di Ettore Grassano
Consiglio a chi si fosse perso l’intervista al sindaco di Alessandria Abonante sul quotidiano La Stampa di sabato scorso di recuperarla, e leggerla con la dovuta attenzione.
Confesso di esserne rimasto ammirato, e di aver commentato ‘a caldo’: “Ecco come raccontare in positivo una città allo sfascio”. Perché (anche senza addossarne per forza tutte le colpe all’amministrazione: che però, questo sì, eccelle in mistificazione) come sia messa oggi Alessandria lo sappiamo tutti. Una città depressa e che deprime, ad un tale livello di abbandono e degrado che in chi ci vive non suscita neppure più indignazione: solo rassegnazione, e voglia di privato, o di altrove. Quindi ci vuole non poca inventiva, e coraggio, e faccia tosta, ad azzardare una narrazione in positivo.
Il tema dell’intervista è l’illuminazione pubblica di Alessandria, più croce che delizia negli ultimi tempi, tanto in periferia quanto nelle vie del centro e dei quartieri cittadini, tra black out involontari e scelte da ‘economia di guerra’. L’enfasi sull’investimento da 19 milioni di euro però funziona, e in pochi si prenderanno la briga di verificare che, in soldoni, si tratta semplicemente di pagare al fornitore 3 milioni e rotti di euro l’anno di elettricità per i prossimi 6 anni: ossia più o meno il 50% in più di quanto si è pagato finora.
Vi cito un po’ di commenti che ho raccolto, in tempo reale, tra osservatori non proprio sprovveduti: “Quando si arriva alla luce, si è quasi al capolinea”, “Mi sembra come comprare un modello di auto di vent’anni fa”, “Almeno i cassonetti stracolmi saranno illuminati”, “Più è luminosa, più vedo quanto Alessandria è abbandonata”, “Era già tutto compreso nella smart city, senza sborsare un euro”.
Sottoscrivo tutto, naturalmente. Semplicemente, il sindaco Abonante ha mantenuto la promessa fatta in campagna elettorale, e ha annegato in culla il progetto smart city. Ci hanno messo due anni, con varie complicazioni affrontate e risolte via via, e questo ora comporta diversi effetti collaterali negativi: l’illuminazione è uno di questi, l’altro macroscopico è quello della raccolta rifiuti. Ma non è questa la sede per affrontare complesse questioni tecnico procedurali: le polemiche su Amag e dintorni torneranno presto a tenere banco, dopo la sosta estiva.
Limitiamoci a constatare che due anni fa si sono confrontate due visioni molto diverse sul futuro di Alessandria. Il centro destra, attraverso lo strumento smart city, ha provato a scommettere su una ‘Grande Amag’, a totale controllo pubblico locale (Alessandria, e tanti altri comuni del territorio, a partire da Acqui Terme), che avrebbe dovuto non solo ridisegnare in toto la mappa dei servizi sul territorio, ma anche cercare di sviluppare un percorso di partnership e acquisizioni. Crescere insomma, su un mercato come quello delle multiutility dove, oggi più che mai, o sei cacciatore o sei preda.
Il ‘campo largo’, dopo la sua inaspettata vittoria (ma così hanno scelto gli alessandrini: quelli che hanno votato, e quelli che se ne sono stati a casa), ha semplicemente attuato quanto Giorgio Abonante aveva annunciato in campagna elettorale: stop smart city, con tutte le conseguenze di questa scelta.
Il ‘non detto’ (ma non crediamo non previsto: in questa partita sprovveduti e vergini non ce ne sono) dell’epoca è quel che cominciamo a vedere oggi: Amag senza smart city non può che essere preda, bocconcino (quanto prelibato dipenderà, in fin dei conti, solo dal prezzo) per competitor più grandi e strutturati, che in un modo o nell’altro sono destinati ad acquisirne il controllo.
Ad essere appetibili, e non poco, sono le infrastrutture (rete del gas e rete dell’acquedotto), ma anche la raccolta rifiuti (garantita dalla Tari) e relativo smaltimento, magari in qualche termovalorizzatore già esistente, o da realizzare. Poi sapete che ad Alessandria il gossip è sport cittadino, per cui le malelingue già da due anni indicano il nome del soggetto, quotato in Borsa, che si aggiudicherà il tutto, in blocco o a pezzi. Ma per questo occorre attendere l’esito di eventuali gare, ovviamente.
Quel che conta, per i cittadini, è che la scelta di centro sinistra e grillini di andare verso la privatizzazione del Gruppo Amag (progressiva, vedremo in che tempi e modalità, ecc ecc) avrà un impatto rilevante su almeno due aspetti:
1) Il costo dei servizi: in particolare acqua, luce e rifiuti
2) l’occupazione all’interno del Gruppo, ma anche l’economia dei fornitori legati al territorio
Se sarà meglio, o peggio, lo verificheremo tra 5/10 anni: ma ognuno di noi qualche idea in proposito già ha potuto farsela.
Questo è il vero snodo della vicenda: non il fatto che, per almeno sei anni, Alessandria avrà ancora l’illuminazione pubblica, sia pur ad un prezzo maggiorato.