La leggenda di Gelindo, piacevole tradizione alessandrina [Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti

La storia che viene rappresentata ogni anno nel piccolo teatro dei Frati Francescani non accenna affatto a ridurre gli spettatori che ogni anno si ripresentano al botteghino per acquistare il biglietto che consentirà loro di assistere ad una rappresentazione sempre uguale nella sua trama ma tuttavia sempre diversa nel suo svolgimento.

E’ consuetudine infatti, che nel piccolo teatro dei Frati Francescani della città di Alessandria, nel periodo compreso fra Natale e l’Epifania, ci si ritrova per la visione dello spettacolo teatrale “il Gelindo e la Divota Cumedia”, si tratta della narrazione della storia di un pastore che vive la straordinaria avventura con l’incontro del Messia, Maria e Giuseppe.

Gelindo e la “Divota Cumedia” o “Devota Commedia”, hanno una storia molto antica e indubbiamente è un fatto culturale di tutto rispetto in cui molte persone se ne sono sempre occupate; infatti questa sacra rappresentazione, che racconta la Natività è stata accolta anche nei più remoti angoli della Provincia.

Questo suggestivo spettacolo teatrale è andato in scena per la prima volta nel periodo del Natale del 1924 ed ancora oggi viene proposto con una decina di repliche che si susseguono nello stesso periodo fino all’Epifania, anche nel periodo bellico, per la gioia dei grandi che dei piccoli.

Si può dire altresì che la “Divota Cumedia”, ha uno scopo: quello di far avvicinare il popolo alessandrino a partire dai bambini, passando dai ragazzi giungendo infine agli adulti cercando di creare uno stimolo per aiutarsi a vicenda ad essere gli uni vicino agli altri.

La Divota Cumedia si va a vedere spesso e volentieri per via della “businà” che viene rinnovata di anno in anno ossia una satira costruita con la fantasia sui mali della città di Alessandria, dove ad essere presi di mira sono gli amministratori della città.

============================================================

Una cara e antica tradizione “La leggenda di Gelindo”

Ogni anno nell’approssimarsi del Natale si rispolvera da parte dei nostri vecchi, una singolare espressione d’altri tempi: “Gelindo ritorna!”. Chi era Gelindo? Trattasi di una figura popolare propria del folclore alessandrino, o meglio della vicina piana di Marengo, presso Castelceriolo esiste infatti un cascinale detto “I Gelindo” e si vuole che la denominazione si richiami al tempo lontano in cui ogni inverno un pastore di nome Gelindo ritornava a noi col ricordo sempre vivo della Natività. Era di fatto un semplice contadino che nelle vesti del popolare suonatore di piva, ripeteva alle genti del nostro contado la storia della vecchia visita alla capanna di Betlemme. Un racconto bonario, alquanto libero e forse un po’ spregiudicato, ma sempre con espressioni e sentimenti di grande effetto sul cuore del buon popolino.

Va però ricordato che sul finire ancora dell’800, nelle terre dei cosidetti Corpi Santi, ossia i nostri odierni sobborghi, i contadini ricchi e poveri usavano riunirsi le sere d’inverno nelle stalle maggiori accanto ai buoi che placidamente ruminavano. I vecchi discorrevano di affari, quando non preferivano sonnecchiare, distesi magari nel “greppione” le donne anziane ciarlando lavoravano di rocca e fuso; i giovani amoreggiavano. Non di rado vi era anche il lettore che intratteneva l’uditorio sulle gesta dei reali di Francia o di Guerin Meschino agli Alberi del Sole! Erano due libri che allora si vendevano molto sulle bancarelle di piazza e che fornivano argomento con le gesta di Maino della Spinetta, anche per i cartelloni del narratore di storie, sul pubblico mercato del lunedì.

Nessun riferimento alle sacre rappresentazioni di un tempo; anzi quando intorno al 1926 un attore piemontese, il Casaleggio, volle su testo del Buronzo portare sulle scene la figura del nostro pastore (la prova fu fatta al teatro di Moncalvo) il tentativo non ebbe successo alcuno. La ragione sta proprio nel fatto che Gelindo era soltanto il campagnolo che andava di cascinale in cascinale, per dire ai suoi simili e nel suo dialetto, nelle sere di Natale, della nascita di Gesù Bambino. Usanza fatta nostra, anche se poi venne estesa a tutto il Monferrato; usanza che costituiva un tempo una delle più belle e care tradizioni del nostro contado.

La stalla era quindi ambiente propizio per Gelindo che la sera di Natale ripeteva a sua volta la vecchia e pur sempre nuova storia di Betlemme. Per l’occasione vestiva la pelle di agnello con tanto di bordone e di piffero; la narrazione ingenua e meravigliosa si colorava con qualche uscita spiritosa dialettale e ognuno si divertiva e commuoveva. Alla fine i commenti e le risate, e qualche bevuta per giunta, preparavano gli animi per la festa di Natale!

Piero Angiolini 20-12-1952