Così non va, dicono Cgil e Uil al governo Renzi. No, non va proprio per niente, e crediamo che, fin lì, sia davvero difficile trovare oggi un italiano, iscritto o meno al sindacato, che possa non essere d’accordo. Persino i renziani doc, che non per nulla da un po’ di tempo in qua anche sulla rete percepiamo assai meno baldanzosi, o semplicemente più silenziosi e riflessivi.
Venerdì due sindacati confederali su tre (e ‘lo strappo’ con la Cisl, per quanto non sia una tragedia, andrà poi ‘misurato’ nei suoi effetti successivi) chiameranno i loro iscritti, e tutti i lavoratori, ad uno sciopero generale che vuole ribadire alcuni concetti chiari, riassunti ieri mattina alla Camera del Lavoro di Alessandria dai segretari provinciali Tonino Paparatto (Cgil) e Aldo Gregori (Uil).
In sostanza, i sindacati contestano in toto impianto e metodo della politica economica renziana, che sta partorendo (“bypassando non solo la concertazione, ma qualsiasi confronto democratico con le parti sociali, e anche col Parlamento”, evidenziano Paparatto e Gregori) legge di stabilità e jobs act in beata solitudine autoreferenziale. E in effetti, aggiungiamo noi, il Parlamento ha dato via libera (compresa quella parte del Pd che, per dirla con De Gregori, “non sa dove andare/comunque ci va”) ad una riforma del lavoro che, di fatto, è oggi una scatola vuota che starà all’esecutivo ‘riempire’ attraverso i decreti attuativi. Un atto di fiducia incondizionata nei confronti del Governo che suona quasi come una campana a morto per chiunque abbia della democrazia una visione, se non proprio partecipativa, quando meno tradizionale, diciamo.
Possibile, si chiedono Cgil e Uil, che il Governo pensi davvero di rilanciare la nostra esangue economia rendendo i lavoratori più flessibili e precari, ossia licenziabili a piacere, a parte situazioni particolari? Non è forse evidente a tutti che, fra le tante cause che stanno portando al tracollo le imprese italiane, il costo del lavoro e la sua flessibilità hanno un peso marginale rispetto, ad esempio, al prezzo dell’energia, e alle condizioni strutturali e infrastutturali del Paese?
Non mancano poi, Cgil e Uil, di richiamare l’attenzione sulle emergenze di casa nostra (“prima di tutto la riorganizzazione della sanità, ma anche questioni come l’amianto e la necessità di messa in sicurezza idrogeologica del territorio”), e su punti interrogativi enormi, che riguardano ad esempio il sistema degli ammortizzatori sociali, su cui la riforma del governo Renzi mostra forti carenze e ambiguità. Per non dire, naturalmente, dell’aumento sistematico delle imposte a carico di lavoratori e pensionati, a cominciare dall’addizionale Irpef regionale,”perchè ai cittadini poco importa se le tasse sono nazionali, regionali o provinciali: conta che a fine mese sono sempre più alte, e per molti ormai insostenibili”.
Ma la domanda vera è quella che guarda oltre lo sciopero generale di venerdì. Ossia: e dopo che si fa? Che succederà, se il Governo Renzi dovesse decidere (e ce ne sono tutti i presupposti) di continuare ad ignorare il punto di vista dei sindacati e delle parti sociali, e di tirare dritto per la sua strada?
Sul tema Tonino Paparatto sorride sornione: “un passo per volta, con concretezza: venerdì daremo all’esecutivo un segnale forte di partecipazione democratica, e anche di dissenso. In tutta Italia ci saranno manifestazioni sicuramente pacifiche, ma anche la volontà di far sentire la voce dei nostri iscritti, ossia lavoratori e pensionati, che rischiano di pagare la crisi oltre ogni limite accettabile”.
Alla manifestazione regionale di Torino (partenza da piazza Vittorio, arrivo in piazza San Carlo) sono previsti almeno 20 pullman in arrivo dall’alessandrino, oltre a chi si sposterà in treno o con mezzi propri. Poi, da sabato, proveremo a trarre qualche conclusione.