Pistis (Cardiologia Azienda Ospedaliera): “Il cuore, che macchina meravigliosa e complessa…”. Breve viaggio all’interno di una struttura di eccellenza

di Enrico Sozzetti

«La scelta di fare cardiologia? Perché sono sempre stato affascinato da quante leggi della fisica racchiude il cuore». Gianfranco Pistis, direttore della struttura complessa di Cardiologia dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria, sintetizza con queste parole non solo la scelta della specializzazione, ma soprattutto la complessità di un organo in cui alla biologia si affiancano l’elettricità, la meccanica e l’idraulica. Ed è proprio l’elettricità a finire sotto la lente di ingrandimento quando si parla di aritmie. La contrazione meccanica del muscolo cardiaco avviene infatti grazie a un impulso elettrico. Ma quando l’elettricità subisce un’alterazione ecco manifestarsi un’aritmia.

«L’aritmologia – spiega Gianfranco Pistis che guida una struttura che affronta quotidianamente casistiche dalla estrema complessità – è una branca specifica della cardiologia che ha registrato un notevole sviluppo negli ultimi anni grazie al crescente apporto della tecnologia». Ad Alessandria, centro all’avanguardia per il trattamento delle aritmie, l’attività ospedaliera si concentra su due fronti: l’ablazione e l’impianto di dispositivi.

Nel primo caso si interviene attraverso una vena o un’arteria della gamba, si introduce e si fa scorrere un catetere fino al cuore. Individuata l’area che genera le aritmie si interviene con lo stesso elettrocatetere che ‘brucia’ le cellule malate della parete interna del cuore (si parla di superfici di pochi millimetri). In questo modo si interrompe il circuito delle aritmie (alcune sono genetiche ed ereditarie) e in un’alta percentuale dei casi il problema è risolto quando ci si trova di fronte a un cuore strutturalmente sano.

L’ablazione utilizza la radiofrequenza (energia calda), mentre per un numero ristretto di casi si può ricorrere alla crioablazione. I sistemi di mappaggio consentono di ricostruire il cuore in modo tridimensionale, visualizzandolo su uno schermo, per assicurare la massima precisione dell’intervento. Oggi le ablazioni ad Alessandria vengono eseguite anche su bambini e neonati di pochi mesi, senza l’utilizzo di raggi X, solo attraverso le mappe tridimensionali, per questo definite “procedure a raggi zero”.

Mediamente sono eseguite circa duecento ablazioni all’anno, ma con la piena attivazione delle nuove sale operatorie è previsto un ulteriore incremento degli interventi.

La casistica delle aritmie è però molto più complessa di quello che potrebbe apparire. Vi sono infatti quelle sintomatiche, ma anche quelle che non si sentono. Un esempio è rappresentato dall’extrasistole che è una patologia piuttosto frequente. Molti sono portatori senza saperlo perché nella maggior parte dei casi non dà sintomi e spesso viene scoperta unicamente nel corso di accertamenti per altri problemi. «In questi casi il principale metodo diagnostico – sottolinea Pistis – è rappresentato dall’holter cardiaco. È un’indagine non invasiva e indolore che attraverso una serie di elettrodi, collegati a un elettrocardiografo portatile a batteria che permette di registrare l’attività elettrica del cuore per un periodo di tempo prestabilito». Non bisogna mai dimenticare che l’aritmia si può diagnosticare unicamente con l’elettrocardiogramma.

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L’altro fronte di intervento è quello dei device. Nel laboratorio di elettrofisiologia vengono impiantati pace-maker, defibrillatori e dispositivi per la resincronizzazione cardiaca, sono eseguite estrazioni di device ed elettrocateteri. «Nonostante questi dispositivi abbiano una lunga storia alle spalle, i pacemaker sono usati dagli anni Cinquanta e i defibrillatori dagli anni Novanta del secolo scorso, la loro tecnologia è in continua evoluzione con vantaggi decisamente importanti sia in termini di maggior efficacia nella cura delle aritmie sia in termini di riduzione dell’invasività nell’impianto sui pazienti. Oggi vi sono pacemaker senza fili, ‘avvitati’ direttamente all’interno del cuore». Il pacemaker regolarizza e tiene sotto controllo i battiti del cuore. Le tipologie sono tre: monocamerale (composto da un solo elettrocatetere posizionato nell’atrio o nel ventricolo destro); bicamerale (composto da due elettrocateteri posizionati uno nell’atrio destro e uno nel ventricolo destro); biventricolare (composto da tre elettrocateteri collegati uno all’atrio destro, uno al ventricolo destro e uno al ventricolo sinistro).

I defibrillatori intervengono principalmente sui battiti alti. Riducono il rischio di morte cardiaca improvvisa e sono utilizzati sia in pazienti che hanno già avuto aritmie(profilassi secondaria) sia in pazienti con patologie cardiache a rischio di sviluppare aritmie pericolose per la vita(profilassi primaria). Anche per i defibrillatori (che possono essere mono, bi e tricamerali) è disponibile una versione senza cateteri all’interno al corpo. Per il loro inserimento è previsto il supporto di bioingegneri, presenti in sala operatoria, presenti anche per i casi di ablazioni particolarmente complesse.

I primi defibrillatori degli anni Novanta pesavano due o tre etti, oggi al massimo settanta grammi, mentre un pacemaker non supera o venti grammi.

Ad Alessandria, mediamente, vengono impiantati duecento pacemaker e settanta / ottanta defibrillatori all’anno.

«Appare evidente come la rapida evoluzione tecnologica metta a disposizione nuovi device e nuovi sistemi in grado migliorare le possibilità terapeutiche anche nei pazienti più critici e più complessi. In questo contesto – afferma Pistis – la cardiologia di Alessandria ha il compito, quale centro di hub di riferimento, di assicurare ai cittadini anche gli interventi più sofisticati e complessi».

Della struttura complessa di Cardiologia fanno parte, oltre all’Elettrofisiologia, anche l’Unità Coronarica, l’Emodinamica, e gli ambulatori.