Le regine dei giochi [L’Olimpiade di Lettera 32]

di Beppe Giuliano

Ultimo capitolo

Le regine indossano la corona. Finalmente la maledizione del volley alle Olimpiadi l’abbiamo superata. Dominando. Atlete fantastiche, capaci di diventare squadra (imbattibile) anche grazie a don Julio Velasco, maestro di sport, maestro di vita. Abbiamo esultato, ci siamo commossi. In una Olimpiade con tante regine, la foto di copertina deve essere loro.

Prima di chiudere questa Olimpiade emozionante e bellissima con qualche racconto “regale”, permetteteci di citare almeno Nadia Battocletti, che ha corso un 10000 da sogno, lasciandoci addirittura l’amaro in bocca perché quell’argento che é stata una delle nostre medaglie più sorprendenti ha un sapore d’oro.

La regina del Belgio

Con la soppressione nel 1991 della legge salica, quella che prevede che solo eredi maschi possano regnare, dal 2016 la regina del Belgio è Nafissatou Thiam.

Salita al trono una settimana prima di compiere 22 anni, quando vinse il primo oro a Rio 2016, la più giovane olimpionica dell’eptathlon nella storia.

I multiplisti sono atleti meravigliosi: in due giorni corrono saltano e lanciano numerose prove, sette le donne, dieci gli uomini. Vincere è durissimo, farlo per tre Giochi consecutivi praticamente impossibile.

Nafi Thiam c’è riuscita, aggiungendo nel frattempo titoli mondiali ed europei, vincendo nella Diamond League anche prove singole nel salto in alto, dove il suo primato personale è pari alla misura – 2,02 – con cui Mahuchick ha vinto la gara a Parigi, e nel salto in lungo, di cui detiene il record belga, che ha pure nel giavellotto.

Alta quasi un metro e novanta, di famiglia multietnica (il padre è senegalese), geografa laureata, ambasciatrice Unicef, molto timida, le piacciono il cioccolato, i cani, il suo si chiama Blue e – ahinoi – la musica di Phil Collins, ma nessuno è perfetto perfetto.

Il ‘Guardian’ ha giustamente scritto che se fosse americana sarebbe una delle atlete più famose al mondo.

La regina d’Olanda

Non è nata in Olanda, Sifan Hassan, ma il trono è decisamente suo.

Hassan è una Oromo, un popolo che compone circa un terzo degli abitanti dell’Etiopia e che ha subito molte violazioni dei propri diritti. Noi, che abbiamo compiuto infamie durante l’occupazione dell’Africa Orientale, li abbiamo sempre chiamati con un altro termine, per loro estremamente offensivo, per via di un frate italiano che lo usò nel quindicesimo secolo. Il primo atleta Oromo che tutti ricordiamo è Abebe Bikila, re scalzo di Roma.

Sua mamma l’ha messa su un aereo verso i Paesi Bassi che aveva 14 anni, una storia che non racconta volentieri. Hassan studiava da infermiera e intanto correva attraverso il paesaggio piatto, a un’altitudine appena superiore a quella del mare, lei cresciuta sui grandi altipiani. Sembra non possa smettere di correre. Mai.

Cercando online si trovano numerosi meme sui rari giorni in cui non gareggia, che la collocano alle prese con sport vari, o mentre cerca di salire in corsa su un affollato treno indiano, porta a correre un cane, eccetera.

A Parigi nei 5000 ha vinto il bronzo, nei 10000 ha vinto di nuovo il bronzo la sera di venerdì 9 (era campionessa uscente di entrambe le misure). Trentasei ore dopo si è presentata alla partenza della maratona e l’ha vinta dopo una delle corse più belle che i 42-e-spingi chilometri abbiano mai offerto.

Scrivendo la storia, non solo per le difficoltà che ha superato ma soprattutto da leggenda della corsa.

La regina dell’acqua

Abbiamo perso il conto delle medaglie vinte, in ben quattro edizioni dei Giochi, da Katie Ledecky. A Parigi ha vinto gli 800 stile libero per la quarta consecutiva edizione. E sui 1500 ha staccato le avversarie di oltre 10 secondi, quello che Nicola Roggero definirebbe “un distacco da Giro delle Fiandre”. Atleta ineguagliabile, giovane donna – ha 27 anni, sta sul podio olimpico da quando ne aveva 15 – estremamente riservata, mai una polemica, mai un eccesso, mai un atteggiamento di superiorità. Suona il piano, le piace giocare a scacchi e a scarabeo. Fa volontariato e quest’anno è stata onorata con la Presidential Medal of Freedom. Pensa di essere ancora in acqua a Los Angeles 2028, sarebbe la sua quinta Olimpiade, glielo auguriamo.

La barca della coppia reale

Non sarà il Britannia di Elisabetta e Filippo, ma il catamarano di Caterina Banti e Ruggero Tita ospita comunque una coppia reale. Romana trentasettenne lei, lui di cinque anni più giovane e della provincia di Trento, lontano da quel mare dove si fa il suo sport, il suo hobby sportivo infatti è lo sci.

Hanno fatto l’impresa di rivincere l’oro olimpico: dopo Tokyo sono saliti sul gradino più alto del podio anche a Marsiglia dove si regatava in questi Giochi.

Hanno iniziato a gareggiare insieme con una barca usata, spostandosi sul camper di lui. Lei tra l’altro ha iniziato tardi ad andare in barca, vicino ai vent’anni. Anche per loro non è finita, puntano a Los Angeles 2028 per consolidare una carriera già leggendaria.

…e i Filippo

Non ce ne vogliano i re di questi Giochi se li declassiamo, un po’ scherzosamente, a Principi consorti.

Poi, Filippo è stato il consorte più celebre della storia, e chi scrive lo ha sempre adorato anche, anzi soprattutto per le sue assurdità.

Giusto incoronare il francese Leon Marchand, figlio di nuotatori olimpici, che a 7 anni voleva smettere perché l’acqua era troppo fredda e a 22 è andato quattro volte (!) sul podio più alto, vincendo sia nella rana sia nella farfalla (e nei misti), impresa da raro fuoriclasse.

Morti (sportivamente, si intende) un Gimbo e un Barshim, si fa un Hamish. I diarchi dell’alto di Tokyo 2021 hanno abdicato. Barshim, uno dei massimi saltatori della storia, sembra all’addio. Tamberi avrebbe dovuto capire fin dalla cerimonia inaugurale, da quella fede nuziale finita nella Senna, che questa Olimpiade era maledetta. Scendendo in pedana fiaccato dalle coliche renali ha dato una gran prova di sportività. Il salto in alto poteva finire con un altro ex-aequo, l’impressione è che abbia deciso di giocarsela allo spareggio più l’americano Shelby McEwen che il kiwi Hamish Kerr, e mal gliene è incolto, perché l’oro al collo se l’è messo il neozelandese.

L’Olimpiade di Parigi è finita. Viva l’Olimpiade!