La libertà dimenticata [Il Flessibile]

di Dario B. Caruso

Fra tutte le parole che stiamo gettando nel cassonetto dell’oblio ve n’è una alla quale penso con frequenza.
Libertà.
Ancor più quando ne parliamo a scuola oppure quando i concerti e gli spettacoli teatrali girano intorno ad essa.
Libertà.
Il destino di questa parola mi preoccupa, mi solleva una sofferenza profonda come di un irreparabile salto nel vuoto.
Libertà.
Che parola strana.

Così breve.
Così stancamente usata a vanvera, talvolta abusata impropriamente.
Così tanto sventolata e così realmente poco frequentata.

Libertà è una parola trisillaba.
E tre è il numero perfetto, si dice.
Un tavolo sta in piedi grazie a tre punti d’appoggio così come la libertà personale si regge su il rispetto di sé, il rispetto degli altri, la conoscenza.
Libertà è una parola tronca.
L’accento cade sull’ultima sillaba, la terza; ed è la terza gamba che risulta indispensabile: è lo studio che ti permette di conoscere bene te stesso e gli altri, quindi di rispettare l’uno e gli altri.
Libertà l’abbiamo troncata.

La nostra Costituzione (promulgata il 27 dicembre 1947) definisce la libertà all’articolo 3 mettendola in relazione alla persona umana.
Oggi (anno del Signore 2024) collegare libertà e persona umana suona dissonante.
Negli ultimi anni il raggio d’azione della libertà personale è stato eroso; ma non ci rendiamo conto del depauperamento che sopportiamo.
Prendo un adolescente, un giovane, un adulto e un anziano di quattro epoche differenti, anni sessanta, ottanta, duemila e oggi.
Ne raffronto ogni ambito della vita personale relativo alla propria casa, alla scuola, alla famiglia, ai giochi, al tempo libero.
Vado ad analizzare e provo a sintetizzarne l’andamento con un grafico a linee.
L’orientamento, confrontato nei periodi temporali sopra citati, è sempre negativo.

Oggi crediamo di essere liberi.
Siamo solamente illusi, prigionieri dell’idea di una libertà dimenticata.