I 5 Stelle hanno davvero perso le recenti elezioni amministrative? E sono un partito “fiammata”, destinato ad un rapido declino, o un partito “incendio”, come fu la Lega Nord, per intenderci, ossia destinati a durare nel tempo e a radicarsi nello scenario politico?
Sono domande che in tanti ci poniamo, e che ieri il professor Bruno Soro, da economista da sempre attento alle dinamiche della politica, ha analizzato da par suo. Leggetevi almeno un paio di volte il suo editoriale, ne vale la pena.
Noi, da osservatori appassionati abituati a “fiutare l’aria” della politica dal basso, sia pur senza l’ausilio di strumenti analitici raffinati, qualche idea ce la siamo fatta, e la nostra opinione è semplice: i 5 Stelle sono stati gli unici a dar voce al malcontento popolare, di fronte alla cancrena parassitaria del ceto politico della cosiddetta seconda repubblica (assai peggiore della prima, di cui pure fu figlia legittima). Rappresentano, quindi, la sola novità, o anomalia, in uno scenario politico da Paese moribondo e avvitato su se stesso, in costante e meritatissimo declino.
Però il Movimento di Grillo è pieno di limiti, difetti e contraddizioni, che erano ben visibili già almeno un anno fa, quando i 5 Stelle cominciarono ad “esplodere” alla precedente tornata amministrativa. Vediamone almeno due fra i più evidenti, di questi limiti:
1) il front man, Beppe Grillo, ha consentito una rapida crescita, e sa fare spettacolo come pochi. Ma il suo rimane, appunto, lo spettacolo di un cabarettista, di un comico che ha scelto di contrapporsi ad un sistema (marcio, malato, corrotto: ma soprattutto ormai consunto, e a cui nessuno crede più) attraverso la leva della denigrazione e dell’insulto. Magari a corrente alternata, vedi il caso Rodotà. Il che, naturalmente, può portare alla fiammata di consenso, ma alla lunga stanca. E ha già stancato.
2) La scelta di negare la necessità, in politica, di una classe dirigente basata sulle competenze è fallimentare. C’è chi ha scomodato Lenin, e le sue affermazioni sulla cuoca al governo, contenute in “Stato e Rivoluzione” (1917).
Ma Casaleggio non è Lenin, e l’Italia di oggi non c’entra nulla con la Russia di un secolo fa.
Per cui, restando sempre con i piedi per terra, fin dallo scorso anno, quando anche a livello locale mi facevano l’elenco dei “simpatizzanti” 5 Stelle costretti a dare una mano “dietro le quinte” perché rei di aver già svolto attività politica in questo o quel partito (magari vent’anni prima, peraltro), a me scappava da ridere.
Credo che alla base ci fosse l’idea: “se portiamo in Parlamento gente ‘scafata’, quelli ci usano come autobus, e ci mollano dopo 6 mesi”. Sciocchezze: perché il fenomeno si verificherà comunque (ed è la Costituzione, a torto o a ragione, a consentirlo), e soprattutto perché pensare che chiunque può fare qualsiasi cosa, e che se a Roma ci sono andati Scilipoti e Grassano (l’omonimo, si intende) ai 5 Stelle sarebbe bastato ‘imbarcare’ persone perbene, del popolo, magari con una laurea in tasca, si sta dimostando un boomerang. Un patetico ultimo giro di giostra da regime in disfacimento, non certo la svolta, la conquista del Palazzo d’Inverno o altre simili frescacce. Del resto siamo ormai la società dei “todos caballeros”, e non solo in politica: e i risultati del dilettantismo permamente ognuno li può percepire chiaramente, a partire dal proprio settore professionale di riferimento.
Tutto cio premesso, i 5 Stelle saranno un partito “fiammata”, e si spegneranno rapidamente? Oppure sapranno radicarsi nel Paese, e anche darsi un assetto e un personale politico (che non vuol dire mestieranti: vuol dire compentenza vera, e abbandono di tanti atteggiamenti demagogici) all’altezza delle ambizioni?
Se non ha fatto una previsione “netta” il professor Soro (propendendo per uno scenario “impredicibile”), figuratevi noi. Ma due aspetti vale ancora la pena sottolinearli:
1) Alle recenti amministrative il Movimento 5 Stelle non ha “sfondato”, ma neppure ha perso clamorosamente: anzi, è entrato nei consigli comunali di Roma, e di numerose medie città, dove prima non era presente. I vantaggi di chi parte dal “prato verde”, insomma.
2) Non capisco cosa abbiano da “gongolare” Pd, Pdl e loro alleati. Hanno letteralmente divorato e distrutto il Paese, e se qualche anno fa si presentavano come alternativi tra loro ora sono costretti, per sopravvivere, alla grande ammucchiata, e a nascondersi dietro a leggi elettorali “col trucco”. Non riescono ad avviare nessun processo di reale rigenerazione, e tanto meno a proporre soluzioni per salvare il Paese (e la popolazione) dalla bancarotta. Eppure, con l’appoggio di pressoché tutta la stampa al loro servizio (chissà come mai poi gli italiani, cattivi e ignoranti, i giornali non li comprano e leggono più!), gongolano per aver arginato il ciclone Grillo. Non sarebbe meglio invece chiedersi cosa farà, a partire dai prossimi mesi, la netta maggioranza di italiani che (si veda un’altra bella precedente analisi del professor Soro) non si identifica nella classe dirigente che ha espresso il minoritario governo Letta?