Il Greco e l’Arabo [Il Flessibile]

di Dario B. Caruso

Quando ad un uomo di cultura si assegna un ruolo di direzione di un museo, di una pinacoteca, di un palazzo storico, l’uomo di cultura ha il dovere di operare scelte che non contrastino con la mission della struttura diretta e il diritto di esprimere al meglio le proprie idee di condivisione e di estensione della conoscenza.

Christian Greco è direttore del Museo Egizio di Torino.
Il Museo rappresenta un’eccellenza a livello mondiale, contiene un patrimonio di reperti secondo solamente al Museo del Cairo e di gran lunga superiore al British Museum di Londra. Negli ultimi anni ha visto incrementare la popolarità, il numero di visitatori (nonostante il periodo pandemico) e dunque anche gli introiti.

In questi giorni viene ripescata una sua campagna del 2018 nella quale per tre mesi il Museo riconosceva ai turisti di lingua araba una riduzione del biglietto d’ingresso.
Allora qualcuno gridò allo scandalo, oggi altri riprendono le stesse lamentazioni.

Non posso entrare nelle questioni puramente tecniche e burocratiche. Mi sento però di insinuarmi flessibilmente nelle ragioni squisitamente culturali.
La cultura è libera, non può sottendere a direttive precostituite.
Il vertice assume su di sé la responsabilità di ogni scelta; la cosa più importante è che le scelte operate non confliggano con statuti, regolamenti e costituzioni.

Si sa però che spesso l’uomo fa e disfa, ieri piaceva Greco e oggi magari si preferisce Tiradritti (non è un nome di fantasia, è proprio così: nomen omen).

Tutto è lecito, nel mondo di oggi.
Anche confondere la lingua araba con la religione musulmana.
La cultura non fa grado.