di Mauro Remotti
Tra i molti (troppi) “tesori” alessandrini che si possono ammirare altrove, rientra a pieno titolo la carrozza che sarebbe stata utilizzata da Napoleone Bonaparte per partecipare alla cerimonia della sua incoronazione a re d’Italia a Milano nel mese di maggio del 18051.
Prima di arrivare nella città lombarda, Napoleone fece tappa a Marengo per assistere alla rievocazione dell’omonima battaglia. In tale occasione, secondo la memoria locale, una delle vetture del convoglio imperiale si ruppe. Non avendo né il tempo né gli attrezzi per ripararla, i palafrenieri decisero di abbandonarla.
Dopo il Congresso di Vienna, la carrozza venne in possesso di Maria Luigia, duchessa di Parma, che fece rimuovere i simboli e le armi napoleoniche, apponendovi il suo stemma. Intorno al 1845, Giovanni Antonio Delavo2l’acquistò ad un’asta, e la collocò in una villa in stile neoclassico, che fece costruire appositamente a Marengo per onorare la grandezza di Bonaparte. Risale probabilmente a quest’epoca lo stemma imperiale posto sopra quello di Maria Luigia al fine di “ri-napoleonizzare” la berlina.
Nel 1854, la riproduzione della carrozza trovò spazio nel volume Marengo et ses monuments, edito a Parigi durante il Secondo impero francese di Napoleone III. Purtroppo, soltanto tre anni più tardi, a causa di sopraggiunti problemi economici, Delavo fu costretto a privarsi della villa. La vendita all’incanto venne vinta dai fratelli Cataldi di Genova.
Nel corso del 1906, la carrozza comparì a Milano alla Mostra Retrospettiva dei Trasporti, realizzata nell’ambito dell’Esposizione internazionale che celebrava l’apertura del Sempione. «Oggetto d’ammirazione di tutti i visitatori», scrisse La Stampa il 1° febbraio di quell’anno.
Poco dopo la fine della Seconda guerra mondiale, vi fu un nuovo passaggio di proprietà della villa a favore dell’azienda Montecatini di Spinetta Marengo. I cimeli napoleonici, che si trovavano all’interno, vennero donati al Comune di Alessandria. Tra questi, però, mancava la carrozza, che era stata ricoverata in un cascinale del mediatore novese Edilio Cavanna. «Questi – scriveva La Stampa del 1° luglio 1950 – la espose in «un camerone, fra attrezzi da campagna e altri veicoli fuori uso», dove chi voleva poteva «visitare il cimelio dando una piccola mancia». Qualche anno più tardi, venne acquisita dall’antiquario torinese D’Agostino, che a sua volta la rivendette a Gustavo Adolfo Rol3.
Nel frattempo, la stampa locale iniziò a interessarsi all’intera vicenda4 – senz’altro confusa e poco trasparente – ponendo l’accento sul fatto che nessuna autorità pubblica cittadina si fosse seriamente adoperata per impedire che la carrozza finisse a Torino. Inoltre, avvertiva del possibile rischio di un ulteriore definitivo spostamento della stessa presso il Musee de l’Armee des Invalides di Parigi.
A questo punto, Rol ritenne opportuno regalarla all’Ordine Mauriziano, che la sistemò nella palazzina di caccia di Stupinigi. Dal 5 maggio 2021, in occasione dei duecento anni dalla morte di Napoleone, dopo essere stata oggetto di un accurato intervento di restauro, è esposta presso laScuderia Grande della Reggia di Venaria.
La carrozza – un vero capolavoro dell’artigianato francese –, realizzata a Parigi nei primi anni dell’Ottocento da Jean-Ernest-Auguste Getting5,appartiene al tipo di berlina più alla moda, arrotondato, detta caisse en bateau. Il Primo Impero aveva, infatti, ricreato le condizioni sociali ed economiche per la diffusione delle industrie del lusso, tra cui l’attività dei sellai-carrozzieri.
Di solito, Napoleone si serviva di due tipi di veicoli a cavallo: il primo, più pesante e accessoriato, veniva impiegato per i percorsi di guerra, l’altro, più leggero (a cui appartiene la berlina di Marengo), per i viaggi di ispezione nei vari dipartimenti all’interno dell’Impero.
Ma la carrozza in questione è stata davvero usata per trasportare Napoleone I? «Non lo sappiamo, non ci sono elementi. Io non credo, penso fosse una carrozza del corteo di Napoleone ma è solo un’opinione. Le carrozze del sovrano avevano di solito una corona o un apparato che le qualificava come tali. Ma non è una legge, potrebbe non essere così in questo caso. Si potrebbe pensare che anche questa aveva una corona, poi tolta per usarla con altre funzioni», risponde Andrea Merlotti, direttore del Centro Studi del Consorzio delle residenze reali sabaude, intervistato da Alberto Ballerino6.
In ogni caso, resta un pezzo pregiato, poiché in Italia non si trovano altre berline napoleoniche. Auguriamoci, quindi, che un giorno non lontano possa fare ritorno ad Alessandria, magari accolta nelle sale del Marengo Museum.
1Di diverso avviso Yann Deniau, autore di un articolo intitolato “Le vetture della Casa Imperiale”, pubblicato su La Revue de Napoléon (n°42, 2010),il quale afferma che la carrozza era in realtà una delle berline costruite per il matrimonio di Napoleone con Maria Luisa d’Asburgo-Lorena, celebrato presso il castello di Saint-Cloud il 1º aprile 1810. Questa ipotesi desta non poche perplessità, in quanto la carrozza non corrisponderebbe alla descrizione delle due berline consegnate dal carrozziere Gettingper questo sposalizio. Inoltre, resterebbe da spiegare in che modo sarebbe poi giunta in Italia.
2 Giovanni Antonio Delavo (1806-1899) farmacista alessandrino, fervido ammiratore di Napoleone.
3Gustavo Adolfo Rol (1903-1994) famoso “sensitivo” torinese e appassionato di storia napoleonica.
4 Il Pungolo, 10 febbraio 1955, articolo a cura di Enrico Reposi.
5Jean-Ernest-Auguste Getting (1766-1846), carrozziere parigino, lavorò per Napoleone e la sua corte. A lui si deve anche la berlina utilizzata nel 1804 per l’incoronazione imperiale a Parigi. Tra 1803 e 1815 costruì almeno quindici carrozze di diverso genere, tra cui cinque berline di gala.
6 Il Piccolo, martedì 25 maggio 2021.