Il lungo pomeriggio della morte [Il Superstite 519]

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di Danilo Arona

Quando è stato distribuito nei cinema più di quarant’anni fa, il film Picnic a Hanging Rock, basato sul romanzo omonimo della scrittrice Joan Lindslay, ha consacrato il regista australiano Peter Weir come maestro di stile e atmosfera sul confine della realtà “dispercepita” e di un fantastico che si fa strada tra le pieghe del realismo, quanto meno per alcuni dei suoi titoli più rappresentativi come L’ultima onda e Truman Show. Il film sembra privo di tensione palpabile, ma appunto “sembra”, perché in buona sostanza è un dramma misterioso, privo anche di una conclusione catartica e appagante,  una vicenda che resta a ogni visione aperta e disturbante. 

Picnic a Hanging Rock, in Italia sottotitolato in maniera un po’ trucida e sostanzialmente inesatta Il lungo pomeriggio della morte, lo vidi a Parigi nel lontano 1977 al Festival Internazionale del cinema fantastico dove vinse il secondo premio.  La vicenda delle  adolescenti che s’inerpicavano sulla “roccia sospesa” per scomparire in un nulla indefinito,  enigma senza soluzione che Weir immergeva in un’atmosfera trasognata e morbida ma niente affatto tranquillizzante, aveva  conquistato pressoché tutti gli spettatori cui poco importava della soluzione del mistero.

«La vita è sogno, soltanto sogno, il sogno di un sogno», sussurra la bellissima Miranda all’inizio del film, ma già nel 1977 critica e pubblico non si accontentavano di crogiolarsi fra metafore e onirismi e ricorrevano proprio a uno dei grandi alfieri storici dell’horror e del weird per offrire al mondo interpretazioni di lettura. Saggisti come Jacques van Herp e Michael Caen infatti scrissero di film “à la Lovecraft”, perché abbondavano appunto gli ingredienti tipici della narrativa dello scrittore americano, ovvero (alla rinfusa): il luogo “maledetto” che è il portale oltre il quale le ragazze si volatilizzano, la magica atmosfera del complesso megalitico, i “segni” come gli orologi che si fermano e le unghie dell’unica superstite che appaiono spezzate, messaggi filmici che non sono affatto decodificabili e occultano, anziché svelare, i misteri. Ma è tutto il film – e non solo la prima parte lovecraftiana – a presentarsi come uno stupendo gotico “in sottrazione”, con la macchina da presa che segue, come un’entità che spia da altre dimensioni, tanto la salita delle ragazze oltre  l’invisibile confine quanto le vicende che avvengono al seguito della loro scomparsa.

Ecco quindi una natura affascinante ma pericolosissima (come hanno dimostrato altri film australiani come i due  Wolf Creek, Strangerland, Outback) e interni ambientati nell’Appleyard College che sembrano frammenti di oscure ghost stories in pieno contrasto con la luce solare, ma “oscura” pure lei, del primo tempo. E non sbagliò chi ai tempi paragonò l’enorme roccia fallica di Hanging Rock al monolito nero di 2001 odissea nello spazio di Kubrick e al reperto sepolto sotto la metropolitana de L’astronave degli esseri perduti di Roy Ward Baker, due titoli che si possono definire (anche) come “paralovecraftiani”, a dispetto persino dei loro autori.

Pur intenzionalmente privo di una tensione palpabile tipica dei thriller e proprio perché privo della catarsi, il film nel corso degli anni è divenuto un’opera di culto per merito anche della suggestione onirica, favorita dalla raffinata e vellutata fotografia in pieno sole, che paradossalmente produce uno spazio immaginario grado di suggerire  la dimensione soprannaturale. Non solo la roccia ma anche il tempo pare sospeso, in una sorta di perpetua “ora morta”, momento tipico dell’estate avanzata, una sensazione famigliare di eternità silenziosa propria del primo pomeriggio estivo che richiama i “Demoni Meridiani” di Roger Caillois, un tempo di passaggio, quasi un momento critico in cui il Sacro o il Demoniaco invadono il quotidiano. Nella quiete apparente della natura diventa così possibile l’accesso all’Altra Dimensione tramite una Zona-Finestra che si apre e si richiude dopo pochi secondi dall’attraversamento.

La colonna sonora, in particolare i brani di Gheorghe Zamfir per Il Flauto di Pan, svolge un ruolo determinante nella riuscita del film. Come scrisse Ugo Casiraghi nell’opuscolo che accompagnò l’uscita della videocassetta  di Picnic a Hanging Rock abbinata al giornale L’Unità del 27 marzo 1997, «Con la sua melodia languida e stregante, Il Flauto di Pan accompagna il mistero e la scomparsa delle fanciulla in fiore,  uno di quei motivi musicali legati indissolubilmente a un film. Ogni altra musica – il commento originale, i contributi di Beethoven e Bach –si poteva dimenticare. Tutto, ma non il semplice, insistente tema che serpeggia sul flauto di  Zamfir, col suo senso del remoto, con la sua aderenza alla sua primordiale natura. Molto dell’incanto del film deriva da quello strumento.»

Ma c’è da aggiungere  come le tre ragazze, poco prima di “scomparire”,  cadano di colpo in una sola trance statica, provocata sia dalla danza che dallo stato di riposo totale, dato che si inserisce perfettamente nei dettami dello sciamanesimo planetario. E ancora, la “salita” alla Roccia Sospesa richiama il simbolismo della conquista dell’Axis Mundi, il punto di collegamento di Cielo, Terra e Inferi, un’ascensione che raffigura, giungendo idealmente al centro del mondo, il percorso verso la realtà assoluta mentre nella coscienza profana l’approccio di questa realtà provoca un sentimento ambivalente di paura e gioia, attrazione e repulsione.

L’Axis Mundi, il Centro per definizione, esprime il valore metempirico del  punto ideale che non appartiene allo spazio geometrico secolare, ma allo spazio sacro nel quale può avvenire tanto la comunicazione con il paradiso e l’inferno. In altre parole, un Centro come il luogo paradossale della rottura dei livelli, il punto in cui il mondo sensibile può essere trasceso. E trascendendo l’universo, il mondo creato trascende il tempo, arrivando all’estremo metafisico dell’eterno presente.

Esistono tanto un buon momento che un buon posto perché tutto abbia  un inizio e una fine. Forse questo il significato ultimo del Picnic alla Roccia Sospesa.