Abbiamo concluso l’intervista precedente, alla responsabile de Il Girasole, ponendo la seguente domanda: – cosa accade quando un disabile rimane senza famiglia? Senza alcuno che possa (accetti di) prendersi cura di lui?
Risposta: – Dispone il tribunale. E’ il tribunale che valuta caso per caso e può nominare un amministratore di sostegno. Uno che affianchi il disabile nelle decisioni da prendere e sia abilitato a prenderle al suo posto quando lui non ne è in grado.
Già, ma come viene individuato questo amministratore di sostegno, come vengono definite le sue competenze? Insomma, qual è il quadro normativo? Lo abbiamo chiesto a Emilio Giribaldi, magistrato per una vita e ora prezioso collega di penna sul medesimo giornale. Ecco cosa ci ha risposto in merito.
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Per la tutela, intesa in senso generale, delle persone affette da inabilità di varia natura, e per quanto concerne specificamente il loro patrimonio (ma anche l’assistenza in genere), se si esclude il ricovero o l’ospitalità permanente o temporanea in strutture specializzate, allo stato attuale della legislazione si deve ricorrere all’amministrazione di sostegno, istituto introdotto nel codice civile nel 2004 e che, a quanto risulta dalle informazioni assunte, sta dando buoni effetti.
La legge stabilisce che la persona che, per effetto di infermità ovvero di menomazione fisica o psichica, si trova nell’impossibilità anche parziale o temporanea di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno nominato dal giudice tutelare (tribunale) del luogo in cui questa ha la residenza (dimora abituale) o il domicilio (luogo in cui è stabilita la sede degli affari e degli interessi): le due sedi possono non coincidere, come è noto; ad es., residenza ad Alessandria e azienda commerciale a Torino; in tal caso si può scegliere tra le due competenze territoriali per proporre la domanda.
A differenza di quanto è stabilito per l’interdizione e l’inabilitazione, che intervengono nei casi di infermità abituale di mente che determini incapacità totale o parziale di provvedere ai propri interessi (l’inabilitazione è prevista anche per coloro che, per prodigalità o per abuso di alcoolici o di sostanze stupefacenti, espongono sé o la famiglia a gravi pregiudizi economici e per i sordomuti e i ciechi di nascita o di prima infanzia privi di sufficiente educazione-istruzione), l’amministrazione di sostegno si può adottare anche per coloro che, pur essendo perfettamente sani di mente, sono portatori di una infermità fisica (immobilità, cecità totale, impossibilità di uso delle mani e simili) causante l’incapacità suddetta. Si è colmata così una lacuna del sistema civilistico-assistenziale denunciata da tempo da molti operatori.
Il ricorso diretto all’amministrazione di sostegno può essere proposto dallo stesso soggetto da tutelare, anche se interdetto o inabilitato, o anche se minorenne nell’ultimo anno di minorità (è da ritenere che il minore e l’interdetto in tali casi debbano essere almeno assistiti da un genitore o dal tutore; la questione, peraltro marginale, è dubbia), ovvero dai soggetti indicati nell’articolo 417 del codice richiamato dall’articolo 406, e cioè dal coniuge, dalla persona convivente stabilmente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini (suoceri, generi, cognati), dal tutore e dal curatore quando già sia in atto interdizione o inabilitazione (nel qual caso di queste procedure si deve chiedere contestualmente la revoca), e anche dal pubblico ministero. I responsabili dei servizi sanitari e sociali impegnati nella cura e nell’assistenza della persona, se vengono in qualsiasi modo a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento, sono tenuti a proporre direttamente il ricorso o a dare notizia al pubblico ministero.
L’articolo 407 del codice civile prevede il contenuto del ricorso per la nomina dell’amministratore di sostegno (generalità del beneficiario, dimora o residenza o domicilio, elenco dei congiunti e cioè coniuge, ascendenti, discendenti, fratelli, e conviventi, ragioni per cui si chiede il provvedimento). Anche se non è detto espressamente, il ricorrente, come si deduce dal successivo articolo 408, può designare l’amministratore di cui chiede la nomina.
Il giudice tutelare deve sentire personalmente il beneficiario e tener conto degli interessi, dei bisogni, delle richieste dello stesso e delle esigenze di protezione della persona; deve inoltre assumere informazioni sia con l’audizione dei soggetti indicati nel ricorso sia con richieste specifiche alla Pubblica Amministrazione in genere, Polizia Urbana e di Stato, Enti di assistenza, e può disporre accertamenti medici ed altre indagini, anche d’ufficio.
Il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno, per la cui emissione interviene il visto del pubblico ministero, se riguarda un minore può essere emesso solo nell’ultimo anno della minore età e diviene esecutivo al compimento dei 18 anni: ciò perché il minore è soggetto alla potestà genitoriale o a tutela se orfano.
Il decreto contiene, oltre naturalmente le generalità complete del beneficiario, l’indicazione: della durata dell’incarico, che può essere a tempo determinato oppure indeterminato, a seconda delle necessità, salva sempre la revoca in caso di mutamento della situazione; dell’oggetto dell’incarico e specificamente degli atti che l’amministratore ha potere di compiere in nome e per conto del beneficiario e di quelli che quest’ultimo può invece compiere personalmente ma con l’assistenza dell’amministratore (la scelta dipende ovviamente dai singoli casi concreti, con particolare riferimento alle condizioni psichiche e psicologiche del soggetto, all’ambiente sociale e familiare, alle condizioni economiche e ad altri fattori da valutare; il giudice tutelare comunque può, d’ufficio o su segnalazione dell’amministratore o di altri, modificare le condizioni); dei limiti, anche periodici, delle spese che l’amministratore può fare utilizzando le somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità (ratei di pensione, cedole, crediti etc.); delle date periodiche in cui l’amministratore deve riferire sull’attività da lui svolta e sulle condizioni di vita personale e sociale del beneficiario. La durata dell’amministrazione, se è a tempo determinato, può essere prorogata dal giudice tutelare anche d’ufficio, con decreto motivato.
I decreti di apertura e di chiusura dell’amministrazione sono annotati nei registri di cancelleria e allo stato civile.
Molto importante è ovviamente la questione della scelta dell’amministratore di sostegno (articolo 408 del codice civile), scelta che, come dice la legge, deve avvenire con riguardo esclusivo alla cura e agli interessi della persona del beneficiario. Sul punto è da tener presente la disposizione secondo cui l’amministratore può essere designato (con piena facoltà di revoca) dallo stesso interessato non soltanto nel ricorso con cui si chiede l’apertura dell’amministrazione ma anche in precedenza, in previsione della propria eventuale futura infermità o menomazione fisica o psichica (e, sottinteso, della possibile assenza in quel momento futuro di persone godenti la fiducia del beneficiario) mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata; si richiama a tale proposito quanto osservato in precedenza per il minore e l’interdetto. L’articolo prosegue stabilendo che, in mancanza di detta designazione da parte dell’interessato ovvero in presenza di gravi motivi (che possono riguardare tanto la persona del designato quanto qualunque altra circostanza suscettibile di influenzare negativamente l’amministrazione) il giudice provvede autonomamente a nominare la persona che ritiene più adatta, preferendo, se possibile, e nell’ordine, il coniuge non separato, la persona stabilmente convivente, uno dei genitori, uno dei figli, un fratello, un parente entro il quarto grado, ovvero (sembra che la congiunzione significhi preferenza sulle altre persone appena indicate) il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata. Quando ne ravvisa l’opportunità (ad esempio in caso di mancanza o rifiuto del designato o delle altre persone sopra elencate), o per motivi gravi, il giudice può chiamare all’incarico di amministratore di sostegno altra persona idonea (per esempio un avvocato o un notaio, o anche un altro soggetto di provata fiducia, come in effetti avviene nella pratica) e persino una persona giuridica o un’associazione che agiscono a mezzo di legale rappresentante con tutti i doveri e le facoltà del caso.
Non possono ricoprire le funzioni di amministratore di sostegno gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario.
Il beneficiario dell’amministrazione conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono, secondo quanto dispone il decreto, la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno e può in ogni caso “compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana”; se ne deduce da un lato che l’amministratore non può opporsi alle attività culturali, sportive, ricreative etc. del suo assistito (salvo ovviamente riferire al giudice fatti e circostanze che egli ritenga pregiudizievoli), e dall’altro che il beneficiario deve disporre liberamente di fondi, se ci sono, proporzionati alle sue presumibili esigenze, anche se sotto discreto controllo. Risulta qui evidente la delicatezza dei compiti dell’amministratore il quale, sempre come dice la legge, “deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario”, deve informarlo costantemente circa gli atti rilevanti da compiere e riferire al giudice tutelare per gli opportuni provvedimenti in caso di dissenso con l’amministrato, ed è soggetto anche a sorveglianza, per così dire, di tutte le persone abilitate a chiedere l’amministrazione e del pubblico ministero, le quali possono ricorrere al giudice tutelare per l’adozione dei provvedimenti opportuni.
Il giudice tutelare può sempre disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze previsti per l’interdetto o l’inabilitato si estendano al beneficiario dell’amministrazione di sostegno; ciò in relazione alle condizioni fisiopsichiche dello stesso beneficiario, che possono variare da una situazione di quasi normalità ad una di necessità di controlli sistematici, nonché per effetto di altre evenienze.
L’articolo 411 prevede l’applicabilità all’amministrazione di sostegno di alcune norme in materia di interdizione e le cause di limitazione della capacità dell’amministratore, che non sia coniuge, convivente stabile o parente entro il quarto grado, di ricevere per testamento o per donazione dell’amministrato.
I successivi articoli 412 e 413 prevedono l’annullabilità degli atti compiuti dall’amministratore o dall’amministrato in violazione delle norme di legge o del decreto del giudice tutelare e i casi di revoca dell’amministrazione, i quali possono anche sfociare nell’interdizione o nell’inabilitazione