Cari politici, fate un bel passo indietro [Controvento]

Italia Cornicedi Ettore Grassano

Con parole e toni diversi, l’enologo Donato Lanati nell’intervista che pubblichiamo oggi, e il nostro super editorialista Episcopio nelle sue riflessioni di Ferragosto esprimono un concetto simile, credo ormai condiviso da un numero crescente di persone. Ossia: la politica ha già fatto molto (e molto male, diciamocelo pure). Quindi le chiediamo uno o anche due passi indietro, per consentire agli italiani di rimboccarsi davvero le maniche, e provare a guardare al futuro come ad un bicchiere magari semivuoto, ma proprio per questo tutto da riempire.

Con un secondo aspetto importante, però. Che è la responsabilità e corresponsabilità della società civile: ossia, gli italiani di oggi sono abituati da un lato a ‘sparare a zero’ sui politici, disprezzando la categoria con fondatissime motivazioni di cui parliamo spesso. E, tuttavia, si è soliti pensare che ci debbano comunque pensare loro, i politici, a trovare la soluzione, la via d’uscita per evitare di cascare definitivamente nel baratro. Salvo peraltro ricattarli: ‘questo non puoi farlo, di là guai a te se tagli. Se il Paese, o il nostro territorio, sono così mal messi è solo colpa tua: arrangiati e trovaci la soluzione”.

Così, Lanati parlando delle potenzialità del ‘suo’ Monferrato, ed Episcopio facendo una fotografia impietosa e perfetta di Alessandria, e degli alessandrini, ci dicono in pratica la stessa cosa: “aiutiamoci da soli, ognuno per quel che sa fare, e ha voglia di fare“. Esigiamo certamente che la politica, ossia l’insieme di persone che, da Renzi ai sindaci di casa nostra, amministrano il Paese, creino le condizioni perché le persone (in forma di impresa, di reti di associazioni, di singole progettualità) possano fare, mettere in moto idee, realizzare progetti. Però entriamo anche nell’ordine di un pensiero nuovo: ossia che lo Stato non può farci da papà e mamma, e garantire a tutti un futuro sereno e prosperoso, magari in cambio di pochissimo sforzo. Purtroppo tutto ciò è impossibile, guardando allo scenario non solo italiano, ma quanto meno europeo.

Il che però, badate bene, non significa accettare (almeno per quel che ne pensiamo da queste parti) che la soluzione sia la legge del più forte, e la totale deregulation sul fronte del mercato del lavoro.
Così, quando sentiamo politicanti vecchi e nuovi esternare contro l’articolo 18 (‘iniqua zona di comfort”, dice questo raffinato analista…mah!), ci sembra che siano ancora e sempre fuori strada. Perché, tra i tanti imprenditori grandi, medi e piccoli che abbiamo intervistato in questi anni, non ce n’è stato uno che abbia indicato negli eccessivi guadagni delle maestranze la causa delle proprie difficoltà. Al contrario, molti erano e sono consapevoli di erogare salari netti da pura sopravvivenza, anche se ben altro è il costo del lavoro per l’azienda.

Quindi la soluzione non è pagare meno chi lavora, e neppure ‘precarizzare’ i dipendenti. Lo snodo è fare in modo che l’Italia (ma anche casa nostra: leggetevi le cose importanti che dice Lanati sul Monferrato) torni ad essere un Paese in cui fare investimenti e sviluppare progetti ha un senso, in termini di regole (semplici e certi) e di possibilità di creare valore.

Questo, e nient’altro, devono fare oggi i politici: ossia costruire una nuova cornice, solida e affidabile. Con cosa riempirla, sarà poi compito nostro, ma anche nostra responsabilità.