L’omicidio dell’architetto casalese Bartolomeo Baronino: un cold case del XVI secolo [Alessandria in Pista]

di Mauro Remotti

Sono chiamati cold case idelitti rimasti irrisolti. Uno di questi riguarda senza dubbio l’omicidio del valente architetto casalese Bartolomeo Baronino, avvenuto a Roma nella notte del 4 settembre 1554. Per saperne di più, abbiamo chiesto lumi al professor Egidio Lapenta, autore di un recente un saggio sull’argomento1.

Per quali ragioni l’architetto casalese Baronino si trovava a Roma?

Il Baronino, classe 1511, si era recato giovanissimo a Rοma attirato, insieme ad altri ingegni casalesi, dal grande fervore urbanistico di papa Paolo III2. Nel 1535 assunse l’incarico di “sotto maestro di strada”3. In contemporanea, svolse l’attività di impresario. Il Pontefice gli affidò la direzione dei lavori delle fortificazioni di Roma e quella del cantiere di palazzo Farnese. Anche il suo successore al soglio papale, Giulio III,4 si avvalse della professionalità e abilità di Bartolomeo, a cui chiese di sovraintendere agli interventi volti all’edificazione di villa Giulia5.

Papa Paolo III

Un lavoro molto impegnativo e parecchio costoso.

Proprio così. Molti denari venivano utilizzati anche per l’acquisito di opere antiche che servivano da ornamento della villa. I venditori di antichità si scatenarono in una gara per rifornire il cantiere. In questo giro vorticoso, c’era anche chi provava ad approfittarsene, vendendo a prezzi maggiorati determinati articoli e materiali.

Papa Giulio III

Qual era l’atteggiamento del Baronino di fronte a questi intrallazzi?

Non ci sono prove certe, ma è possibile presumere che non si prestasse a certi giochi. La sua onestà non fu sicuramente apprezzata da alcuni biechi personaggi. Fatto sta, che la notte del 4 settembre 1554, nei pressi dell’Hortaccio, Baronino venne aggredito e seriamente ferito al petto e al volto, tanto da morire due giorni dopo.

Chi poteva volere la sua morte?

Un collaboratore dell’architetto casalese, Genesio Bersano, riferì al notaio dei malefizi6, Virgilio d’Aspra, di aver cenato la sera dell’agguato in un’osteria con il Baronino, e di essere uscito con lui e altri due amici intorno alle 23 per poi recarsi al cantiere di villa Giulia. Verso mezzanotte, i quattro, insieme ad alcuni lavoranti, fecero ritorno a Roma. A un bivio proseguirono soltanto lui e il Baronino per dirigersi a casa del misuratore Giulio Merisi. Mentre percorrevano un vicolo a ridosso dell’abitazione del Merisi, due individui (che Bersano aveva già notato all’osteria) si avvicinarono a Bartolomeo e lo pugnalarono.

Villa Giulia

Quindi Bersano è stato testimone oculare dell’omicidio?

Certamente, e non mancò di fare un sommario identikit degli aggressori al notaio criminale. Il magistrato si recò dal ferito, il quale, dopo i primi soccorsi a casa del cerusico, era stato trasportato nell’abitazione di mastro Antonio De Fico, detto Focacciola. Appurato il grave stato in cui si trovava il Baronino, decise di rinviare l’interrogatorio. Bersano aggiunse alla sua deposizione alcune preziose informazioni apprese dall’oste: i due sicari, al momento in cui lui e il Baronino erano usciti, dopo aver pagato frettolosamente il conto, avevano cominciato a pedinarli con il capo incappucciato. Inoltre, due giorni prima dell’agguato, erano stati visti aggirarsi nei pressi dell’osteria al fine di attingere informazioni in merito alle abitudini dell’architetto.

Il magistrato riuscì a parlare direttamente con il Baronino?

Nonostante le sue condizioni di salute si fossero ormai irrimediabilmente aggravate, Bartolomeo ebbe ancora la lucidità di manifestare i suoi sospetti nei confronti di Giovanni Antonio Stampa, figlio di Pietro, sarto ma soprattutto mercante di cose antiche. Giovanni Antonio aveva infatti l’intenzione di far acquistare al Pontefice la collezione del padre (ben 173 pezzi) per 1000 scudi d’oro, ma non riuscì nell’intento.

Grazie all’intervento del probo direttore dei lavori?

Molto probabilmente sì. D’altronde, lo stesso Stampa aveva accusato pubblicamente Bartolomeo Baronino di avergli fatto perdere una fortuna, oltre alla possibilità di entrare al servizio del Papa. Per questi motivi, aveva minacciato di fargliela pagare.

A questo punto, non dovrebbero esserci dubbi sul nome del mandante oppure no?

La giustizia iniziò a fare il suo corso. Vennero attinte nuove testimonianze (una trentina circa), che orientarono le indagini verso due direzioni: quella che vedeva implicato Giovanni Antonio Stampa e la “pista casalese”. Lo Stampa, definito un tipo poco raccomandabile, venne interrogato e anche sottoposto a tortura, ma respinse sempre le accuse di essere lui il mandante dell’omicidio del Baronino. Questo filone d’indagini si esaurì presto senza giungere a una conclusione.

E la cosiddetta “pista casalese”?

Nel settembre del 1554, sulla base di un sospetto formulato da uno dei due fratelli di Bartolomeo, il notaio dei malefizi indagò sul casalese Francesco d’Alba, domestico di Baldovino del Monte7, fratello di Giulio III. Al riguardo, venne sentito Trino di Casale, domestico di Ersilia del Monte, nuora di Baldovino, il quale dichiarò che Francesco si accompagnava spesso con un certo Spagnoletto, uomo violento, che avrebbe potuto uccidere il Baronino, giacché in passato avevano litigato. Alla fine, il magistrato ritenne che molte testimonianze non fossero affidabili in quanto alimentate da odio o gelosia. Pertanto, decise di non procedere oltre.

Insomma, non furono individuati né gli esecutori né i mandanti dell’omicidio?

Forse gli investigatori temevano di sollevare un vespaio indagando tra i dipendenti dei parenti del papa. Lo storico Antonino Bertolotti8 ipotizzò che l’uccisione del Baronino fosse stata causata da un’invidia di mestiere, dato che il monferrino aveva raggiunto in breve tempo una posizione alquanto appetibile.

In conclusione, a distanza di molti secoli, quale delle due piste può ritenersi più plausibile?

Entrambe sono attendibili. Gli Stampa furono sempre animati da grande ambizione, tanto da sfruttare le loro competenze antiquarie per ottenere la protezione di potenti famiglie signorili. Giovanni Antonio, in particolare, non fu esente da comportamenti criminosi: nel 1566 venne condannato per insolenza contro una cortigiana, qualche anno più tardi, per frodi con la confisca dei beni. Di conseguenza, avrebbe potuto eliminare il Baronino senza troppi scrupoli. Nondimeno, la pista casalese è da sottovalutare. Francesco d’Alba, in qualità di domestico del nobile Baldovino del Monte, poteva senz’altro contare sulla complicità di mercenari per uccidere Bartolomeo (una testimone, tal Elisabetta Fontana, aveva appunto affermato che gli assassini erano due soldati).

Purtroppo l’architetto Bartolomeo Baronino non ha avuto pace neppure da morto: la sua lapide è stata più volta spostata all’interno del Pantheon di Roma (Chiesa di Santa Maria ad Martyres).

1 Egidio Lapenta, “La misteriosa morte di un grande architetto casalese: Bartolomeo Baronino (1511-1554)”, Città Futura on-line, 5/11/2024.

2 Papa Paolo III, al secolo Alessandro Farnese (Canino 29/02/1468 – Roma 10/11/1549), è stato uno dei più grandi mecenati del Rinascimento italiano.

3 I maestri (o mastri) di strada avevano principalmente il compito di giudicare controversie tra privati in tema di confini, edifici e flussi di acque. Era una magistratura appannaggio di giureconsulti di famiglie nobili romane. Gli stessi si appoggiavano, per ragioni tecniche, a “sotto maestri” scelti tra i migliori archiettetti.

4 Papa Giulio III, al secolo Giovanni Maria Ciocchi del Monte (Roma 10/09/1487 – Roma 23/03/1555), fu patrono di scrittori e artisti. Trascorse gli ultimi anni di vita a Villa Giulia, dove organizzò importanti celebrazioni e sontuosi ricevimenti.

5 Villa Giulia si trova a Roma lungo l’attuale viale delle Belle Arti, alle pendici dei monti Parioli, non distante da via Flaminia. Venne fatta costruire da Giulio III tra il 1551 e il 1553 ampliando una proprietà di famiglia. Vi lavorarono importanti artisti, tra i quali: Bartolomeo Ammaniti, Jacopo Barozzi da Vignola e Giorgio Vasari. Ora è adibita a Museo nazionale etrusco. Annualmente si svolge la cerimonia di votazione e premiazione del Premio Strega.

6 Il notaio dei malefizi aveva il compito di redigere il registro delle condanne e delle assoluzioni relativamente a cause criminali.

7 Baldovino Ciocchi del Monte (Roma 1485 – Roma 1556) assunse diverse importanti cariche, tra cui quella di governatore di Spoleto e duca di Camerino.

8 Antonino Bertolotti (Lombardore 1834 – Mantova 1893), scrittore, diresse l’Archivio di Stato di Mantova.