Compleanni di Joni Mitchell [Lettera 32]

di Beppe Giuliano Monighini

Il decimo compleanno di Joni Mitchell fu, di certo, particolare, e lei avrebbe volentieri festeggiato in altro modo. Anzi, con ogni probabilità quel compleanno non lo festeggiò proprio:

Si ammalò, ed era la polio, l’epidemia colpì il Canada nel 1953. La confinarono in un centro, una sorta di polio colony, e racconta che sua madre andò a visitarla una sola volta, sempre tenendo una mascherina per paura di infettarsi. Di notte la tormentava il suono dei polmoni d’acciaio. Nessuno glielo disse apertamente, ma “un signore in carrozzella” le lasciò intendere che non avrebbe più camminato, cosa che non volle accettare: “Era fuori questione. Mi alzerò e camminerò, per Dio. «Non sono una storpia… non sono una storpia…» Lo ripetevo a un albero di Natale che mia madre aveva sistemato nella stanza – l’unica volta che era venuta a trovarmi.

Infatti si alzò e camminò, iniziando a dimostrare quella grande forza di volontà che la contraddistingue tuttora. E ballò il rock’n’roll (il ballo è stata una delle sue grandi passioni), imparó a suonare la chitarra, quei problemi fisici in qualche modo finirono per fortificarla:

La polio le lascerà una debolezza della mano sinistra che le impedisce per esempio di suonare certi accordi nell’accordatura standard della chitarra: anche da lì (e dal suo genio) derivano le accordature originali, uniche e misteriose che lei usa, e che ha definito “accordi interrogativi”, perché ti gettano nell’incertezza e ti ci lasciano: contengono un punto di domanda. Sono prolungati. “Agli uomini non piacciono perché loro cercano la risoluzione, proprio come nella vita”.

Quando compì trent’anni era una delle musiciste più acclamate della scena californiana, allora in auge, e aveva già inciso ‘Blue’, da molti considerato il suo capolavoro:

«Rolling Stone» nell’ultima versione della celebre graduatoria dei 500 più grandi album di tutti i tempi colloca ‘Blue’ al terzo posto, preceduto solo da ‘What’s Goin’ On’ di Marvin Gaye e da ‘Pet Sounds’ dei Beach Boys.

Per quanto possano valere queste graduatorie, dietro al disco di Joni stanno tutti gli ellepì dei Beatles, dei Rolling Stones. Di Bob Dylan.

La assoluta, dolorosa trasparenza delle canzoni, a posteriori, lei l’ha giustificata come una scelta: “O mio dio, un sacco di persone mi ascoltano. Farebbero meglio a sapere chi seguono. Vediamo se lo sopportano”. Insomma, un disco come un completo disvelarsi.

Adesso che di anni ne fa ottanta, essendo nata il 7 novembre del 1943, che di difficoltà ne ha affrontate (e sconfitte) molte altre, che la sua carriera artistica è compiuta, chi è Joni Mitchell? La risposta a Carlo Massarini, e all’intervista esclusiva che compare in ‘Miss Joni Mitchell. Vita e musica di una grande artista’, unica biografia italiana della musicista (da cui sono tratti i brani contenuti in questo testo):

La possiamo definire senza alcun dubbio la artista più grande della sua era. Ci son state altre cant/autrici nel secolo scorso – Joan Baez, Nina Simone, Patti Smith, Laura Nyro, Carole King, Kate Bush – ma sono troppo differenti per confrontarle, e lei comunque è stata autrice di tutti i suoi brani. Si è inventata tante di quelle cose, ha creato armonie straordinarie, ha saputo scegliere sempre i migliori musicisti con cui suonare. Il confronto con Leonard Cohen o con Dylan, con cui pure ha sovente avuto un rapporto conflittuale, ci sta. Loro tre sono indubbiamente, nel genere, i maggiori autori, e lei come nessun altro è stata capace di costruire i testi e adattarli perfettamente alla musica.

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Beppe Giuliano Monighini è l’autore di ‘Miss Joni Mitchell. Vita e musica di una grande artista’ (Arcana, 2023). La prossima presentazione del libro ad Alessandria sarà il 24 novembre presso Visioni_47 in via Trotti.