“Credo che gli spazi per una politica di sinistra nel nostro Paese, Alessandria compresa, ci siano, e siano enormi. C’è una grande prateria tutta da conquistare, e un’ampia fetta di popolazione che chiede rappresentanza, a condizione di saper ripartire dal concetto di eguaglianza, e di redistribuzione delle risorse”.
Solo pochi mesi fa Giorgio Barberis, all’indomani della sua uscita dalla giunta di Palazzo Rosso, sottolineava come si fosse buttata al vento, in Comune, una grande occasione di vero cambiamento.
Oggi, dopo un’estate politicamente inquieta, e all’inizio di un autunno che si annuncia quanto mai incerto e dirompente, torna a raccontarci il suo punto di vista di intellettuale sempre più ‘engagé’, convinto che “un’altra politica, che si opponga al liberismo come unica ricetta possibile, è non solo percorribile, ma indispensabile”. E spazia, nelle riflessioni, dallo scenario nazionale (e non solo) alle emergenze di casa nostra: livelli diversi, ma in realtà assolutamente interconnessi.
Professor Barberis, la sinistra è morta, viva la sinistra? O c’è ancora spazio per una proposta alternativa ‘altra’ rispetto a logiche da grandi intese?
Cos’è la sinistra, scusi? Perché se non partiamo da un serio chiarimento semantico, perdiamo davvero tempo. Esiste oggi una manipolazione del linguaggio, da parte dei media, per cui si cerca talora di spacciare per sinistra il Pd, e allora siamo davvero fuori strada. Se sinistra significa ridare voce al conflitto sociale, in un modello occidentale, e italiano, in cui la ricchezza c’è, ma è sempre più concentrata in poche mani, allora io credo che di sinistra ci sia oggi un bisogno assoluto. Ma attenzione…..non più la sinistra degli anni Cinquanta, o quella degli anni Settanta. Una sinistra che guardi avanti, e non indietro, e risponda ai bisogni delle persone del 2013, e degli anni a venire. Che saranno tutt’altro che semplici.
Proviamo a recintare il discorso a livello Italia: la situazione è davvero così grave?
A mio avviso gravissima. Viviamo una fase di vera emergenza non solo economica ed occupazionale, ma sociale, destinata ad acuirsi. E il tentativo di uscirne attraverso politiche di restaurazione, chiamata ora larghe intese, mi pare stia miseramente fallendo. Non credo, naturalmente, che i politici o gli economisti restauratori siano tutti incompetenti. Ma allora mentono, sapendo di mentire: il Monti dell’uscita dal tunnel della crisi, o peggio ancora, il Monti che qualche mese prima, in tv mi pare da Lerner, faceva l’apologia del virtuoso modello ellenico, che invece di lì a poco sarebbe franato, sono immagini che ormai la dicono lunga sull’usura della parola, sul fatto che ormai il tritacarne mediatico macina tutto, e ha perso di credibilità. Del resto la vicenda delle grandi opere è un altro emblema del fallimento di questo sistema.
In che senso?
Nel senso che è chiaro a tutti che Tav e Terzo Valico sono opere inutili e con effetti devastanti per il territorio, oltre che con preventivi di costo assurdi. Eppure chi ancora le sostiene dice: è un modo per creare lavoro. Ma sono balle: è ampiamente dimostrato che, sul fronte Terzo Valico, investendo non 6 o 7, ma anche solo 1 o 2 miliardi di euro, si potrebbero rinforzare e ottimizzare le linee esistenti, e dar vita ad un vero recupero del territorio. Creando non meno, anzi forse più occupazione, e permanente. Ma naturalmente si tratterebbe, anche in questo caso, di ridistribuire le risorse in maniera assai più diffusa e trasparente, e non di concentrare enormi ricchezze (pubbliche) in pochissime mani private. Guardi, è ora di dirlo con chiarezza: non si tratta solo di creare nuova ricchezza, ma di ridistribuire quella esistente. L’Italia è già oggi un Paese ricchissimo, ma le risorse sono nelle mani di una porzione minuscola della popolazione, di un’èlite.
E questo non va bene. Le faccio un altro esempio, sul fronte industriale. Stando a quel che si legge, nel caso Ilva ci si potrebbe trovare di fronte ad un uso non sociale della proprietà privata, e una famiglia potrebbe aver infranto una serie di regole e disposizioni di legge, con gravissime ricadute per il territorio, e per i lavoratori. Ebbene, se così fosse quell’azienda andrebbe requisita, statalizzata. Per poi adempiere immediatamente a tutti gli obblighi di legge sul fronte dell’inquinamento e del danno ambientale.
E a Palazzo Rosso, professor Barberis? Lì che si dovrebbe fare, essendo la proprietà già pubblica?
Sul fronte Comune, ma direi anche Provincia, e enti locali in genere, il dibattito pubblico si è davvero impoverito, ed è sempre più manipolato. Mi spiego: un conto è sostenere che gli enti locali sono stati troppo spesso mal gestiti, generando sprechi, servizi di basso livello, e clientele. Fin qui, anche guardando a casi locali, è difficile non essere d’accordo. Altro discorso, e inaccettabile, è però utilizzare questa constatazione per dire: ‘smantelliamo ciò che è pubblico, privatizziamo tutto’. Temo che se anche a Palazzo Rosso prevalesse questo approccio liberista, avremmo effetti devastanti in primo luogo per l’occupazione, ma anche per la comunità in termini di servizi soppressi, perché non profittevoli. E in un momento come questo Alessandria di tutto ha bisogno, tranne che di nuovi disoccupati.
Lei ha lasciato l’incarico come assessore lo scorso aprile. Pentito, o non c’erano alternative?
Qual’era l’alternativa, per chi come me ama la politica e la città, ma se fa l’amministratore pubblico è soltanto per senso civico, e non certo per ambizioni personali? Vorrei che ricordassimo: Rita Rossa e la sua maggioranza di centro sinistra hanno vinto le elezioni, nel 2012, con un programma che diceva cose precise, puntuali, sul fronte della tutela dei lavoratori, come della partecipazione e della condivisione delle scelte con le parti sociali, e con tutta la cittadinanza. Quasi un anno e mezzo dopo, direi che nulla, ma proprio nulla di quanto promesso è stato mantenuto. E ad aprile i segni della volontà dell’amministrazione già c’erano tutti: non condividendo minimamente il metodo e i contenuti liberisti della giunta Rossa, che restavo a fare?
Guardiamo avanti professore: ora cosa può realisticamente succedere?
Quel che è certo è che finora abbiamo avuto zero partecipazione e coinvolgimento dei cittadini e delle parti sociali, e zero valorizzazione delle risorse interne, ossia del personale di Palazzo Rosso, tra cui esistono professionalità eccellenti, spesso non utilizzate appieno. Mi sembra che Rita Rossa e chi le sta attorno si siano rinchiusi nelle loro stanze, perdendo il contatto con la città. E peraltro, anche da dentro la maggioranza, segnali di malcontento ne sono arrivati diversi. Con tutto ciò, non credo che assessori e consiglieri saranno disposti a votare bilanci creativi, come fece il centro destra. Spero però che neanche decidano di presentare un bilancio riequilibrato sì, ma sulla pelle di centinaia di lavoratori: poco importa se comunali o delle partecipate. Meglio sarebbe dire a Roma: questa è la situazione, il riequilibrio può essere raggiunto, ma in tempi più lunghi, e senza massacrare i lavoratori. Il ministero potrebbe anche rifiutare questa logica, certo: ma a quel punto si assumerebbero loro tutte le conseguenze del caso. E credo che la città sarebbe al fianco di amministratori che avessero il coraggio di prendere una simile decisione.
Insomma, un sindaco di sinistra saprebbe anche puntare i piedi secondo lei, e magari disobbedire a Roma….
Assolutamente sì: anche se naturalmente meglio sarebbe stato avviare il processo per tempo, più di un anno fa. Ma come può, oggi, la politica alessandrina non fare i conti con una città al naufragio, depressa, rassegnata e ripiegata su se stessa? Serve uno scatto d’orgoglio, e di dignità: e una difesa dei beni e della cosa pubblica, non il loro definitivo smantellamento.
Lei Barberis continua e continuerà a fare politica?
Io faccio politica da quanto ero un ragazzo, e da sempre a sinistra, anche se senza aver mai preso una tessera di partito in vita mia. Certo che continuo a farla: la politica si fa nei movimenti, nelle riflessioni pubbliche, ovunque. E dovremmo farla tutti, non lasciarla ai mestieranti. Personalmente, sto guardando con interesse al progetto di difesa dei beni comuni portato avanti da personalità come Rodotà, Zagrebelsky, Landini, e il 12 ottobre sarò con loro a Roma, a manifestare in difesa della Costituzione. Credo anche che sia assolutamente necessaria la nascita di un soggetto politico forte, a sinistra del Partito Democratico. Che, lo dico da politologo, secondo me nei prossimi mesi andrà incontro ad una deflagrazione interna importante. Naturalmente il problema rimane il solito, di cui discutiamo da anni. Ossia a sinistra serve un soggetto davvero nuovo, non la somma di tanti partitini, capetti e leaderini, e fallimenti già vissuti. Speriamo di arrivarci presto.
Ettore Grassano