Grigi: di notte tutti i gatti sono neri, ma sempre gatti (o terzini) sono…

Grigi: dal libro Cuore alla tragedia del Poseidon CorriereAldi Jimmy Barco
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Mi devo scusare con i miei affezionati lettori perché domenica scorsa, in sede di commento della pessima partita del Mocca, tra le altre cose ho scritto che Badan era stato presentato in sede di campagna acquisti come difensore centrale e non, come invece è avvenuto, come difensore laterale e, visti i siti specializzati, descrivono le caratteristiche del ragazzo come un terzino della difesa “a quattro”, quindi difensore puro.

Sarebbe interessante ora fare una disquisizione tecnica fra le caratteristiche tecniche tipiche di un “quinto” (esempio classico Kalombo del Pro Piacenza, che avete visto giocare al Mocca due settimane fa) e un terzino laterale invece vocato alla difesa “a quattro” (esempio Celjak, il quale in tre anni di militanza mandrogna non ha mai giocato quinto, tranne che in emergenza e sempre a partita in corso).

Ed è ancor più curioso che il nostro Tentoni, titolare il pectore del ruolo di laterale destro della nostra difesa a quattro e ora infortunato, abbia invece le caratteristiche proprie di un quinto. Le differenze fra un difensore di una linea a quattro (non a caso detta anche ultima linea…) e un quinto non sta, come qualcuno può credere, nella posizione in cui il mister lo piazza in campo (un po’ più avanti o un po’ più indietro) bensì nelle caratteristiche tecniche e fisiche del giocatore stesso.

Le differenze si possono notare in campo, tra l’altro, dalla postura dei piedi e del corpo del giocatore quando sta per essere attaccato. Quella del quinto è la postura più vicina a quella di un centrocampista, a suo agio nel costringere l’avversario in possesso palla a deviare la sua corsa anziché, come fanno i difensori puri, anticipare il takle o, se in ritardo, scappare all’indietro. L’altra grande differenza fra un quinto e un difensore puro è l’attacco della profondità quando sale la squadra e una certa capacità da parte del quinto di entrare in mezzo al campo per dare una mano ai propri centrocampisti in sofferenza, cosa che non è nelle corde di un difensore laterale puro.

Ciò detto, la sostanza non cambia: domenica contro la modesta e stanca Lucchese, D’Agostino ha messo in campo 5 difensori 5 puri (tre centrali e due terzini) per marcare una punta centrale (Sorrentino) e una mezza punta (De Feo) che agiva alle sue spalle. Quindi con quella formazione in partenza avevamo ben poche possibilità, almeno teoricamente, di prendere in mano il pallino del gioco e di salire pericolosamente sulle fasce.

Inoltre, schierando in attacco solo due seconde punte (Sartore e Santini) senza un centravanti di ruolo (De Luca in panca per 76’), non ci si poteva appoggiare sulla prima punta affinché, reggendo palla, allungasse la squadra avversaria in attesa che i suoi salissero a sostanziare la manovra d’attacco. Senza esterni d’arrembaggio e senza prima punta diventa difficile pensare di attaccare e fare gioco, a meno che la nostra linea difensiva non si attesti ad una quarantina di metri dal proprio portiere in fase di non possesso e la nostra densità alla ricerca della palla si sposti sulla linea di metà campo anziché difendere, come abbiamo fatto sempre, nella nostra tre quarti e, a volte, pure più indietro.

Ovvio quindi che, se si conquista palla a settanta metri dalla porta avversaria, si concede troppo tempo agli avversari di piazzarsi a dovere, di ricostruire a modo la loro linea difensiva, costringerndo i nostri attaccanti a partire da lontano e portare palla come facchini per poi affrontare una difesa schierata al meglio. Mi chiedo perché l’Alessandria abbia deciso a prescindere di rinunciare a “fare” la partita, di affrontare a viso aperto un avversario sulla carta più che abbordabile e tentare di superarlo sul piano del gioco, del possesso palla e della forza tecnica.

Sia chiaro: non è detto che scegliendo di non giocare o giocare solo in copertura non si possa vincere lo stesso. Giocando più o meno con lo stesso atteggiamento l’avevi infatti sfangata con i pollastroni d’allevamento, tronfi e ancora poco abituati a partite vere della Juve Under 23, ma hai poi pagato pegno, sanguinosamente, contro la Pro Piacenza.

Per cui, tanto più ad inizio torneo e contro avversari reputati alla portata, perché non giocare, soprattutto in casa, la “tua” partita mettendo in campo le capacità di far gioco, tante o poche che siano, e cercare di capire limiti e potenzialità di questo organico di fronte ad avversari di pari livello?

Ma, a cose viste e per come la contesa è stata preparata, potevi fare i tre punti solo grazie ad una serie di episodi fortunati. In realtà hai subìto tre palle gol clamorose, il tuo portiere è stato il migliore in campo e tu hai avuto un’opportunità autentica solo su una mischia da calcio d’angolo al 2’ di gioco e azioni d’attacco strutturate neppure una in 100’ di gioco.

Se poi, come ha sostenuto il nostro mister in sala stampa, per lui sono occasioni da rete tutte quelle che vedono la palla entrare nell’area di rigore avversaria (e una serie di pecore davanti a lui annuivano ubbidienti per poi scrivere sotto dettatura) allora temo che D’Agostino si debba guardare dalla sindrome-Stellini il quale, (ricordate?) diceva le stesse cose delle stesse fattispecie un anno fa di questi tempi, a fronte di partite giocate male, di formazioni buttate giù senza ne capo ne coda e mandate in campo allo sbaraglio.

Per chiudere: penso che un allenatore debba preparare le partite, studiare gli avversari, metterci del suo durante il match e, soprattutto, allenare i suoi giocatori durante la settimana.
Se poi stavolta abbiamo trovato l’allenatore in grado di allenare pure gli episodi saremmo a cavallo. Sì, ma allenare gli episodi e non fare tutto il resto e mandare segnali ai suoi giovani ragazzi che sanno di timori e di incertezze attraverso certe scelte tecnico tattiche di retroguardia che, se continuasse su questa falsariga, non possa essere l’allenatore giusto per questa squadra, per questa piazza, per questo progetto sportivo. Certo è ancora presto per dare un giudizio definitivo perché potrebbero esserci dinamiche interne negative a me sconosciute ma ritengo che adesso diventi fondamentale l’apporto della Direzione Sportiva nell’uscire da questo stato confusionale.

Ma quale dei due DS dovrebbe agire in tal senso, direte voi? Non saprei, a occhio penso che debba intervenire chi dei due DS è capace di farlo…..

Chiudo commentando un episodio sgradevole accaduto domenica scorsa al Mocca al 10’: Gjura e Cucchietti sono stati vittime entrambi di un’indecisione nel rinviare un pallone dallo loro zona difensiva e chiamano in causa Prestia il quale non si aspettava l’appoggio del suo portiere, rischia pure lui di ‘bucare’ l’intervento e lasciare palla pericolosamente al limite dell’area di rigore. Fortunatamente il nostro centrale riesce goffamente a rinviare.
Dopo di che il nostro eroe riprende i suoi giovani compagni di reparto urlando, gesticolando platealmente e indicandoli al pubblico ludibrio, il tutto proprio sotto la Curva Nord. Forse la colpa del pasticcio (ma avrei qualche dubbio che pure lui nell’occasione sia stato impeccabile) era tutta dei due ragazzini ma era giusto trattarli pubblicamente in quel modo? Non credo che un giocatore della sua esperienza, ingaggiato anche per fare da modello e sostegno ai tanti giovani in squadra, possa permettersi certe intemperanze nei confronti di suoi compagni giovanissimi che invece hanno bisogno di una guida sicura, calma e riflessiva. E non credo sia necessario neppure che un vice capitano indichi a tutto lo stadio i responsabili di una veniale minchiata.

Caro Prestia, abbiamo gli occhi per vedere anche noi senza che tu metta all’indice i colpevoli che, tra l’altro, sono tuoi compagni di squadra. Secondo te, dopo quella bella sceneggiata di cui sei stato protagonista, pensi di aver aiutato i due ragazzini? O magari pensi che nessuno abbia notato che tu invece hai poi sbagliato in quella partita almeno sette fra appoggi elementari, rinvii e uscite palla al piede?

Non prendere certe cattive abitudini pensando che qui siamo tutti con l’anello al naso e che basti alzare le braccia al cielo per comprare l’approvazione dei più. Anche perché certi siparietti penosi li abbiamo visti fare al Mocca in passato da altri difensori i quali, al contrario di te, prima di giocare qui avevano calcato le scene della Champions (Porrini ndr), tu pensa….