Il miracolo del Monferrato [Abbecedario del gusto]

Il miracolo del Monferrato [Abbecedario del gusto] CorriereAl  di Pietro Mercogliano

 
Insieme alle Langhe (che rientrano a buon diritto fra le piú leggendarie regioni vitivinicole al mondo) ed al Roero (che alle Langhe spesso si associa per contiguità non solo geografica), il Monferrato è una delle terre mitiche del vino in Piemonte. E benedice con la sua presenza la Provincia di Alessandria – oltre che quella di Asti –.

Nella Provincia di Alessandria si concentrano il Basso e l’Alto Monferrato, con Casale ed Acqui Terme per rispettivi capoluoghi: la prima zona dai limiti del Po e del Tanaro si estende fin verso la Lomellina tanto da presentare influenze lombarde nella parlata locale, mentre la seconda si estende dalla Val Bormida fino all’Appennino Ligure e presenta nella parlata locale influenze genovesi; mentre fra le due zone si trova quella del Monferrato detto “Astigiano”, con Asti stessa per capoluogo. Da tre anni a questa parte è entrato grazie ai suoi Infernòt a far parte, insieme a Langhe e Roero, della lista dei beni del Patrimonio dell’Umanità stilata dall’U.N.E.S.C.O.: l’Infernòt – come sarà noto – è una sorta di cantina ricavata in Il miracolo del Monferrato [Abbecedario del gusto] CorriereAl 2profondità nell’arenaria o nel tufo e adibita principalmente alla conservazione di bottiglie di vino, ed è una struttura tipica legata unicamente a questo territorio.

Se l’origine del nome è incerta (già non si è proprio del tutto sicuri che la prima parte abbia a che fare con “monte” e tantomeno si può esserlo che la seconda si leghi a “ferro” come l’intuito potrebbe suggerire) è indubbio però che il territorio sia vissuto come un’entità ben precisa e caratterizzata fin dal decimo secolo, e ha avuto anche per circa ottocento anni una piú o meno netta indipendenza politica.

Particolarmente interessante per quanto riguarda il settore paesaggistico e agricolo – che è quello che maggiormente garantisce al Monferrato la sua giusta fama – è la composizione dei terreni: il Monferrato (come le Langhe) emerse dal mare poco piú di cinque milioni di anni fa, e fu in seguito interessato dal sedimento di detriti morenici alpini; senza volersi qui inoltrare in dettagli tecnici, si provi a immaginare anche solo per suggestione la ricchezza che un terreno del genere può apportare ai prodotti agricoli. E si pensi poi la straordinaria esposizione che una serie quasi ininterrotta di colline è in grado di garantire.

La gastronomia monferrina è nel suo insieme un patrimonio inestimabile della nostra Penisola, esempio notevolissimo di stratificazione virtuosa di tradizioni secolari: i minestroni, la bagna cauda, il salame cotto, la muletta, i risotti tipici del Casalese, gli agnolotti al plin, i tajarin, la polenta col merluzzo comodato, fritto misto e bollito misto, la trippa e il batciuà, i mille usi del Fassone e del bue grasso spesso associati alle salse ed alle insalate altrettanto tipiche, la panna cotta e il bonet; per non parlare dei prodotti che la terra direttamente fornisce, come la cicoria pan di zucchero e il sedano di Orbassano o le mele monferrine ed il melone di Mirabello; e (soprattutto) del tartufo bianco.

Il miracolo del Monferrato [Abbecedario del gusto] CorriereAl 1E infine, ma prima di tutto, il vino: per il quale il Monferrato è famoso nel mondo, e che in autunno regala agli occhi un paesaggio invaso di placido fuoco e all’anima la promessa di un nettare sublime.

Si parte dal Cortese di Gavi, vino bianco di piacevolezza ed eleganza rarissimi. Si approda ai grandi rossi che rendono celebre questo territorio: Freisa, Bonarda, Grignolino, Ruchè, Dolcetto, Barbera; ognuno in mille declinazioni diverse in base alla varietà prodigiosa delle sfumature del territorio e delle idee dei suoi abitanti. E si giunge all’Asti Spumante ed al Moscato d’Asti, e al Brachetto d’Acqui e alle due Malvasie rosse di Casorzo e di Castelnuovo Don Bosco.