Sorci verdi a Palazzo Rosso [Controvento]

Comune Alessandria 4di Ettore Grassano

 

Può sembrare quasi demenziale, in un momento tanto delicato per il futuro dell’Europa, perderci nell’analisi delle beghe interne del comune di Alessandria. Eppure l’attenzione per le questioni internazionali (che deve essere alta: siamo tutti coinvolti, e ne parliamo comunque nell’intervista con il vice segretario federale della Lega Riccardo Molinari) non può impedirci di interrogarci sugli sviluppi del ‘braccio di ferro’ tra il sindaco Rossa e la troika dirigenziale Zaccone-Neri-Minetti. La vicenda è esplosa come un fulmine a ciel sereno venerdì scorso sulle pagine de La Stampa, e proseguita per tutto il week end, con dichiarazioni sicuramente ‘forti’ e perentorie da parte del sindaco, rilasciate anche al nostro magazine.

Come sempre, le dietrologie si sprecano, e nelle ultime 48 ore gli addetti ai lavori si sono lanciati nelle interpretazioni più ardite e spericolate, all’insegna del ‘tutto è politica’. Per cui si sprecano le teorie del complotto, e del riposizionamento, riassumibili per sintesi in un bel “la sindaca è bollita, e i mandarini la mollano”, che poi sarebbe solo l’ennesima riedizione dei topi che abbandonano la nave che affonda.

Attenzione però, perchè invece i protagonisti della querelle, e da lì e da loro bisogna partire, su un solo punto sembrano invece concordare, ossia sul fatto che il (serissimo) oggetto del contendere è tutto di natura tecnico-organizzativa, e che la politica non c’entra.

Ma da lì in poi è davvero il caos: nel senso che le lettere ufficiali di remissione dell’incarico dicono in maniera esplicita: “cara Rita così proprio non si può lavorare, senza rancore ti ripassiamo la palla. Anzi, il cerino acceso”.

Dopo la durissima reazione del sindaco (che almeno venerdì era davvero stupita eRossa Zaccone arrabbiata, altro che teoria della manfina concordata…), ieri La Stampa ha pubblicato una sorprendente intervista a Antonello Zaccone (che è sì il dirigente del Bilancio, ma anche il capo del personale, e quindi a lui più che ad altri spetterebbe, di concerto con il segretario generale e il collegio dei dirigenti, la riorganizzazione dell’ente) da cui emergono elementi interessanti, ma anche gravi: in primis quel “La generazione dei cinquantenni ha, in media, ritmi, modalità, insomma una cultura troppo in là col tempo, basata più sul rispetto delle procedure che sull’ottenimento del risultato. E poiché questa è di fatto un’azienda quel che conta alla fine è proprio il risultato”.

In sostanza si punta il dito su buona parte dei dipendenti di Palazzo Rosso (655, contro gli 800 di 10 anni fa), dicendo che non sono adeguati. Che pesi più il fancazzismo o l’incapacità rispetto alle necessità odierne poco importa: non sono in grado di produrre risultati. E, pare di capire, non è possibile quindi secondo Zaccone una riorganizzazione che dia risultati diversi da quelli di oggi.

Guardate che questa è affermazione pesante, che tra l’altro sgombera il campo anche dall’ipotesi “vogliono trasferire a Palazzo Rosso il personale della Provincia”, perchè fino a prova contraria non è che dall’altra parte della piazza i criteri di selezione all’ingresso e l’anagrafe raccontino una storia diversa. Zaccone peraltro nell’intervista sostiene anche che il comune di Alessandria, pur rientrato nel patto di stabilità, non può comunque fare nuove assunzioni perchè ancora non sta rispettando la norma del pagamento dei fornitori a 60 giorni (e la sfora di parecchio, se è per questo), ma su questo punto altri tecnici, almeno altrettanto validi, dissentono: la norma sarebbe superata da diversi mesi.

Certamente da oggi sarà interessante ascoltare anche l’altra campana, quella degli stessi dipendenti, e dei loro sindacati. Con il rischio naturalmente di trasformare il tutto nella telenovela mandrogna dell’estate 2015, e di ritrovarsi poi a settembre di fronte ad immutati problemi.

Noi cittadini, più che fare il tifo per il sindaco o per la troika, aspiriamo però ad avere un ente che fornisca alla città servizi di qualità, dal momento che l’ente suddetto ci impone balzelli non banali, e mantenerlo sta diventando sempre più un ‘fardello’ per tutta la comunità.

Ma al contempo non possiamo fare a meno di evidenziare che una rottura così clamorosa del ‘team dissesto’ (ma quei dirigenti sono lì da tempo immemore, come noto), dopo tre anni di slogan sul rilancio del comune e quindi della città, rappresenta anche un ‘segno’ politico, eccome: e certamente non è una vittoria ‘di tappa’ per il centro sinistra che governa Alessandria dal 2012.

Da qui al 2017, in queste condizioni e con questo ‘clima’, è lecito aspettarsi un cambio di passo significativo? O dobbiamo prepararci ad una navigazione ‘a vista’, e ad una lunga, e avvelenata, campagna elettorale?