Rifiuto come risorsa? Sì, ma a due condizioni: filiera industriale integrata ed educazione dei cittadini [Centosessantacaratteri]

di Enrico Sozzetti

L’economia circolare è possibile. Però per il territorio alessandrino la strada è ancora in salita. Amag Ambiente e Aral: i numeri e le prospettive (1)

Il rifiuto è un valore? Certamente. A patto che vi siano cultura e senso civico, filiera industriale integrata, economie di scala. E anche quel partenariato pubblico privato che consente di dare vita a progetti virtuosi e dalle ampie potenzialità economiche. Insomma quelle condizioni di base che consentono di sviluppare processi virtuosi che si traducono in incremento delle risorse e ottimizzazione delle attività che a loro volta consentono di formulare tariffe puntuali per i cittadini. Ma i territori sono pronti ad abbandonare i troppi “campanili” e a dare vita a nuove forme di gestione?

«L’obiettivo a medio termine – risponde Giorgio Abonante, sindaco di Alessandria – deve essere quello della integrazione della filiera tra le aziende del territorio. Lo dico non guardando solo a quello che fa capo all’Aral (trentuno soci, primo il Comune di Alessandria, seguito da Genova; bacino di centocinquantamila abitanti, ndr), bensì all’area vasta dell’Alessandrino. È finito il tempo della frammentazione. Il capoluogo è un esempio della necessità di invertire la rotta: siamo al quarantacinque per cento di raccolta differenziata quando l’obiettivo minimo per legge è il sessantacinque».

Da Marco Rivolta, direttore di Aral, arriva una sottolineatura che mette a nudo una realtà fatta di numeri che devono fare riflettere: un impianto per la lavorazione della frazione ‘umida’ è economico se lavora oltre la soglia delle trentamila tonnellate all’anno. Alessandria oggi ha una raccolta di organico di circa ottomila tonnellate che, se la raccolta verrà potenziata a migliorata, potrà arrivare a quindicimila. Ma non basta ancora. Oggi la lavorazione del rifiuto è appaltata a una azienda esterna. E il risultato è che costa, anche parecchio, perché la qualità è bassa.

E lo stesso vale per carta e plastica, come rilevano ad Amag Ambiente. Nel capoluogo sono raccolte mediamente in un anno quattromila tonnellate di plastica (si trova di tutto, dal pet che ha un buon mercato per il riciclo ad altre tipologie per le quali i processi di recupero non sempre ottimali) e seimila di carta (di qualità discreta). Per le circa quattromila tonnellate di vetro, l’appalto per il ritiro, trasporto e recupero è stato invece assegnato, con gara pubblica bandita l’anno scorso, alla Tecno Recuperi che lavora il vetro nell’impianto di Gerenzano in provincia di Varese. L’azienda da oltre sessant’anni opera nel settore del recupero dei materiali riciclabili provenienti dal circuito urbano, industriale e dalla valorizzazione degli scarti di processo originati dal trattamento del rottame di vetro e ogni anno recupera trecentomila tonnellate di vetro riciclato.

Bassa qualità, scarsa convenienza economica

Il nodo di fondo è sempre lo stesso: se la qualità del rifiuto non è buona è difficile che il riciclo sia economicamente conveniente. E fino a oggi ad Alessandria nei cassonetti finisce di tutto, per colpa di un sistema di raccolta non sempre ottimale, certo, di mancanza di controlli specifici, altrettanto vero, ma innanzitutto per uno scarsissimo senso civico e di responsabilità dei cittadini che pretendono di pagare poco, ma non fanno alcunché per consentire che quei rifiuti siano un valore, per l’ambiente come per l’economia.

Sullo sfondo restano i conti di Amag Ambiente. Il cui bilancio è di imminente presentazione, ma che si annuncia in perdita. Perché? Accanto ai costi dell’energia e del trasporto c’è sempre la scarsa remunerazione dei rifiuti, frutto di scelte di mercato e di logiche anche geopolitiche con cui devono fare i conti i colossi del settore cui le multiutility, come Amag Ambiente, cedono i materiali raccolti.

La testimonianza palese della difficoltà emerge chiaramente visitando il sito del Consorzio Aral che si sta avviando verso la fine della procedura di concordato (giugno 2024) registrando piccoli passi in avanti e mettendo a punto investimenti che possono invertire la rotta. Aral (quarantadue dipendenti, trentuno soci pubblici: il primo è il Comune di Alessandria poi quello di Genova) l’anno scorso ha trattato 156.000 tonnellate di rifiuti (la potenzialità è di 253.000) e ha registrato un fatturato di circa venti milioni di euro. Se l’esercizio 2022 ha chiuso con 81.000 euro di attivo a causa del fermo di circa tre mesi della discarica di Solero e degli elevatissimi costi energetici, quest’anno la trimestrale ha visto un attivo già di 350.000 euro. Il piano industriale parla chiaro: investimenti per rifare la linea di trattamento dell’indifferenziato (capacità di quasi 140.000 tonnellate) che potrebbe entrare in funzione entro il 2025 e ottimizzare la selezione dei rifiuti e il nuovo centro di raccolta intercomunale interamente automatizzato (sorgerà di fronte alla sede Aral) finanziato per un milione e centocinquantamila euro di cui 539.000 con fondi Pnrr. Operativo nella seconda metà del 2024, sarà aperto, a clienti privati e aziende, almeno quaranta ore alla settimana.

Nella sede di Castelceriolo, dove sono lavorati oltre all’indifferenziato, anche il verde e la ramaglia da potatura e la frazione organica, sono operativi sistemi di controllo che accanto alle videocamere hanno affiancato delle termocamere che monitorano in ogni momento i vari materiali (legno, gomme, plastiche, materiali elettronici, metalli) provenienti dalla separazione degli ingombranti. Uno scanner 3D controlla invece i volumi degli stoccaggi.

Sul fronte delle aziende private, come la ReLife, le cose stanno diversamente. Con realtà industriali all’avanguardia e che hanno il cuore pulsante proprio in provincia di Alessandria.

(1 – continua)