La politica in cattedra, l’economia ‘in panne’ [Controvento]

Fabbrica 1di Ettore Grassano

 

Proprio nel giorno in cui ad Alessandria la politica sale in cattedra, noi proviamo ad ‘allargare l’orizzonte’, e a capire che aria tira nell’economia piemontese, e se davvero l’alessandrina ‘sindrome di Cenerentola’ rispetto al resto della Regione, e nei confonti di Torino in particolare, ha qualche fondamento ‘non campanilistico”.

L’intervista con la professoressa Eliana Baici, direttore del dipartimento di Studi per l’Economia e l’Impresa dell’Università del Piemonte Orientale, fa emergere alcuni elementi importanti:

1) Sì, la Regione Piemonte è ‘torinocentrica’, e non è solo Alessandria ad essere penalizzata da questa logica (molto renziana, ai vari livelli della macchina statale, e che Chiamparino ha fatto propria: le periferie si organizzino, si cerchino le risorse, in buona sostanza si arrangino).

2) L’Università è, soprattutto per una provincia come la nostra, una indubbia leva di crescita, culturale e non solo. In questi anni l’80% dei laureati è stato “di prima generazione”, ossia “il primo che ha studiato”, come cantava Guccini tanti anni fa. In altri termini, le ragioni strutturali del nostro declino di oggi stanno in buona parte (non solo, naturalmente) nella scarsa ‘nostra’ propensione di sempre ad investire in cultura e formazione.

3) L’economia piemontese ha significative eccellenze su cui occorreFabbrica 2 puntare, ma soffre della stessa fragilità di quella del resto del Paese: forte (troppa, e pericolosa di questi tempi, segnala la professoressa Baici) propensione all’export, e scarsa propensione alla capitalizzazione. Ossia ci siamo a lungo cullati nel mito del nostro sistema di ‘micro-imprese’, senza capire che essere ‘i cinesi’ d’Europa avrebbe cessato di essere un asset vantaggioso una volta entrati nell’Unione Europea. E qui a noi profani di economia viene da chiederci come mai non lo abbiano capito per tempo anche coloro che nell’UE ci hanno ‘trascinati’, a condizioni capestro, a partire da Prodi e i suoi ‘boys’. Guru della politica e dell’economia, loro. Mica scribacchini di provincia.

4) Si sfata, nell’intervista, un ‘luogo comune’: non è vero che le banche italiane non prestano soldi alle imprese. Anzi, il guaio del nostro sistema bancario è essere troppo esposto (per il 70% degli impieghi, più o meno) con le imprese stesse, mentre nell’Europa vera questo avviene per il 20-25%, e le imprese vanno a finanziarsi sui mercati dei capitali, a partire dalle Borse. Ci sarebbe poi, in verità, anche da discutere su quali imprese sono state finanziate dal sistema bancario in questi decenni, e con quali criteri, ma questa è considerazione extra intervista.

Templio DelfiNaturalmente la professoressa Baici non è l’oracolo di Delfi, e non può fornirci magiche ricette e facili vie d’uscita per il rilancio di Alessandria, del Piemonte e dell’Italia, ma alcuni spunti di riflessione certamente sì.

Attendiamo ora che dai politici alessandrini oggi in cattedra all’Università arrivino, oltre a rituali e scontati slogan a favore del potenziamento dell’Università e della Ricerca (progressivamente ‘demolite’ in questi anni dalle scelte dei loro capi romani), anche qualche atto concreto, in termini progettuali/territoriali.

I molteplici segnali di questi mesi sono tutt’altro che incoraggianti: tanti tavoli aperti (e non crediate: non ci sono neppure più le sedie e poltrone di una volta a giustificare il gioco), qualche velleitario protocollo d’intesa, e il periodico invocare ‘cabine di regia’ che poi,forse in mancanza di un regista degno di questo nome, rimangono vuote.

E se qualche giornalista prova ad alzare la cresta, e a dire che il re è nudo, c’è subito qualcuno che lo accusa di voler far politica. Che invece deve restare cosa loro, è chiaro: del resto, con simili risultati per il territorio, chi osa metterli in discussione è davvero un ingrato.