici (che naturalmente sono in larga parte semplici conoscenti), e le notizie e i commenti che vedo circolare sulla mia home page contengono ormai una percentuale di insoddisfazione e ostilità nei confronti delle isituzioni che non è da Paese normale, diciamo così.

Eppure quelle poche, essenziali e indispensabili riforme che potrebbero restituire un po’ di credibilità al sistema (dimezzamento del numero dei parlamentari nazionali e regionali e delle loro retribuzioni, elezioni senza leggi truffa che alterano il volere popolare, controllo rigoroso dei finanziamenti pubblici ai partiti, rottamazione di chiunque abbia incarichi politici retribuiti da almeno 10 anni ecc e così via) non vengono neppure prese in considerazione.

Sembra convinta, la nostra classe dirigente, che anche stavolta basterà magari vincere un Europeo di calcio, o un’Olimpiade, per tornare tronfi ed orgogliosi a cantare l’inno nazionale. Ne dubito, non tanto per motivazioni etico morali, ma perchè i dati dell’economia reale e del tenore di vita medio sono destinati ad ulteriore e costante peggioramento. Con tutto quel che ne conseguirà. Voi che ne pensate?

E. G.