Diversi anni orsono ebbi la ventura e la fortuna di conoscere un elegante signore, ex insegnante e preside a riposo da ormai innumerevoli anni.
Correva l’anno 2004 e lui di anni ne aveva 79; soltanto ventisette in più dei miei. La cosa più facile per me fu di sentirlo amico da quel preciso istante.
Mi trovavo, come innumerevoli altre volte, al Museo della Gambarina, dove avevo partecipato – seduto tra il pubblico – a qualche conferenza (o presentazione) di cui non ricordo esattamente il tema; ero in compagnia di un vecchio alessandrino, il poeta dialettale Sandro Locardi, con cui avevo quotidiani scambi cultural-dialettali fin dal primo momento in cui avevamo iniziato a frequentarci. Proprio l’amico Sandro, all’uscita dalla Gambarina, mi presentava l’elegante signore, il professor Luciano Amisano.
Da subito il nuovo interlocutore mi era piaciuto per il suo garbo, per la sua vivacità e per la sua correttezza. In quei primi momenti di conoscenza si stava già delineando qualcosa di importante. Stava nascendo una bellissima amicizia.
Mi aveva subito parlato di un suo libro – ancora in bozza – al quale già da tanto tempo stava lavorando e del quale – ben presto – avrei potuto conoscere ogni parola, ogni virgola.
Nei giorni seguenti e dopo i primi contatti anche io avevo la mia copia di quella bozza di romanzo.
Avevo appena incominciato a dedicarmi ad un’attenta lettura del dattiloscritto quando già l’Autore mi telefonava per chiedermi un giudizio in merito. Forse ancora non sapeva che io fossi impegnato anche in mille altre piccole e grandi attività quotidiane, oltre al tempo che dedicavo all’ufficio in cui lavoravo. Insomma, per farla breve, prima che arrivassi alla parola “fine” mi avrà interpellato almeno quattro o cinque volte, stupendosi ogni volta che non fossi ancora arrivato alla fine della lettura. Ancora non sapeva che i miei tempi fossero (e ancora sono) decisamente lunghi.
Devo ammettere che di quel libro, che mi stava affascinando immensamente, volevo gustare e centellinare ogni pagina, ogni parola, procedendo oltre soltanto dopo aver compreso ed analizzato il contenuto e lo stile.
Alla fine avevo annotato tutti i giudizi e le riflessioni in merito in un paio di pagine di cui poi personalmente avevo dato lettura a Luciano. Il suo romanzo, che è anche una sorta di diario autobiografico, mi era piaciuto moltissimo, mi aveva appassionato e infine mi aveva perfino commosso. E lui era stato veramente felice di quel mio giudizio sulla sua opera.
Nel volgere di qualche settimana ero già impegnato al suo fianco nella rilettura e nel lavoro che il nuovo amico mi chiedeva: la revisione di tutto lo scritto e altro ancora.
Per farla breve il romanzo aveva necessità di una formattazione unica, mentre invece era stato creato in numerosissimi file. Un file per ogni capitolo. Quindi, una volta accorpati tutti i capitoli in un unico documento di word, si era proceduto a revisioni e ad approfonditi controlli di tutto il testo.
E qui occorre aprire una parentesi che spiega in maniera particolare il carattere dell’uomo. Dal 2004 e fino ad un paio di anni orsono quelle bozze sono state aggiustate, tagliate, integrate e revisionate almeno un centinaio di volte. Altissima era la ricerca della perfezione da parte del professor Amisano. Io instancabilmente accorrevo in suo aiuto e collaboravo alle necessarie revisioni ogni qualvolta me lo chiedeva.
Infine, un paio di anni fa, durante una delle mie visite, a proposito dell’ultima bozza del suo romanzo mi disse: “Ma lo sai Tony che sono proprio contento di come è venuto il libro? Adesso è proprio a posto! L’ho riletto e mi piace proprio tanto.”
Finora questo lavoro letterario, per varie motivazioni, non ha avuto un battesimo editoriale e di questo mi dolgo immensamente perché so che sarebbe stato un successo grande e meritato.
Di questo suo lavoro so per certo che oltre trecento persone siano al corrente per averlo avuto in lettura. Grandi ed illustri nomi del panorama locale e nazionale e persone qualunque. Maniaco come me e forse più di me nell’annotare ogni cosa, per evitarne l’oblio, aveva redatto un elenco dattiloscritto (che posseggo) di tutti quei lettori.
Cito solo alcuni, dei nomi trovati – fra i più conosciuti – per curiosità dei miei lettori ed a futura memoria: Cesarino Fissore, Renato Lanzavecchia, Gianni Coscia, Nucci Sambuelli, Nuccio Lodato, Clemente Negri, Amaele Abbiati, Vittorio Ziliani, Paolo Zoccola, Maurilio Guasco, Luigi Benigni (padre di Roberto), Giovanni Rapetti, Gino Gemme… per concludere con nomi del calibro di Mario Soldati, Indro Montanelli, Elio Gioanola, Oreste Carbonero, Giampaolo Pansa, Rosetta Loy, Gianni Oliva.
Nel libro autobiografico Luciano si presenta in tutta la sua spontaneità. Ci parla della sua infanzia, dei suoi luoghi e arriva a parlare di un durissimo periodo che lo ha segnato per sempre: gli anni della guerra e del suo servizio militare.
Narrando le sue azioni sottolinea in particolare il rifiuto della violenza, dimostra atti di vero coraggio e di furbizia fuori dal comune.
Ad un certo punto della narrazione lui, non violento per natura, era stato costretto a difendere (con una certa brutalità) una donna soggetta ad un tentativo di stupro. Proprio questo capitolo ha visto accese (ma sempre molto amichevoli) discussioni tra lui e me. Dapprima aveva deciso di togliere il capitolo per paura che il lettore interpretasse male il suo modo di essere. Ci volle del bello e del buono per fargli capire – e per convincerlo – che anche quel capitolo – in quanto storia vera – aveva la necessità di continuare a rimanere fra le belle pagine del suo diario.
Un giorno, ripensando a tutta la vicenda ed al sacrificio (piacevole) per tutto quel lavoro di correzioni e revisioni ho pensato a due risvolti diametralmente opposti relativi al coraggio ed alla determinazione del soldato Luciano Amisano (quello del libro). Era stato coraggioso in tempi dove quella dote era tanto necessaria, quanto eccessivamente timoroso e titubante nei confronti dell’eventuale pubblicazione della sua opera. Lavoro di cui lui stesso (e non solo lui) era entusiasta.
Come dicevo poc’anzi Luciano amava i suoi luoghi, ampiamenti descritti nelle belle pagine del romanzo. Uno di questi, via Milazzo, è proprio al centro di qualche capitolo del libro e di diverse fotografie che lui stesso – per passione – una quarantina di anni fa aveva scattato.
I due soggetti che pubblico appartengono ad una numerosa serie di fotografie che Luciano, consapevole del fatto che fossi anche appassionato collezionista di documenti fotografici, mi aveva donato dopo poco tempo dalla nostra conoscenza.
In via Milazzo aveva trascorso gli anni belli ed avventurosi della sua vivace fanciullezza e in quella sua casa sono ambientati diversi episodi dell’avventura militare.
Le due immagini sono documenti unici e mostrano una sequenza di vetuste costruzioni ed un interessante cortile appartenenti all’isolato adiacente a quello in cui Luciano aveva abitato.
Per concludere voglio infine dire una cosa che mi sta a cuore.
Il destino ci aveva fatto incontrare del tutto casualmente nel lontano 2004. Una concomitanza di spazio e di tempo ci aveva messi di fronte e fatti conoscere.
Lunedì 22 Gennaio 2018 alle 14,10, ormai tre anni fa, quello stesso destino si è preso gioco di me. Qualcuno mi informava che il mio amico Luciano se ne era andato… Purtroppo erano trascorse soltanto tre ore dall’ultima occasione in cui avrei potuto ancora dargli un saluto.
E per salutarlo colgo quindi questa circostanza.
Ciao Luciano, ti abbraccio forte.