Anastasia versus Monica, lo Specchio Scuro di Monica Gasparini [Il Superstite 523]

ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1

di Danilo Arona

Gli incroci fra giornalismo investigativo e attualità criminale hanno creato in Italia, tra fiction e realtà, una strana terra di nessuno in cui le due dimensioni – l’immaginario e la realtà – si nutrono a vicenda diventando l’uno specchio dell’altra. Così, se Federica Angeli, la coraggiosa cronista minacciata da Armando Spada nel 2013 per le inchieste sulle infiltrazioni criminali negli stabilimenti balneari, sembra la protagonista di un romanzo di Fabrizio Di Marco (La visione del male) o uno di Paolo Roversi (ideatore dello strepitoso giornalista hacker Emilio Radeschi), la fiction che ci rimanda personaggi totalmente verosimili mentre indagano sulle storture del reale offre un campionario di straordinarie figure femminili che non arretrano mai di fronte al Male, appositamente scritto maiuscolo. Si chiamano Vani Sarca creata da Alice da Basso, Lolita Lobosco di Gabriella Genisi e soprattutto, per i miei gusti, la profiler Teresa Battaglia, scaturita dalla brillantissima penna di Ilaria Tuti.

In mezzo a questi modelli di riferimento qualche volta posizionati in contesti provinciali (e qui vorrei anche annoverare la Vercelli chiusa e dolente di Remo Bassini), si muove la irruente e coraggiosa Anastasia di Monica Gasparini, che sono proprio l’una specchio dell’altra. Ambedue operanti in Alessandria presso un “piccolo” (grande) giornale locale, belle e testarde, intuitive e coriacee, hanno sposato il giornalismo investigativo nella sacrosanta convinzione che questo sia la chiave per il trionfo della verità e arginare l’ingiustizia dilagante.

Conosco troppo bene Monica (che mi ha fatto l’onore un mare di anni fa di affiancarla in indagini certo giornalistiche ma molto “ai confini della realtà”…) per non ravvisare nell’Alter Ego letterario più di una sua propria caratteristica peculiare, prime fra tutte il fiuto da segugio e il non mollare mai la presa a qualsiasi costo. In Anastasia però l’immaginazione della scrittrice si è permessa giustamente un’affascinante apertura supplementare quasi in chiave parapsicologica, una sorta di “sesto senso” o terzo occhio che si apre durante l’attività onirica, mentre la nostra dorme.

L’avversario di turno in questo primo romanzo di Monica è un serial killer. E direte «ma anche basta!». Ma come avrete occasione di constatare, non è affatto il solito serial killer, e ovviamente non posso sbottonarmi. Un assassino con poche speranze di farla franca, data la caratura dell’avversaria che lo tampina.

Per gli alessandrini che si concederanno la fortuna di leggere I rintocchi del Male, titolo più che affascinante, sarà un piacere riscoprire una Città Grigia quanto mai set ideale per una vicenda che Monica definisce “gialla”, ma per il sottoscritto è una perfetta storia in chiave psycho-noir, insomma “di confine”.

Raccontato in prima persona con uno stile mordente che ti “butta dentro” sin dalle prime righe, Monica Gasparini si inserisce nella tradizione della narrativa di tensione ambientata nella nostra città dopo ottimi titoli trascorsi di Giulio Massobrio, Giorgio Bona e Angelo Marenzana. Non vi dico che sia proprio uno spasso aggirarsi sulle tracce di un killer tra il palazzo del Comune e la Biblioteca Civica, ma che una delle prime vittime dell’assassino sia il sindaco – ovvio, un personaggio di fantasia che ricopre per l’occasione la carica, fatto secco la notte di Capodanno – a me personalmente ha strappato un piccolo applauso.

Trama adrenalinica, colpi di scena inaspettati, un finale che più Hitchcock non si può. E siamo solo agli inizi…

Monica è nata ad Alessandria il 10 settembre 1966. Abita a Cuccaro, nel Monferrato. Lavora nel settore dell’informazione dall’età di 20 anni, prima come cronista televisiva per Telecity, quindi per Primantenna, per poi passare – nel 1993 – alla redazione del giornale Il Piccolo di Alessandria dove attualmente è responsabile del settore Cronaca.

Specializzata in giornalismo investigativo, con particolare inclinazione per le attività a tutela dell’ambiente, Monica nutre il profondo desiderio professionale di bonificare culturalmente con la forza della parola scritta votata al servizio della verità la melmosa palude in cui sta sprofondando la salute pubblica di Alessandria e dintorni. A me questa grande amica ricorda tantissimo la figura di Karen Silkwood, protagonista nel 1983 di un film coraggioso di Mike Nichols, poco visto nonostante la presenza di Meryl Streep. La Silkwood lavorava come operaia all’impianto di produzione di combustibile nucleare Cimarron Fuel Fabrication Site, di proprietà della Kerr-McGee, vicino a Crescent in Oklaoma. Nella fabbrica si trovavano diverse linee di produzione riguardanti la lavorazione di uranio e plutonio grezzi e semilavorati, fino alla produzione di barre di combustibile per centrali nucleari, un’attività che ovviamente comporta il pericolo costante di esposizione alle radiazioni. Nel film, come nella realtà, Karen divideva la casa con altre due persone, il fidanzato Drew Stephens e l’amica Dolly Pelliker. Per colpa di un passato a base di alcol e droga, Karen viveva separata dal marito che abitava lontano con la custodia dei tre figli, ma grazie all’attivismo sindacale trovava una nuova ragione di vita nel denunciare i pericoli della contaminazione esterna all’impianto e le condizioni precarie della sicurezza all’interno. Su questo fronte scopriva gravi anomalie nella gestione dell’impianto, trovandosi ad avere contro gli stessi colleghi, del tutto ignari circa gli effetti dell’esposizione massiccia al plutonio, ma soprattutto timorosi di rimanere senza lavoro. Karen rimase più volte contaminata in maniera misteriosa e tracce di radioattività vennero trovate anche nella sua abitazione. La dirigenza dell’impianto si offrì di aiutarla, a patto di un impegno formale a non rivelare nulla che riguardasse l’attività dell’impianto. Lei rifiutò e continuò la sua lotta, decisa a mostrare a un giornalista contattato dal sindacato le prove raccolte, ma purtroppo moriva in un misterioso incidente stradale la sera in cui avrebbero dovuto incontrarsi.

Questa la storia della Silkwood nel film e nella realtà. Monica Gasparini non ci azzecca ovviamente nulla. Qui non produciamo mica uranio o plutonio.