La fine dei giochi – breve intervista con l’Altro Io [Il Superstite 494]

ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1

di Danilo Arona

Una volta, una notte di qualche tempo fa, lui mi ha telefonato. Sul fisso di casa. Stavo tentando di dormire sul divano, di fianco alla scrivania del computer. Proprio mentre cominciava un temporale di quelli che paiono provenire da un altro mondo. Va da sé che un paio di sospetti indefinibili mi avevano turbato sin da subito. Un po’ per l’ora della telefonata, le tre in punto – l’ora del demonio –, e un po’ d’altro perché il tipo dall’altra parte parlava con la mia stessa, identica spiaccicata, voce. Così, mentre oltre le finestrelle della mansarda guizzava l’inferno in cielo, quello mi disse: «Ciao, sono Morgan. Immagino tu sappia chi sono. Non affannarti a rispondere, lo so che lo sai. Ho qualche domanda da porti. So anche bene che non rubo ore al tuo sonno perché neppure io dormivo. Che ne dici? Partiamo?»

Per liberarmi da quell’inenarrabile rottura di coglioni, dovevo stare al gioco e fare più in fretta possibile. Allungai le gambe sul divano e gli diedi lo start per iniziare.

«Partiamo.»

«Per quale cazzo di motivo ti è saltato in mente di scrivere di me?»

Era facile. Ma dovevo spremere le meningi mnemoniche. Risalire al 2009, anno della sua prima apparizione. L’estate di Montebuio.

«Mi serviva un Alter Ego. Va da sé che in quel primo libro raccontavo di me, ma insomma non volevo apparire così smaccatamente pirla. Così ho accostato un bel nome, per la cronaca quello di mio nipote, il ragazzino che compare nel trailer de L’estate di Montebuio e che batte a macchina, a un cognome che per natura e musicalità fosse perlomeno indimenticabile. L’ho scovato in Grecia: Perdinka. Assieme stavano bene. E ho iniziato a scrivere di te. Un personaggio assai malleabile. Perché non sempre sei stato quel Morgan lì. Ma altri tipacci con il tuo stesso nome (e cognome) sparpagliati per universi paralleli. Lo scrittore, il chitarrista, ma anche lo scrittore non fittizio che ha inventato l’isola di Malapunta. Tutto chiaro, no?»

«No, ma sei un maestro nell’elusione delle domande. Comunque andiamo avanti. Anch’io ho fretta… Hai incontrato delle difficoltà a ideare l’ambientazione in cui calare le mie storie? Soprattutto per caratterizzare me e i miei coprotagonisti hai dovuto penare?»

«Ma figurati, Morgan. Tutto liscio come l’olio. Sei un mio Alter Ego. L’ambientazione è la mia quotidiana, magari con qualche inevitabile forzatura. Per caratterizzare te bastava  andare piazzarmi davanti a uno specchio e magari abbellire un pochino il risultato dato che c’era un libro da scrivere. Per i protagonisti di contorno ho sempre avuto a disposizione un parco di amici autentici con i quali mi sono proprio sollazzato. Prendi Zake Amplas che poi è il mio straordinario compagno di palco Fabio Tolu. Il personaggio è tal e quale il modello reale e Fabio si è divertito un sacco a ritrovarsi sulle pagine di un horror. La vera ragione di tutto quanto è che io, l’autore, sono del tutto incapace a inventare dei personaggi ex novo. Li tiro fuori dalla mia vita che è stata ricca, bella, complicata e persino eccitante. Come la tua in verità che è lo specchio della mia.»

«Pensi di scrivere altre storie che mi riguardino?»

«Vedi, Morgan, ho più di 70 anni, tu anche. Adesso sono in una orribile fase di stallo, colpa anche di quel che sta succedendo al pianeta, una brutta storia di virus e di guerre che tu avevi ampiamente previsto in Morgan e il Buio. Se ne usciamo vivi – perché, se muoio io, anche tu te ne vai a spasso per le cosmiche praterie -, giuro che per quel che resta da vivere e da scrivere, il protagonista sarai SEMPRE tu. Ma poi chissà che non esca prima o poi un libro a firma Perdinka con protagonista Danilo. Invertiamo i ruoli.»

«C’è qualcosa che non ti ha soddisfatto delle mie storie e che avresti voluto cambiare, con il senno di poi?»

«Io non sono mai completamente soddisfatto delle mie storie.  Soprattutto di quelle dove tu non c’entri un piffero, Ghost in the Machine, Santanta, Rock, La croce sulle labbra, e altri. Ma questo fa parte costituzionale di me. E di te. Siamo eterni insoddisfatti. Non c’è niente da fare, questione di DNA. Però dove bazzichi tu si va alla grande. La tua più grande e incompresa esibizione sta in Land’s End, il Teorema della Distruzione, un libro che oggi TUTTI  dovrebbero leggere dato che stiamo arrivando alla Fine dei Giochi.»

«Spero proprio di no. Mi piace vivere dove mi hai ficcato tu. La musica, le tipe, Valentina, gli occhi che si spalancano nel cielo. Dì, ma se, come hai già accennato prima, potessimo invertire i ruoli e fossi io a scrivere una storia con te protagonista, che tipo di storia sarebbe?»

«Una delle tue. Ma non ti è ancora chiaro? Sei un cazzo di Alter Ego. Sarebbe una storia di chitarre, demoni e blues. Un Robert Johnson dei nostri giorni. E poi guarda che tu l’hai già scritto una mappazza a tuo nome. Si chiama Malapunta che per paradosso passa come il mio . E l’hai scritto tu! Accidenti al beffardo destino che accompagna i Doppelganger e i nati sotto il segno dei Gemelli!»

«Siamo alla fine, Danilo. Dell’intervista, non dei Giochi. Puoi raccontarmi qualcosa del mio passato o del mio futuro che non è ancora nota?»

«Al tuo futuro non ho ancora pensato. Ma posso regalarti qualcosa di significativo di un tuo lontano passato. Qualcosa di formativo che CI riguarda. Ti ricordi quando nostra zia ci portava al cinema da piccoli a vedere gli horror? Ti ricordi di quando siamo scappati sotto una sedia atterriti solo dalla musica? Lei che sbraitava: Cosa fai lì sotto, e noi rispondevamo Non voglio guardare. Ho paura! Ricordi, vero? Sai cosa ci faceva più paura? La musica del mostro che stava arrivando. Quella cosa che parlava della sua assenza che prestissimo non sarebbe stata più tale. Bene, capitava nel 1959, ma racconta sin troppo bene il tuo percorso narrativo. Caro Morgan, sei stato il degno preambolo alla Fine dei Giochi. Adesso però la Fine è arrivata sul serio.»

«Ma vaffanculo!», e mi ha buttato giù il telefono.

Mah, il mio carattere è francamente migliore.