di Dario B. Caruso
L’esistenza di qualcosa o qualcuno può essere dimostrata attraverso metodologie empiriche.
Non c’è altro modo.
Per questa ragione sugli extraterrestri, ad esempio, ci sono ancora discordanze: le prove della loro presenza sul pianeta terra sono solcate da una linea sottile che separa la probabilità dalla possibilità dell’evento, dunque si è in alto mare.
Altra cosa per ciò che riguarda i fantasmi. Nulla a che vedere con le performance di bambini e adulti che nel periodo Halloweenesco invadono le strade con abiti colorati e si presentano alle porte con una delle domande più inutili della storia: dolcetto o scherzetto?
Qui di seguito parlerò di fantasmi veri, di quelli che esistono.
Sono stato al teatro degli Arcimboldi di Milano per “The Phantom of the Opera”, nel nuovo allestimento italiano ma in lingua originale e con l’orchestra dal vivo.
Avevo già applaudito il musical di Andrew Lloyd Webber diciassette anni fa a Londra, presso Her Majesty’s Theatre, nel West End della città.
In entrambe le occasioni l’emozione è stata incommensurabile, pur nella differenza di ambientazione e di situazione geografica.
Il lavoro è di una bellezza straordinaria, rappresenta la perfetta crasi tra l’opera italiana romantica, il grand-opéra francese e il musical broadwayano.
In scena è narrata la vicenda di Christine, giovanissimo talento dell’Opéra Populaire di Parigi, divisa tra l’amore per il giovane visconte Raoul e la passione per il suo Angelo della Musica, il Fantasma.
Il dramma si sviluppa tra un’alternanza di emozioni e di colpi di scena con un finale commovente anche se atteso.
È la forza della musica.
Come diciassette anni fa, anche in questa occasione alcuni miei studenti tredicenni hanno assistito alla rappresentazione, incuriositi dal mio racconto in classe, dalla visione delle immagini della trasposizione cinematografica (J. Schumacher – 2004) e spronati dalle famiglie.
Teatro esaurito, pubblico giovane, molto giovane.
Molto giovane e attento.
Oggi come allora ho visto negli occhi lucidi dei ragazzi l’entusiasmo, la vitalità e la voglia di conoscere. Dai piccoli gesti (staccare gli occhi per due ore dallo smartphone e concentrarsi sul proscenio, chiedersi se e come finirà, restare in silenzio) alle grandi esternazioni (applausi e tifo da stadio non solo nel finale ma anche a sipario aperto, la voglia di parlarne anche all’uscita e nei giorni seguenti).
Io l’ho visto, tutto ciò.
No se sia anche razionale ma so per certo che è reale: posso dire con certezza che i fantasmi esistono.