di Mauro Remotti
Dopo aver parlato di Cichinisio e Pagnufli (vedi CorriereAL del 07/06/2023), è la volta di altri tre personaggi folcloristici alessandrini: Garabuja, Patireti e l’avvocato Tronconi.
A proposito di Garabuja, Franco Castelli scrive: «Ancor oggi nella città di Gagliaudo, per indicare una persona dalle non spiccate doti intellettive e intuitive, si dice: l’è ‘n Garibuja! oppure l’è furb cme Garibuja, facendo riferimento ad un personaggio emblematico dell’immaginario popolare»[1].
Sino a qualche tempo fa, i genitori raccontavano volentieri ai loro figli le numerose scempiaggini attribuite a Garabuja, ad esempio: nascondeva i soldi nelle tasche delle altre persone per paura di essere derubato; spaccava le noci con le uova; comprava le uova a dodici soldi la dozzina per rivenderle a un soldo l’una guadagnando sulla quantità; succhiava il latte alla madre sulla schiena; passava tra una goccia e l’altra per non farsi bagnare dalla pioggia…e molte altre.
Tuttavia, la figura di Garibuja (detto anche Gariboja o Griboja oppure Ghërboja) non può considerarsi propriamente alessandrina, bensì piemontese. Infatti, secondo Gianni Cordola (Gian dij Cordòla): «Il nome Gariboja risale ad un francese della Borgogna Jean Gribouille, personaggio popolare in Francia al pari di Bertoldino in Italia, proverbiale per la sua minchioneria. In Francia il personaggio di Gribouille è protagonista del romanzo “La Sœur de Gribouille” scritto nel 1862 da Sophie Rostopcina, contéssa di Ségur. Gariboja è diventato in Piemonte l’emblema di una ingenuità spinta ai confini della stoltezza»[2].
Nella raccolta La Sghiarola[3] di Sandro Locardi è inclusa una poesia intitolata “I Garabuja”.
Patireti era forse un sacrestano non particolarmente dotto, che invitava i parrocchiani a pentirsi utilizzando un latino maccheronico. Diceva infatti “patireti” al posto di “paeniteat”. L’errore gli valse tale appellativo. Inoltre, indossava abiti non della sua misura che gli erano stati donati dalla carità pubblica. Di conseguenza, quando s’incontrava qualcuno con un abito troppo stretto, sicuramente non della sua taglia, si diceva “smej patireti”. Nella canzone dialettale Lamento di Gianni Fozzi si parla di Patireti: «Ma se ch’a jo da fè, con sta quistion ‘t am barbi ‘l ghetì a smej ammanch pu Patireti…vestisciti o me ne torno da mammà».
Anche l’avvocato Tronconi viene citato attraverso un singolare proverbio mandrogno: L’à facc cme l’avucat Truncon, ch’l’à tracc zu ra ca per vendi i mon (ha fatto come l’avvocato Tronconi, che ha demolito la casa per vendere i mattoni). E’ la cosiddetta “sindrome dell’avvocato Tronconi”,coniata da Franco Castelli, che si sostanzia nel particolare gusto demolitorio degli abitanti di Alessandria, che nei secoli ha portato a distruggere, peraltro senza troppi rimpianti, importanti monumenti cittadini.
Al riguardo, lo studioso Fausto Bima sosteneva che: «Di questo proverbio, in qualche consiglio di amministrazione, mi son servito efficacemente, traducendolo in francese, non potendolo citare in alessandrino, in questi termini: Nous faisons comme maitre Bourique qui dèmolit la maison pour vendre les briques».[4]
Forti dubbi permangono pure sulla ’“alessandrinità” della figura dell’avvocato Tronconi, in quanto modi di dire molto simili si rintracciano in diverse zone dell’Italia settentrionale.
[1] Franco Castelli, Garibuglieide, ossia cos’è la Nave dei Folli, Mitologica alessandrina, La Settimana, 1984.
[2] Gian dij Cordòla, Significato di “Furb coma Gariboja, 11 gennaio 2015.
[3] Sandro Locardi, La Sghiarola, poesie in dialetto alessandrino, MAXMI Casa Editrice, 1989.
[4] Il Piccolo di Alessandria, 14 gennaio 1981.