Marco Neri: “Vi racconto trent’anni di lavori pubblici alessandrini: ponti compresi!”

SONY DSCLe sue dimissioni ufficiali e irrevocabili da vice presidente Amag sono arrivate venerdì, ma erano nell’aria già da qualche giorno. Del resto l’ingegner Marco Neri lo aveva sempre detto: “ho accettato per spirito di servizio, perché me lo hanno chiesto, e del tutto gratuitamente. Il mio lavoro è un altro, e mi impegna non poco”. Incontriamo lo storico ‘ingegnere capo’ del comune di Alessandria nel suo ufficio, al quarto piano di Palazzo Rosso: “è uno dei locali più caldi dell’intero stabile, porti pazienza: ma con l’aria condizionata spenta si risparmiano altri 50 mila euro, complessivi. Ed è sacrosanto che non si facciano eccezioni”. Neri è dipendente del comune dal 1984, e da molti anni figura apicale dei Lavori Pubblici (“a parte una piccola parentesi che non ho scelto io”, sorride in riferimento al trasferimento ‘d’ufficio’ di circa un anno e mezzo, nella fase finale del mandato Fabbio). Oggi la sua qualifica ufficiale è direttore delle Infrastrutture e Protezione Civile, e con lui proviamo a ripercorrere trent’anni di scelte e investimenti dell’ente, analizzando l’evoluzione del rapporto tra dirigenza e politica, ma anche affrontando alcune criticità di oggi: dal ponte Meier (anzi: nuovo Cittadella) alla situazione del manto stradale, e del patrimonio immobiliare del comune.

Ingegner Neri, cominciamo dalla fine: dimettendosi dalla vicepresidenza Amag haAmag sede alessandria tagliato la testa al toro, come si dice in questi casi.
Direi che non c’era altro da fare, e non solo per le valutazioni del segretario comunale. Da settimane avevo segnalato al sindaco che, avendo accettato l’incarico per vero spirito di servizio, ero pronto in ogni caso a farmi da parte in qualsiasi momento, se anziché d’aiuto fossi diventato di peso. Ora le mie dimissioni sono irrevocabili: ma altro che caduto da cavallo, come ha ironizzato qualcuno. Semmai ho fatto un triplo salto mortale con avvitamento, e ‘atterraggio’ in perfetto equilibrio. Ma guardiamo avanti, che gli impegni da affrontare qui a Palazzo non mancano.

Prima di guardare avanti, ingegnere, ci aiuti a fare un piccolo excursus storico sull’evoluzione del rapporto tra dirigenza e politica negli enti locali. Lei è entrato a Palazzo Rosso nel 1984, a 28 anni: è quasi una memoria storica…
Insomma, mi sta dicendo che sono vecchio? In effetti me lo hanno fatto notare anche in consiglio comunale, di recente: in realtà l’attuale gruppo di 8 dirigenti dell’ente è tutto più o meno costituito da coetanei. Il che significa che, con le attuali regole pensionistiche, dovremo lavorare ancora 9 o 10 anni, ma poi si porrà un problema di ricambio ‘in blocco’,  a cui bisognerà pensare per tempo. Comunque sì: sono stato assunto dal comune di Alessandria nel 1984, in piena prima repubblica.

Era meglio o peggio?
Al di là della classica nostalgia del passato, e del bel tempo andato, era del tutto diverso. Gli amministratori venivano scelti tra gli eletti in consiglio comunale (molto più numeroso di oggi), e il consiglio eleggeva anche il sindaco. Gli assessori avevano allora un ruolo gestionale attivo e riconosciuto: facevano azione amministrativa diretta, prendevano decisioni e le firmavano, presiedevano le commissioni di appalto e quelle di concorso.

Calvo FrancescaCon tutto quel che ne conseguì però: dalla lottizzazione non solo delle assunzioni ma persino delle sedie e di ogni tipo di attività. Fino allo schianto finale di Tangentopoli…..
Verissimo, ci fu la deriva che sappiamo. E, ad Alessandria in particolare, ci fu un’esperienza radicale, in questo senso. Ossia l’arrivo di un commissario, dopo una serie di sindaci che durarono ognuno pochi mesi, e poi naturalmente l’ascesa della Lega, e l’elezione del sindaco Calvo. Che, lo dico con l’affetto e la stima che si deve ad una persona che poi ha dimostrato di sapersi prendere responsabilità importanti, davvero fu chiamata a fare il sindaco mentre era a casa a stirare le camicie, o quasi. In ogni caso, la vera svolta sul piano gestionale fu un’altra…

Quale?
L’applicazione della legge 142 del 1990, sull’ordinamento delle autonomie locali, e poi delle leggi Bassanini degli anni Novanta. E’ lì, naturalmente attraverso un processo che richiese tempo, che il dirigente dell’ente locale assunse un nuovo ruolo, più centrale e ricco di responsabilità. Ad Alessandria ciò coincise con i due mandati del sindaco Calvo, che furono certamente decisivi per la città. Segnati prima dalla tragedia dell’alluvione, poi da una fase di ricostruzione molto dinamica, naturalmente anche aiutata dall’arrivo di ingenti risorse statali.

La sensazione è che gli alessandrini reagirono all’alluvione con assai maggiorvignette_fabbio_blog determinazione di oggi, di fronte al dissesto dell’ente, e di una parte dell’economia cittadina..
Vero, c’era in tutti una voglia di ripartire, e la convinzione che ci si sarebbe riusciti, insieme e senza troppe polemiche. Oggi tutto ciò sembra mancare. Arrivarono peraltro allora rapidamente, da Roma, 150 miliardi di lire al Comune, per la ricostruzione della città, e credo 170-180 miliardi per  i risarcimenti ai privati: e anche lì, con polemiche e truffe accertate assolutamente marginali, che si contavano sulle dita di una mano. Quelle risorse furono un volàno straordinario per la città, non possiamo negarcelo. Poi, negli anni duemila, con i mandati Scagni e Fabbio, si tornò per così dire ad una gestione amministrativa ordinaria della città. Fino all’esplosione della situazione che stiamo vivendo oggi.

Lei, in questi decenni, si è occupato di un aspetto essenziale, ossia i Lavori Pubblici. Con un leitmotiv di fondo: i ponti. Del resto Alessandria è città fra due fiumi, no?
Le racconto un aneddoto personale: avrò avuto 22 o 23 anni, studente di ingegneria civile a Genova. C’era un esame, Costruzione di ponti. ‘Si, va beh’, ci diciamo con un amico, ‘ma a noi quando mai capiterà di costruire un ponte?’, e lo togliamo dal piano di studi, sostituendolo con un altro esame. E, naturalmente, i ponti sono stati poi una costante della mia vita professionale successiva. Succede sempre così.

Ponte CiittadellaPonte Tiziano e ponte degli Orti sono andati via ‘lisci’, diciamo. E’ sul Cittadella che si è costruita una telenovela, vedremo se a lieto fine…
Sì, il Tiziano è stato costruito ex novo, e sull’abbattimento e ricostruzione del ponte degli Orti nessuna polemica. Il Cittadella invece ha avuto davvero un percorso tormentato. E’ dai tempi della giunta Calvo che si progetta il nuovo ponte, tra infinite polemiche, e tanta indecisione della politica. Sì figuri, per citare un esempio e un ricordo, che quando si insediò, nel 2002, il sindaco Scagni il ponte era chiuso, dall’aprile mi pare, per mia decisione. Era pericolante, c’è poco da aggiungere. E mi scontrai subito col  nuovo sindaco, che m chiese di riaprirlo immediatamente: come se lo avessi chiuso, e lo avessi dovuto riaprire, per ragioni di propaganda politica, insomma. Ma non era così, e mi rifiutai.

Anche di recente c’è stata qualche polemica sui costi di manutenzione, nel tempo, del vecchio Cittadella. Come stanno le cose?
I monitoraggi sono costati, nel tempo, un mare di soldi. Ma non esistevano alternative, che non fossero i controlli e gli interventi continui, per tenerlo aperto. Consideri che il ponte Cittadella fu declassato, per gravi problemi di fondazione, già nei primi anni Ottanta. Da lì in poi, si sono via via resi necessari interventi costanti di controllo e manutenzione, in attesa di scelte politiche definitive. Da questo punto di vista, la decisione di Piercarlo Fabbio di procedere con l’abbattimento, fu probabilmente un epilogo necessario, e non più prorogabile. Anche perché davvero il 26 aprile del 2009 la Protezione Civile voleva minarlo, il vecchio Cittadella. E poi c’era in corso una grande inchiesta della Procura sulla sicurezza in città, con diversi rinvii a giudizio sul fronte dell’Autorità di Bacino. Insomma, si era davvero arrivati alla fine di un ciclo, di un percorso. Anche se sul tema di tuttologi (alcuni in buona fede e altri meno, probabilmente) ne abbiamo sentiti troppi. George Bernard Shaw diceva: “diffida della falsa conoscenza, è peggiore dell’ignoranza”.

Ingegnere, parliamo di numeri. Quanto è costato il vecchio ponte Cittadella agliPonte Meyer alessandrini, nel tempo, e quanto costerà il nuovo?
Ci fu, nel 1997, un finanziamento iniziale di 15 miliardi di lire, quindi quasi 8 milioni di euro. Circa 2 milioni di euro sono ancora a disposizione per il nuovo progetto, mentre 5 milioni e mezzo di euro sono stati spesi, nel tempo, per il progetto del ponte Meier, il monitoraggio e il consolidamento nel tempo del vecchio ponte, e il suo abbattimento. Il nuovo ponte invece costerà 18,2 milioni di euro, reperiti perlopiù grazie al Pisu (il piano integrato di sviluppo urbano) finanziato dalla Regione con fondi europei. I tempi sono certi, dettati appunto dall’agenda del Pisu: in questi giorni saranno completati i pali di fondazione lato città, e poi si passerà a quelli interni al fiume, e dal lato Cittadella. Ci si ferma giusto la settimana di Ferragosto. A gennaio tutte le fondazioni saranno pronte, e poi verrà montato il ponte. Che sarà pronto entro la fine del 2014. Lo vuole un altro aneddoto, legato agli anni Novanta e al ponte Meier?

Marchiaro FrancoVolentieri…
Quando, nel 1997, mi accusavano di andare a fare le ferie a New York a spese del comune mi veniva da ridere. Ci sono tutti gli atti che testimoniano che facevo trasferte folli, che oggi non riuscirei a reggere fisicamente. In pratica stavo via una sola notte, e a parte le riunioni fissate passavo il tempo in aereo. Tanto che mi divertivo a prendere il caffè con Franco Marchiaro, indimenticabile firma de La Stampa, appena prima di partire, e appena rientrato. Senza che lui neanche si accorgesse che ero stato via.

Ingegner Neri, ponti a parte, che dobbiamo aspettarci sul fronte strade, ad esempio?
Dovremmo riuscire ad effettuare, a breve, altri 700-800 mila euro di interventi di manutenzione,  a partire naturalmente dalle vie più trafficate. So bene che, soprattutto in periferia, esistono situazioni delicate: ma Alessandria ha 270 chilometri di strade comunali, e di questi tempi e con queste risorse è dura arrivare ovunque. Senza contare che il Comune ha anche 50-60 immobili di proprietà, dalle varie scuole a questo Palazzo, che meriterebbero interventi ben diversi, e non di sola emergenza o messa in sicurezza. In realtà l’unico progetto di livello oggi realizzabile è quello legato al Pisu: risorse da spendere al meglio, anche se naturalmente legate alla valorizzazione di un’area specifica della città, quella di Borgo Cittadella.

Ingegner Neri, spesso si polemizza sugli stipendi ‘da favola’ dei dirigenti comunali.SONY DSC Il sito dell’ente, però, informa che lei è passato, dal 2008 al 2012, da un lordo di 142 mila euro ad un lordo di 99 mila. Si sente un privilegiato?
Certamente, a fronte degli stipendi degli impiegati dell’ente, lo sono. Ma vorrei precisare che stiamo parlando di uno stipendio netto mensile che oggi è di 3.700 euro, 13 mensilità. E che anche anni fa arrivava a 4.700 netti mensili. Insomma, non stiamo parlando di stipendi da nababbi: e va considerato che un dirigente pubblico è esposto in prima persona ad una serie di rischi. Di tasca mia, ad esempio, pago 600 euro annui di assicurazione professionale, e sono soggetto a possibili sanzioni, anche penali, sul fronte della sicurezza dei lavoratori che operano nel mio settore di competenza. Consideri che sono a capo di un’area del Comune che vede impegnati oltre 100 lavoratori dell’ente. Come una piccola azienda,  con tutte le responsabilità annesse.

Ettore Grassano