Quando si commentano passaggi che toccano il destino di centinaia di lavoratori e l’idea stessa di cosa debba essere “il bene pubblico”, occorrerebbe un po’ di cautela, senso della misura e della realtà.
Al netto della propaganda elettorale e delle legittime ambizioni che essa racchiude per le forze politiche ed i rappresentanti delle istituzioni, il trionfalismo entusiasta con il quale è stato salutato, soprattutto da parte di esponenti della sinistra, l’accordo sul trasporto pubblico ad Alessandria tra ATM/AMAG Mobilità e la Line di Pavia, risulta stucchevole.
Premesso che, quando un accordo su una realtà aziendale in crisi come era ATM, si chiude salvaguardando PIU’ O MENO sia i livelli occupazionali che salariali (risottolineo PIU’ o MENO), ma, soprattutto, ottiene il consenso dei lavoratori, dopo oltre due anni di paure per la possibilità di fallimento con tutte le conseguenze del caso, il giudizio, per quanto mi riguarda, non può che essere quello dello scampato pericolo, faccio notare che da lunedì scorso la città di Alessandria non ha più una azienda pubblica dei trasporti.
La società Line di Pavia detiene l’85% delle quote aziendali, di fatto comanda in toto e credo che questa percentuale consenta di non dover nemmeno riconoscere un membro alla parte pubblica (il Comune) all’interno del CDA.
Insomma, una azienda privata ha comprato e sostituito il trasporto pubblico di Alessandria.
Forse, si può anche pensare che non poteva che essere così, ma entusiasmarsi per questo cambio drastico strutturale dell’idea del “pubblico”, la dice lunga su come il pensiero liberista più spinto sia penetrato (non da oggi a dire il vero) anche nelle coscienze dei dirigenti della cosiddetta sinistra, che poi sinistra non è.
Aggiungo che alcuni dettagli non secondari sono affidati alla contrattazione di secondo livello che, mi sembra, rischia di misurarsi su un terreno delicato e non particolarmente favorevole alle rappresentanze dei lavoratori.
Starà alla capacità del sindacato, sulla quale non ho dubbi, provare a recuperare rispetto ai tagli più che possibili sul costo del lavoro per rendere “appetibile” all’impresa il trasporto urbano (se facciamo finta di non vedere che si porrà subito questo problema, allora ci raccontiamo delle balle), alla mancanza degli integrativi salariali ed alla decurtazione sugli stipendi di circa duecento euro al mese, su salari che oscillano tra i 1.200 € 1.600 € mensili.
Inoltre: risultano esserci 25 esuberi su ATM; pare che dieci verranno assorbiti da AMAG ambiente (ad oggi sono solo 5) e i rimanenti in generale nel gruppo AMAG.
Lo riportano gli organi di informazione, ma non ci voleva un genio per capire che la compatibilità economica di questa operazione rischia di vacillare su un bilancio che, su AMAG Ambiente, si porta dietro il peso del fallimento di AMIU.
Quindi, sicuri che ci siano le condizioni per il recupero pieno e totale degli occupati di ATM?
Voglio provare ad immaginare un pezzo di futuro, sul quale non vedo l’ora di essere smentito: alla prima rendicontazione di bilancio, l’azienda dirà che i costi sono elevati ed il solo trasporto urbano non rende il guadagno stimato all’impresa. Scommettiamo che arriveranno tagli al servizio, nella parte naturalmente delle corse ai sobborghi che saranno in perdita? E poi scommettiamo che l’altro passo sarà la solita ricaduta sui lavoratori, della serie che magari non ti licenziano, ma puoi andare a lavorare a Pavia o in altre strutture dell’azienda.
A quel punto l’oscar del “bravi tutti” a chi verrà assegnato?
Alla fine, come sempre, non si può che prendere atto del fatto che le crisi aziendali, siano esse nel pubblico o nel privato, le pagano sempre e solo quelli che non ne sono responsabili, le lavoratrici e i lavoratori salariati.
L’operazione “grande AMAG” che l’assessore Abonante rivendica, contiene luci ed ombre: tra queste ultime va inserita l’operazione del teleriscaldamento che ha tutta l’aria di essere l’ennesimo regalo dell’ente pubblico all’impresa privata, con buona pace del “capitalismo municipale”, che l’assessore annovera tra le cause principali dei dissesti delle casse pubbliche e privo di logica e di controllo.
Attendo con ansia che Abonante mi faccia vedere, in tutta la sua beltade, le magnificenze del capitalismo privato, costruito con il bene pubblico e la compressione dei diritti dei lavoratori, che immagino comincerà con quanto accaduto per il trasporto locale.
Tra i “bravi tutti” che il capogruppo di SEL Renzo Penna ha dimenticato, c’è quello alle lavoratrici e ai lavoratori.
A loro rivolgo invece la mia ultima considerazione: l’accordo andava accettato perché consente di limitare i danni ed uscire da una situazione drammatica in un quadro generale difficilissimo dal punto di vista economico ed occupazionale. Avete fatto bene. Ora va costruita, con la mobilitazione ed una rivendicazione seria, una piattaforma che sposti in avanti il quadro di questo accordo, dentro ad una cornice che almeno salva il salvabile.
Di questo si tratta e francamente, l’entusiasmo è un’altra cosa.
Stefano Barbieri – Pdci Alessandria