Barberis: “Rita poteva cambiare davvero tutto. E invece…”

Barberis 2“Giustizia, uguaglianza, libertà: i valori sono sempre quelli, e ci mancherebbe altro. Si tratta di costruire un nuovo soggetto politico, a sinistra del Pd, che riesca a dar loro concretezza, opponendosi alla vera e propria restaurazione in atto nel Paese”. Incontriamo Giorgio Barberis, politologo alessandrino che, per meno di un anno, e fino a poche settimane fa, è stato anche assessore alla Cultura del comune di Alessandria. Peraltro in un crescendo di disagio e dissapori con la linea enunciata dal sindaco Rossa (“ma con Rita i rapporti personali sono rimasti ottimi”), e conclusiva uscita dalla giunta. Il che, però, non significa abbandono dell’impegno politico: con forte attenzione per quanto sta succedendo a livello nazionale  e locale, e la convinzione che sia più che mai necessario riorganizzare una proposta politica di sinistra, “davvero alternativa a questo stato di cose”

Professor Barberis, partiamo dallo scenario nazionale: il governo Letta non incontra il suo gradimento, immagino…
L’asse Pdl Monti Pd fa semplicemente orrore, mi lasci utilizzare l’espressione più corretta. E il Partito Democratico si deve assumere, di fronte al Paese e all’elettorato di centro sinistra, la responsabilità di aver fatto naufragare l’ipotesi Rodotà come possibile presidente della Repubblica. Con tutto ciò che questo ha significato, fino alla loro attuale alleanza con Berlusconi.

Lei quindi pensa che sarebbe stata percorribile la strada di un’alleanza tra Pd eRodotà Stefano Movimento 5 Stelle?
Credo che si debba riconoscere al Movimento 5 Stelle di aver provato, in questi mesi, a dar voce alle richieste di cambiamento vero che sono arrivate, e arrivano, da un Paese ormai stremato. E candidando Rodotà, ossia un uomo di sinistra, che fu anche presidente dei Ds, e che è persona di valore e portatore da sempre di valori di laicità e trasparenza, hanno offerto al Pd il massimo di apertura al dialogo. A quel punto si è visto cosa è successo.

Ora a sinistra del Pd, in effetti, si apre una prateria, o un’autostrada. Ma chi saprà occuparla? E, soprattutto, si riuscirà ad andare oltre alla logica della frammentazione?
Me lo auguro, e sono assolutamente convinto che ci si possa riuscire soltanto superando i partiti esistenti, e le loro leadership. Ossia non si mettano in testa Vendola, Ferrero, Diliberto, e tantomeno Di Pietro, di poter essere gli interpreti di una nuova fase politica. Sarebbe l’ennesimo fallimento.

Lei da dove partirebbe?
Non dal nome del leader. Dico no alla logica, che è stata anche di Vendola e Di Pietro, per citarne due, del nome del singolo sui simboli elettorali, all’inseguimento di un modello berlusconiano di personalizzazione della politica. Ci sono, invece, due elementi imprescindibili. Il primo è la necessità di un modello di partito del lavoro, e dei diritti dei lavoratori, che potrebbe nascere e crescere attorno alla Fiom.  E poi l’attenzione per la costituente dei beni comuni. Intellettuali come Ugo Mattei e Marco Revelli, con il quale collaboro da lungo tempo, stanno lavorando in questa direzione, e credo che la figura aggregante potrebbe essere proprio Stefano Rodotà.

Landini StefanoChe però sembra un po’ anziano per poter diventare la guida operativa di un nuovo partito. E siamo di nuovo al problema del leader….
Sempre partendo dalle premesse precedenti sui rischi della deriva leaderistica, un nome che ritengo adeguato io glielo faccio: è quello di Maurizio Landini, leader della Fiom. Per tornare ad occuparci di temi concreti, e combattere in termini marxisti la rendita, e il privilegio. Ma partendo dalla realtà che ci circonda, con pragmatismo. Vuole un esempio locale?

Prego….
Le pare possibile che ad Alessandria ci siano tra i 4 e i 5 mila alloggi sfitti, e persone che sono proprietarie di decine o centinaia di case, mentre si parla di possibile sfratto per diverse centinaia di famiglie? Queste sono situazioni che vanno combattute, avversate. E lo si può fare se esiste un partito organizzato e forte che sta dalla parte dei salariati, e dei tantissimi precari, contro il capitale.

Barberis manifestazioneMarx che risorge, insomma.
Marx non è mai morto, sul piano della validità di molte delle sue analisi. Ma, ripeto, non si tratta di mettersi a fare convegni o dibattiti teorici: bisogna agire con concretezza, perché il disagio sta davvero esplodendo. E senza una lotta organizzata, ad una vera capacità di rappresentanza della parte più debole della società, verranno sempre più minati i pilastri del nostro welfare, e i diritti elementari dei cittadini, a prescindere dal loro reddito o censo.

Barberis, parliamo della sua recente esperienza di amministratore. Davvero pensava che potesse andare diversamente?
Sì, ci ho creduto, altrimenti un anno fa neanche ci avrei provato. Non sono un politico di mestiere, ho un lavoro che mi appassiona, e posso fare politica in tanti modi diversi, anche senza incarichi istituzionali. Se ho accettato di fare l’assessore è stato perché il sindaco Rossa, in campagna elettorale, aveva dichiarato una certa linea, ossia “nessuno sarà lasciato indietro”, ben diversa dalla posizione che, progressivamente, la giunta è venuta maturando, parlando più o meno esplicitamente di centinaia di esuberi. Ad un certo punto mi sono reso conto che, essendo in totale sintonia con i sindacati e i lavoratori, ma non con il sindaco e buona parte della maggioranza, il mio ruolo era divenuto insostenibile.

Fino ad oggi, però, fino a prova contraria in comune e nelle partecipateBarberis Puleio 2 licenziamenti non ce ne sono stati…
E speriamo non ce ne siano: anche se, ad esempio, la situazione dei 15 dipendenti del Tra è drammatica, e purtroppo assolutamente poco centrale nel dibattito pubblico.
Constato anch’io, peraltro, che nelle ultime settimane, dopo il decisivo viaggio a Roma dei lavoratori e dei sindacati, qualcosa sembra essere cambiato. Se non altro, alcune procedure liquidatorie sono state congelate. Temo, però, che si tratti più di un attendismo passivo, rispetto ad auspicate decisioni dello Stato centrale, che non una presa di posizione politica del sindaco e della giunta. E’ questo che non mi è piaciuto: non si è stati in grado, o meglio non si è voluto, lottare sul piano della politica, ispirandosi a valori di riferimento imprescindibili per una giunta che voglia dirsi di sinistra. Credo che Rita Rossa, proprio data la situazione di oggettiva emergenza, abbia perso una grande occasione.

Cosa intende? Ci faccia capire meglio…
Proprio la vicenda del dissesto, e le difficoltà enormi sul tappeto, potevano consentire, un anno fa, di lanciare un segnale forte e chiaro di cambiamento: in termini di linea politica, ma anche di nomine, in giunta come nelle partecipate e nelle fondazioni. Ma possibile che non fosse possibile trovare in città figure che rispondessero a criteri di competenza, e al contempo di cambiamento vero? Altro che il manuale Cancelli, e accontentare il tale e il tal altro, come sappiamo tutti essere avvenuto!

Barberis don GalloCrede che Rita Rossa riuscirà comunque a proseguire il suo mandato fino alla fine, e a migliorare la situazione?
Se il quadro normativo resterà questo, meglio sarebbe dimettersi con un gesto eclatante, piuttosto che prestarsi ad operazioni scellerate, e dai costi sociali altissimi. Credo però che, al di là del dissesto, questa sia oggi condizione comune a tanti enti locali, che stanno pagando, e pagheranno, un costo spropositato di fronte alla crisi, e all’incapacità dello Stato centrale di intervenire, se non scaricando il dramma sulle periferie. Torno a ripetere però: la questione è globale, e si chiama redistribuzione della ricchezza. Non è mica vero che l’Italia sia complessivamente un Paese povero, nonostante la contrazione del Pil degli ultimi anni. Il punto è che esiste una spropositata concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi soggetti. A scapito non solo dei poveri in senso classico, ma di una classe media che si impoverisce di mese in mese, e che rischia di veder “saltare” il sistema di diritti (alla casa, all’istruzione, alla sanità, alla pensione) conquistati in decenni di lotte. Da dove si deve ripartire, se non da qui?

Ettore Grassano