“«chi troppo in alto sal, cade sovente precipitevolissimevolmente»,
l’eccessiva ambizione può portare in fretta alla rovina.”
DISC, Dizionario Italiano Sabatini Coletti.
Il fenomeno “Movimento Cinque Stelle” sta suscitando, giustamente, un notevole interesse. Con la consueta lucidità, Franco Livorsi, esperto di Storia delle dottrine politiche, ne ha fornito recentemente una interpretazione in chiave psicologico-analitica, collocandolo nel contesto della storia politica italiana (Critica marxista, n. 2, marzo-aprile 2013). Nonostante risalga a prima del “capitombolo di Grillo” alle recenti elezioni amministrative, tale interpretazione merita un’attenta lettura da parte di quanti hanno a cuore le sorti della nostra democrazia.
Frutto di una full immersion nella documentazione disponibile sulla rete nonché di una attenta lettura degli instant books apparsi negli ultimi tempi, da quell’analisi emergono tre caratteristiche che accomunerebbero il M5S ai movimenti rivoluzionari del XXI secolo: una forte istanza moralizzatrice della politica; una forte istanza ecologista e una forte istanza di democrazia diretta. Dopo un’efficace sintesi delle prove che “la classe politica, pur già in grave crisi, si è trovata a dover affrontare” a seguito dell’esito delle recenti elezioni politiche, e previa una prudenziale affermazione che “non si sa né si può sapere bene quello che accadrà”, Livorsi giunge alla non auspicabile conclusione che se il Governo Letta-Alfano, frutto dell’accordo PD-PDL, non dovesse riuscire “per inettitudine, divisioni o eccesso di difficoltà, e se la grande crisi economica non finirà presto, il M5S tra un anno arriverà, grazie a tali scelte di accordo tra PD e PDL, al 35% dei voti, andando al potere. Oppure la destra tornerà al potere”.
A commento della pesante sconfitta elettorale del M5S alle recenti amministrative, il sociologo Luca Ricolfi si interroga invece a quale tipo di movimento il fenomeno dei Cinque Stelle possa essere ricondotto, se ai cosiddetti «movimenti-fiammata», come quello dell’Uomo Qualunque, o della “mai veramente nata Alleanza democratica”, oppure alla tipologia dei «movimenti-incendio», quelli “che nascono all’improvviso ma durano nel tempo, come sono stati la Lega e Forza Italia” (“La fiammata dei Cinque Stelle”, su La Stampa di venerdì 31 maggio). In virtù dei comportamenti e degli equivoci che hanno preceduto e preparato la “batosta elettorale”, Ricolfi propende per la prima ipotesi. A suo modo di vedere, infatti, Beppe Grillo avrebbe sottovalutato il fatto “che la maggior parte degli elettori non sono né fanatici, né dei militanti”, ragion per cui essi non avrebbero compreso perché il M5S abbia “ostacolato in ogni modo la nascita di un governo (e l’elezione di un Presidente della Repubblica, aggiungerei io) compatibile con il risultato elettorale”. Il movimento avrebbe inoltre sottovalutato l’importanza che gli elettori attribuiscono “a due virtù: la competenza e lo stile”. In altri termini, essi non si accontenterebbero “di essere governati da gente semplice e onesta, ma vorrebbero anche che i politici che li rappresentano fossero competenti, esperti e persino educati”.
Infine, terzo (e fatale) equivoco, il M5S parrebbe non aver compreso “né la natura della Rete né la natura della democrazia”. A questo proposito Ricolfi sottolinea come la Rete (con la maiuscola perché considerata da alcuni una sorta di divinità), sia “uno strumento comodissimo e utilissimo (…), ma è anche fonte di innumerevoli effetti collaterali negativi”. Non solo il movimento – scrive Ricolfi – “deifica la Rete, ma sogna un mondo in cui tutti possano partecipare a un innumerevole insieme di decisioni grazie al voto elettronico. Un mondo in cui la democrazia diretta, che qualche volta ha funzionato in piccole comunità, trionfa sulla democrazia rappresentativa, inventata per governare comunità grandi e complesse”. In questa analisi l’accento è posto su due questioni tra di loro strettamente correlate: i meccanismi interni di funzionamento della Rete e la natura del sistema sociale dominata dalla complessità: due questioni che, interpretate alla luce della cosiddetta “fisica sociale”, consentono una spiegazione alternativa sia della rapida ascesa del M5S che dell’esito non certo brillante che questo movimento ha ottenuto nelle recenti elezioni amministrative.
Nella sua Introduzione a “La scienza delle reti” (Einaudi, Torino 2004), Albert-László Barabási, uno tra i più prestigiosi studiosi della materia, ci avverte che “Oggi ci rendiamo sempre più conto che niente succede isolatamente; fenomeni ed eventi sono perlopiù connessi con innumerevoli altri pezzi di un puzzle universale, si causano l’un l’altro e interagiscono fra loro. Ci accorgiamo ormai di vivere in un mondo piccolo, in cui ogni cosa è collegata alle altre. È in atto una rivoluzione dove scienziati di ogni disciplina scoprono che la complessità ha un’architettura ben precisa. Siamo arrivati a capire l’importanza delle reti”.
A qualche anno di distanza, in “L’atomo sociale. Il comportamento umano e le leggi della fisica” (Mondadori, Milano 2008), il fisico teorico Mark Buchanan ha proposto una interessante visione in termini di «fisica sociale» della società e delle regole che la governano. Essa coniuga la teoria delle «reti sociali», che fornisce una plausibile interpretazione della rapidità con la quale si diffondono le informazioni (siano esse positive o negative) con la teoria della complessità, la quale suggerisce l’esistenza di strutture prevedibili che emergono in un gran numero di eventi con applicazioni nelle più disparate discipline (fisica, chimica, biologia, ma anche nelle scienze sociali).
La teoria delle reti sociali è incentrata sulle relazioni che si stabiliscono tra un certo numero di individui «innovatori», sul tipo di quei “ragazzini che fiutano le tendenze prima che diventino mode, gli artisti e gli intellettuali che captano le idee prima che noi le assorbiamo da libri, film e riviste”, in grado di lanciare un nuovo prodotto (o una nuova idea) ad un folto seguito di altri individui i quali verranno rapidamente coinvolti nel fenomeno. Superata una certa soglia, il fenomeno stesso crescerà in maniera fulminea fino a raggiungere un massimo, dopo di che, attraendo ormai soltanto più i ritardatari, precipiterà altrettanto rapidamente [Barabási (2004), p. 139]. L’esistenza di una struttura sociale emergente (che nel nostro caso si potrebbe rappresentare con un’immagine avente la tipica forma di una campana), non costituisce tuttavia una spiegazione del fenomeno, ovvero per quale motivo gli individui (gli «atomi sociali») si comportino come se si muovessero in sincronia.
Al centro della visione dei fenomeni sociali descritti dalla «fisica sociale», stanno due importanti concetti: quello di «struttura» e quello di «autorganizzazione». All’interno del primo gioca un importante ruolo il processo di imitazione, un processo basato su forme di interazioni «deboli», quelle che ci uniscono “in gruppi di compratori di cellulari” di ultima generazione, e di interazioni «forti», associate invece ai sentimenti di “fiducia e diffidenza, rancore e invidia, odio aperto e animosità, sentimenti di dedizione e responsabilità”. In aggiunta a tutto ciò i comportamenti improntati alla competizione e alla cooperazione favoriscono l’insorgere di “strutture collettive estranee alle intenzioni di ogni singolo individuo”, sulle quali però “certi individui” che posseggono il potere di organizzare e manipolare le azioni degli «atomi sociali» possono assumere “uno spaventoso potere sulla storia umana”. Il concetto di «autorganizzazione» attiene invece a quella forma di evoluzione spontanea del sistema che emerge dal comportamento degli individui, basato sul fatto che gli «atomi sociali» interagiscono tra di loro, possedendo nel contempo una forza di “direzione” che esercita sugli altri un’influenza che tende a farli allineare (la qual cosa spiega, ad esempio, l’insorgere di fenomeni come la ola o il repentino cambiamento di rotta del volo degli uccelli). “Riconoscendo l’importanza di strutture, feedbak e autorganizzazione nel mondo sociale – scrive ancora Buchanan – le idee della fisica sociale stanno iniziando a rendere questo tipo di scienza applicabile al mondo umano”.
Ha forse ragione Ricolfi quando, con riguardo al fenomeno “Movimento Cinque Stelle”, propende per l’ipotesi del «movimenti-fiammata» anziché per quello tipo «incendio», ma ha sicuramente ragione Livorsi nel sostenere che, per quanto riguarda l’evoluzione del M5S, “non si sa né si può sapere bene quello che accadrà”. L’evoluzione dei fenomeni complessi, alla categoria dei quali questo movimento sicuramente appartiene, è per sua natura, almeno per quanto al momento se ne sa, impredicibile.
bruno.soro@unige.it