Sergio Notti: “da Radio Alessandria International a Ombre Rosse: sempre dalla parte degli indiani!”

Notti Sergio 4Lo abbiamo conosciuto qualche settimana fa, in occasione di una bella serata dedicata ai libri e ai percorsi letterari di tre scrittori amici del nostro magazine: Danilo Arona, Angelo Marenzana e Giorgio Bona. E sono bastate poche chiacchiere notturne per capire che Sergio Notti, titolare del circolo culturale Ombre Rosse, ha una storia personale che merita di essere raccontata. Regista di ‘corti’ e documentari, Notti è da quarant’anni un vero e proprio ‘agitatore’ culturale, e ad Alessandria ha dato vite ad esperienze che hanno ‘segnato’ diversi decenni: dalla ‘mitica’ Radio Alessandria International (la prima ‘radio libera’ cittadina, in attività dal 1975 al 1980), alla libreria-videoteca Insonnia, che ha invece attraversato gli anni Ottanta e Novanta. A Notti basta dare il via…e con tono ironico e lieve (talora alzandosi in piedi e ‘passeggiando’ tra i tavoli di Ombre Rosse, come alla ricerca di ricordi nascosti nella memoria) traccia un percorso che non è solo personale, ma in una certa misura anche generazionale: la generazione, appunto, che (anche) guardando il film di John Ford  imparò a stare dalla parte degli indiani.

Sergio, parlando del tuo percorso non si può che partire da RadioRadio Alessandria studio Alessandria International: un’esperienza che in chi l’ha vissuta sembra aver lasciato un segno indelebile…
(sorride in silenzio, ndr) Va bene, è giusto, partiamo da lì: anche se la radio in fondo è il frutto anche di quel che successe prima, e poi magari ci torniamo. Considera che,  fin da ragazzini, noi siamo cresciuti ascoltando, o cercando di ascoltare, Radio Caroline,  che fu appunto la prima radio ‘pirata’, ossia che aggirava il monopolio di Stato dell’epoca. E quando in Italia cominciarono le trasmissioni di Radio Milano International, partimmo da Alessandria prima di tutto per trovarla (perché non era facile: era un’emittente clandestina, senza una sede ufficiale), e poi per farci spiegare cosa serviva per ‘fare’ una radio: perché volevamo provarci anche noi, ad Alessandria.

Radio Alessandria locandinaE come andò la ricerca?
Bene, nel senso che riuscimmo a incontrarli, ci ‘annusarono’ un po’, per capire se eravamo poliziotti o simili, e poi ci diedero indicazioni preziose. Insomma, di lì a poco ci procurammo l’attrezzatura, e partì l’avventura di Radio Alessandria International: avvio ufficiale delle trasmissioni, 21 ottobre 1975. Sede: casa mia, in via Bissati. Ma naturalmente all’epoca non si poteva dire, anche se ben presto il tam tam si diffuse. E dopo qualche settimana si presentarono anche i carabinieri alla porta: ma si accontentarono del nostro ‘no, qui non c’è nessuna radio, è una casa privata’, e se ne andarono. In realtà erano stati a fare controlli anche a Valmadonna, dove avevamo aperto la casella postale per comodità, perché uno di noi abitava lì.

Di lì a poco però ci fu la liberalizzazione dell’etere, e le radio ‘libere’Arona il conte proliferarono: anche ad Alessandria e provincia ci fu una stagione magari breve, ma molto vivace, che Roberto Paravagna ha anche raccontato nel suo libro “Amo la radio, perché…”.
Però, Sergio, vogliamo nomi e cognomi dei fondatori di Rai (Radio Alessandria International): senza reticenze! Tanto dopo tanti anni siete certamente amnistiati…
I fondatori, e titolari per tutto il quinquennio di attività, furono il sottoscritto e Mario Molina. Ma complici fin dall’inizio, e partecipi di quella splendida avventura di creatività giovanile, furono tanti. Ne cito alcuni: Marinella Lombardi, Manlio Lavezzi, Carlo Borgognone. E poi Danilo Arona, Maurizio Credidio, Bob Orsetti. Ma anche tanti altri: e con un palinsesto pieno non solo di musica, ma anche di programmi originali. Ad esempio Supergiù, che era una sorta di Alto Gradimento declinato su temi e personaggi cittadini, legati al mondo dei ragazzi di allora ma non solo: c’erano esilaranti imitazioni di figure note in città, e personaggi inventati lì per lì, o ricorrenti. Poi considera che tutti noi conduttori avevamo nomi d’arte, all’inizio per la questione dell’illegalità, poi ci sono rimasti: io ero Angelo, Danilo Arona il Conte, poi c’erano il Santo, Bob e così via.

Notti ZeroAi microfoni di Radio Alessandria International passarono anche artisti di fama nazionale…
Assolutamente sì: una sera si esibì al Valentia di Valenza un giovane assai trasgressivo, che girava con le basi registrate delle sue canzoni, due ballerine e un pacco di dischi da vendere dopo i concerti. Si chiamava Renato Zero, e lo portammo in radio sul tardi, dopo il concerto. In quel momento ai microfoni c’era Danilo, che sentì bussare alla porta e dire: “Ahò, so’ Renato, apritemi”. Lo mandammo in diretta, e di lì a poco arrivammo tutti, fans di Zero compresi. Poi arrivò Loredana Bertè (che portammo ad una Fiera di San Giorgio, e monopolizzò talmente l’attenzione che ci dissero: “per favore, portatela via o in giro per la Fiera non ci va più nessuno. E uno di noi, goliardico, appese allo stand un paio di collant, spacciandoli per quelli della Bertè!), ma anche Giorgio Gaber, Enrico Simonetti, il pittore alessandrino Pietro Morando, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Antonello Venditti. E anche Guccini intervistato da Arona al Moccagatta in occasione di un suo concerto, o Angelo Branduardi, che portammo a cena alla Tavolozza.

Cos’era la Tavolozza?Radio Alessandria International gruppo
Era un’osteria di via Mondovì, nostro ritrovo abituale di sera e anche di notte. Gestito dai mitici Rolando e Valentino. Rolando Bargioni, il titolare, nonché zio di Rudi Bargioni, aveva una voce particolare, e venne anche in radio, a interpretare qualche personaggio a Supergiù!

Insomma Sergio: musica, cultura, goliardia e molto altro. Ma quelSimonetti gruppo di amici, e quello spirito un po’ ribelle e anticonformista, era nato diversi anni prima, vero?
Eccoci all’antefatto. E’ così: con Danilo Arona, con il grande Giorgio Simonetti (detto Simone, il colonnello, il varano….Danilo ne ha parlato anche sul vostro magazine) e con altri l’amicizia era nata a 15, 16 anni, ai tempi delle superiori. Figurati che a 15 anni affittammo 2 stanze in via Volturno, con l’idea di creare uno spazio aperto dove incontrarci, fare musica e parlare di libri, di politica, di affari nostri. Poiché eravamo gente modesta, chiamammo il ritrovo Dad (domus aurea deorum, casa d’oro degli dei, ndr), e inventammo pure un ingresso ‘a combinazione’: come chiave c’era una serie di numeri, che cambiava spesso, e di cui appunto erano in possesso solo ‘gli dei’. Gli altri accedevano solo se accompagnati. C’erano anche Gianni Porta, Gianmaria Panizza, e diversi altri. E Arona era già allora ‘sensibile’ ai temi del paranormale. Una sera, qualche anno dopo quando avevamo già l’auto, andammo tutti a Ponti, nell’acquese: dove Simone garantiva ci fossero i resti di un castello costruito al contrario, simbolo del diavolo. Lasciamno le auto in fondo al percorso per il castello, e salimmo la strada al buio, ma con la luna piena. Giunti in cima, poco di interessante, se non un dirupo inquietante e tenebroso. Simone allora lanciò un sasso nell’ignoto. E si sentì un secco rumore di lamiera. Tutti imitammo Simone, con una fitta sassaiola, fra cori di ‘lamiera, lamiera’. Purtroppo però, compiuta la strada al contrario, scoprimmo che la lamiera era quella della 500 di uno di noi, che aveva parcheggiato proprio sotto il piazzale del castello!

Cinema AlessandrinoUn’altra passione che sembra accomunarvi è quella del cinema…
Assolutamente: e da tempi remoti.  In me la passione per il cinema nacque da bambino, quando mia zia Linda, che faceva la maschera al cinema Alessandrino Politeama (struttura stupenda, al lato del palazzo del comune, angolo via Verdi, poi demolito per farci una banca), mi portava con sé e mi ‘infilava’ in uno dei palchetti: ci passavo interi pomeriggi, e lì ho imparato davvero ad amare i film.
Credo che fosse il 1971 quando aprimmo,  a poco più di vent’anni, il Circolo del Cinema a Spinetta Marengo, più o meno a metà di via Genova. Puntavamo già da allora su opere che raccontavano punti di vista particolari, e per promuoverci producevamo locandine choc, tipo “Il cinema è morto!”. Da Spinetta ci trasferimmo a Valmadonna, e poi ad Alessandria, in via Trotti, in un magazzino in cui aprimmo un punto di incontro che si chiamava Entrata libera. E che rimase aperto fino al 1976, quando decollò l’esperienza della radio, che ci assorbì completamente.

Nel 1980, dopo cinque anni di attività, Radio Alessandria International chiuse i battenti: come mai?
Dalle prime trasmissioni ‘pionieristiche’ in via Bissati ci eravamo spostati come sede prima in Spalto Marengo, e poi nell’ultima fase in via Righi. Radio Alessandria International era diventata via via un progetto professionale, con i necessari investimenti, e con la Manzoni che raccoglieva per noi la pubblicità. E in qualche occasione, come per l’alluvione del 1977, con uno stato di vera emergenza in tutta la provincia, ci mettemmo a disposizione in maniera totale, con trasmissioni 24 ore su 24 a supporto della cittadinanza. Ci fu anche riconosciuta la medaglia al valore della Croce Rossa.
Però nel frattempo l’etere era diventato una jungla, con la necessità di continui ‘rilanci’ in termini di potenza di banda, per poter essere ascoltati. In più, certamente, diversi di noi crescendo avevano via via preso strade diverse, come naturale che fosse. Insomma, non c’era più l’entusiasmo degli inizi,  e preferimmo fermarci.

Tu avevi all’epoca trent’anni, e un mestiere di regista che haiOmbre Rosse continuato tutta la vita, fino ad oggi. Al contempo, però, da Insonnia negli anni Ottanta e Novanta, fino ad oggi con Ombre Rosse, non hai mai smesso di aprire locali, luoghi che fossero punto d’incontro, confronto e cultura. Alessandria come ha risposto?
Mah, dipende quale Alessandria. I diffidenti, gli scettici o addirittura gli ostili ci sono sempre stati, come ci sono oggi. Ma c’è anche chi ci ha creduto, e ci crede. Chiaro, questi sono progetti con cui non si diventa ricchi, ma non è quello l’obiettivo. Con Insonnia, per dire, aperta nel 1984 come libreria che faceva anche incontri, dibattiti, e stava aperta la sera, sollevammo le reazioni ostili delle librerie tradizionali dell’epoca, che ci vivevano come concorrenza sleale. Anche se poi magari in una sera di libri ne vendevano tre: per noi la sfida non era quella del resto, ma portare ad Alessandria per la prima volta il gruppo di Basaglia, o don Gallo quando in pochi lo conoscevano.

Notti 1Occasioni mancate o rimpianti?
Rimpianto nessuno. Occasioni mancate tante. Ti cito la prima che mi viene in mente: nel 2002 mi impegnai, con convinzione,  nella lista civica Mara per la nostra città. Quando Mara Scagni fu eletta sindaco, mi si presentò tramite contatti di amici quella che ritenevo una bella occasione per la città: ossia portare ad Alessandria il festival di musica di strada che si tiene a Ferrara. Attenzione: non si pensi a quattro strimpellatori improvvisati come se ne vedono ogni tanto, con il loro piattino. Stiamo parlando di un evento musicale di portata internazionale, con talenti spesso straordinari. E il vantaggio che avremmo potuto animare la città d’estate, e in maniera itinerante, distribuendo i concerti in giro per i quartieri. Il tutto a costo quasi zero, garantendo comunque agli artisti solo vitto e alloggio. Ebbene: non se ne fece nulla. Perché c’erano già prenotate le iniziative dei soliti amici, e amici degli amici. E poi i dirigenti comunali problemi legati a nuove iniziative preferivano evitarseli.

Insomma Sergio, la solita ignavia all’alessandrina. C’è qualche progetto nuovo a cui stai lavorando, e che ti piacerebbe concretizzare?
Sto lavorando ad un bel progetto di documentario che racconta Casale, e tutto il Monferrato attorno, attraverso una serie di opere d’arte simbolo, che consentono poi di allargare il discorso al territorio, alla sua offerta in termini eno-gastronomici e quant’altro. Ma, soprattutto, mi piacerebbe realizzare un film documentario sull’Alessandria meno nota e conosciuta. Girato completamente di notte, dalla sera fino alle prime luci dell’alba. Raccontando l’altra città, che c’è e magari si vede meno: ma è ricca di storie di persone, e di angoli suggestivi.

MariniInsomma, con l’occhio del regista a te Alessandria non sembra così brutta come spesso ci raccontiamo?
Alessandria non è brutta, in realtà: è autodistruttiva. Pensa all’abbattimento del Politeama Alessandrino, a cui ho fatto cenno. Ma anche alla cancellazione dell’altro cinema, lo Splendor, oppure alla distruzione del Teatro Marini (nella foto), in stile Liberty, per costruire il Teatro Comunale, monumento di cemento armato che ora è anche chiuso, ma è sempre stato un’oscenità dal punto di vista estetico. Ma potrei citarti l’ansia di abbattere un pezzo di storia come il ponte della Cittadella…o il fatto che l’identità militare della città, che in altri luoghi come Ravenna è diventata un valore, mentre qui è stata calpestata, cancellata. Diciamo che, se Alessandria è brutta, è perché gli alessandrini l’hanno fatta diventare così.

Ettore Grassano