[BlogLettera] Crescita, spread, debito pubblico…Dove andremo a finire?

Cosa possiamo fare di fronte ad un Nuovo Medio Evo che avanza?
Qualcuno ha ipotizzato l’avvento di un nuovo Medio Evo in Europa, una specie di diluvio universale che travolgerà le economie basate sull’effimero, sulla finanza creativa, sul dogma della crescita ad ogni costo, crescita di numeri ma non di sostanza. Sì perché bisognerà d’ora in poi distinguere fra il fatturato vero delle aziende che producono dal fatturato fasullo delle aziende che intermediano e speculano solamente.

Già parlare di Medioevo secondo me è fuorviante, primo perché non si può parlare di Basso e Alto Medio Evo alla stessa stregua e poi perché nel periodo che storicamente è stato classificato come Medio Evo è compreso un periodo lungo un paio di secoli durante il quale la qualità della vita raggiunse, specialmente in Italia, livelli  molto alti e comunque differenti rispetto al resto dell’Europa. Nel Medio Evo fiorirono esempi di civiltà comunale che portarono a vertici assoluti nel campo della letteratura, della musica, dell’arte pittorica, dell’architettura. Nei secoli del Trecento e del Quattrocento in Italia, nonostante le guerre e le ricorrenti pestilenze si assistette in città come Firenze, Siena, Lucca, Pisa, Venezia, Genova, Napoli, Palermo, Milano, Ferrara, Mantova ad una serie di primati di civiltà che tutto il mondo ci invidiava e tuttora ci invidia dalle testimonianze rimaste.
Magari quello che ci aspetta nei prossimi anni fosse come il Medio Evo che ho appena evocato!

La prospettiva potrebbe essere invece quella del Basso Impero Romano, quel periodo nel quale i barbari non avevano ancora preso del tutto il comando della scena mondiale e la forza politica di Roma non sapeva fare altro che barcamenarsi tra un complotto e l’altro per salvare i privilegi della nobiltà senatoriale, la quale pretendeva di non pagare le tasse ma esigeva nel contempo di poter riscuotere le rendite delle proprietà senza lavorare.
Siamo in attesa di vedere la versione post-moderna del diluvio, quando, come sta già succedendo in Grecia, le elezioni non saranno più in grado di esprimere un governo credibile e la crisi avrà raggiunto il punto cruciale, un qualcosa che non abbiamo ancora veduto e che forse non possiamo nemmeno ancora immaginare.

In Italia il governo dei tecnici ha almeno tentato di restituire alla gente il senso della realtà e manifestato l’urgenza di una solidarietà reciproca, senza tuttavia ottenere, almeno per il momento, risultati apprezzabili di correzione di rotta.
Abbiamo continuato ad enfatizzare il problema della cosiddetta crescita come se il PIL fosse tutto, come se fosse possibile continuare a tenere distinti i problemi dell’economia da quelli del contesto complessivo di una nazione.

L’Italia è in recessione prima di tutto per il suo bassissimo tasso di natalità, e dovendo competere con paesi a noi vicini come la Turchia nella quale l’età media è di 36 anni, mentre nelle nostre regioni più avanzate del Nord Italia la media sta pericolosamente avanzando verso i 50 anni, è inevitabile che i contraccolpi siano destinati a sentirsi negli anni a venire.  Poi, come qualche economista di buona scuola ha già detto  più volte, d’ora in poi non sarà più possibile continuare a tenere separate economia e morale, cioè continuare a gestire l’economia mondiale con regole e comportamenti inumani.

Chi volesse capire qualcosa di più sulle regole che dovrebbero reggere la vita economica dell’Europa sarebbe bene che rileggesse quanto affermato da uno dei nostri padri della Repubblica alla fine della seconda guerra mondiale, cioè l’economista Luigi Einaudi, un liberale che all’epoca veniva classificato di destra, ma che con la destra attuale non avrebbe avuto quasi nulla da spartire.

Scriveva Einaudi queste parole: “chi cerca rimedi economici a problemi economici è sulla falsa strada. Questa non può condurre se non al precipizio. Il problema economico è l’aspetto e la conseguenza di un più ampio problema spirituale e morale. Si può ancora accettare che pochi abbiano e pretendano di continuare ad avere molto più di tutto e tanti, sempre di più, abbiano praticamente nulla? Quella dell’energia è una buona metafora, perché non sono solamente le risorse materiali ad essere esaurite, sono soprattutto quelle morali ed è quell’energia che ci fa umani che si va spegnendo”.

Il nemico da combattere secondo Einaudi era quindi l’egoismo, ma non solo l’egoismo dei singoli, ma l’egoismo dei gruppi organizzati, delle Lobbies, che in tutta Europa sono sempre stati molto potenti ed in Italia si sono evoluti e ramificati fino a dominare la macchina dello Stato, legalmente tramite i tanti sindacati e soprattutto illegalmente tramite le varie mafie. Siamo arrivati ormai al punto che chi governa o governerà si troverà di fronte uno Stato irriformabile.

L’economia mondiale, come vediamo in questi giorni è preda della speculazione finanziaria e basta una scusa qualunque, come  il mancato accordo politico sulla creazione del governo in Grecia (che poi cosa conta la Grecia in ambito mondiale?) sia il futuro del governo della sig.ra Merkel (come se un altro cancelliere tedesco potesse portarsi dietro la bacchetta magica) sia la decisione di Moodys di modificare il rating di qualche paese o di qualche banca di interesse nazionale, ogni scusa è buona per provocare cataclismi in borsa, per spostare immensi capitali, renderli inutili o addirittura farli sparire di colpo. Interi settori economici ne soffrono e migliaia di aziende piccole, medie e grandi chiudono o stanno per chiudere. Quello che non sono riusciti a raggiungere i sindacalisti rivoluzionari del Novecento, cioè l’obiettivo di far sparire i padroni e liberare i lavoratori dal giogo del potere padronale, lo stanno raggiungendo le agenzie di rating alleate del capitalismo finanziario, con la differenza che oltre ai padroni stanno scomparendo anche i lavoratori. Esiste ancora in Italia la classe operaia? Forse solo più nella mente dei dirigenti della FIOM.

In questi giorni vediamo dirigenti politici italiani (Pier Ferdinando Casini in prima linea) che si scagliano contro le agenzie di rating che hanno declassato ben 26 banche di interesse nazionale e tanti altri che si stracciano le vesti e gridano allo scandalo. Se fossimo un paese serio risponderemmo: “chi se ne frega”, ma dato che abbiamo la coda di paglia dobbiamo cercare di nascondere la realtà e continuare a dire che le nostre banche sono le più solide al mondo. Non è vero naturalmente. E’ vero che il marcio sta anche oltre frontiera ma non possiamo perdonare i dirigenti del nostro sistema bancario che per anni hanno ciurlato nel manico, d’accordo con i politici, con l’obiettivo comune della spartizione del bottino, rappresentato in questo caso dall’elevata propensione al risparmio degli italiani.

Quando mai si è visto qualcuno protestare quando le banche elargivano il credito con la massima leggerezza, distribuendo carte di credito come fossero caramelle, finanziamenti al consumo in modo indiscriminato o mutui ipotecari per sostenere un mercato immobiliare drogato, arrivando a finanziare fino al 120% e oltre del valore degli immobili? E quante truffe sono state consentite ad immobiliaristi d’assalto, anche qui da noi ad Alessandria?
Qualche bella inchiesta sarebbe ora di attivarla, se no non si capirebbe come mai siamo finiti come si dice col il sedere a bagno.

Luigi Timo