di Piero Archenti
In Alessandria parlare di Mercato voleva dire, fino a pochi anni fa, parlare di Fiera Campionaria e in Alessandria parlare di Fiera Campionaria aveva un solo significato, ossia, “Fiera di San Giorgio”.
La Fiera di San Giorgio nacque ufficialmente nel 1525 sotto il comando di Francesco Sforza Duca di Milano. Col tempo divenne sempre più grande, importante e molto redditizia. Subì una frenata durante le guerre napoleoniche, ma dopo il 1800 tornò sotto il nome di Fiera di Marengo in onore alla vittoriosa battaglia. Col ritorno dei Savoia subì una ulteriore frenata dal 1814 al 1845 e riprese a pieno regime soltanto nel 1900.
In quel periodo la Fiera di San Giorgio affrontò un radicale cambiamento: pagliacci, attori, mangiatori di fuoco e lotterie lasciarono il posto a una fiera più moderna e industriale, a dimostrazione dello sviluppo economico di Alessandria.
Tuttavia nei Giardini Pubblici di Alessandria, in corso Crimea il 23 e 24 aprile scorsi è “sbocciata” e conclusa felicemente la 416esima edizione della San Giorgio grazie all’undicesima edizione di FloreAle ossia la mostra-mercato dei fiori, nella speranza che l’anno prossimo tutto rientri nella normalità.
Giusto per non lasciare nulla di intentato, sarà bene rivolgere una preghiera anche a San Giorgio, il Santo patrono degli Ordini Cavallereschi che la tradizione popolare raffigura come il cavaliere che affronta e uccide il drago, simbolo della fede intrepida che trionfa sulla forza del maligno.
In proposito è giusto sapere che San Giorgio nasce in Cappadocia tra il 275 e il 285 in una regione della Turchia odierna, figlio di Policromia, una donna cappadoce, e di Geronzio, di origini persiane. Educato alla religione cristiana dai genitori, si trasferisce in Palestina per poi entrare a far parte dell’esercito dell’imperatore Diocleziano: sotto le armi dimostra di essere un soldato abile e valoroso, così da guadagnare il diritto di entrare nella guardia del corpo di Diocleziano e ottenere il grado di ufficiale delle milizie. Il 23 aprile del 303, Giorgio muore martire a Nicomedia. Proprio il 23 aprile è la data in cui la chiesa cattolica celebra il santo.
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Mercato Annonario
Il mercato di v. S. Lorenzo è, per dirla alla Zola, il ventre di Alessandria; ogni mattina centinaia e centinaia di persone, in massima donne, si avvicendano intorno ai “banchi” colmi di ogni ben di Dio, ed in breve ore tutto sparisce nelle capaci borse delle nostre massaie. Il brusio è continuo. Sono le inevitabili discussioni su prezzi e qualità, sono i commenti delle gaie comari sui fatti del giorno. Non per nulla si usa dire che “tre doni i fan in mercà”! Mercato importante, sebbene siano anche sorti taluni mercati rionali in piazza S. Stefano, in Largo Marconi e sulla piazzetta di S. Croce in v. Guasco. Un tempo le bancarelle della verdura si stendevano lungo la stessa v. S. Lorenzo, confinate poi, senza fortuna, in v. Giuseppe Borsalino ed ora più saggiamente distribuite in diversi punti della città.
Quando e come è sorto il nostro popolare e giornaliero mercato annonario? Fra tutti è certo il più giovane, e per chi non lo sapesse diremo che rappresenta l’ultimo ricordo dei locali della nostra famosa Fiera che tra il 600 e il 700 rese nota Alessandria in tutta l’Europa. La Fiera sorta nel 1525, era dapprima installata sulla piazza di S. Giuseppe, dietro al Duomo vecchio (all’incirca odierna Prefettura); nel 600 prese stabile dimora a Porta Marengo e nel 1661, in locali più spaziosi presso Porta Genovese. Così Alessandria ebbe due diverse Contrade intitolate alla Fiera: l’una Vecchia (v. Dante) e l’altra Nuova (v. Roma). Risulta che sul finire del 700 il cosidetto Quartiere della Fiera era chiuso da ben 4 strade: Roma, S. Lorenzo, S. Giovannino (v. Legnano) e Suore di Pozzolo (v. Bergamo); aveva 120 botteghe interne, sale di ritrovo, caffetterie e grandi magazzini. (oggi l’Upim occupa proprio uno dei vecchi Saloni della Fiera). Ancora nel 1770, l’Arch. Caselli provvide a nuovi locali con due ingressi in v. S. Lorenzo e v. Roma.
Ogni attività cessa nel 1794 in seguito agli avvenimenti di Francia: purtroppo è la fine di ogni splendore. Nel 1813 Napoleone vi alloggia i suoi soldati e scomparso il Dipartimento di Marengo, si inizia nel 1816, l’attuale mercato; sono per primi i macellai che vi aprono le loro botteghe con annessa ghiacciaia dove d’inverno si conservano i lastroni di ghiaccio del Tanaro e la neve dei bastioni! Nel 1818 diversi locali sono affittati come abitazione e l’anno appresso quello che rimane diventa foro granario. Invano però si tenta trasferirvi anche il mercato del grano che rimane in Piazzetta della Lega.
Nel 1857 il Comune decide di vendere ai privati il lato di v. Roma e quella di v. S. Giovannino; nel primo sorgono case e palazzi, nell’altro si installano diversi artigiani: per tutti ricordiamo i Fratelli Negri, battiferri rinomati. Quando poi in v. Legnano ospiterà in miseri tuguri i ragazzi spazzacamini, per il popolo diventerà la “strà di spasacamèn”!
Nel 1878 si apre infine il grande mercato annonario che riunisce carni e pesci, pollame e uova (già in piazza S. Stefano), verdura e frutta (già in p.za Reale). Allora la v. Verdi, già Palazzo di Città o del Teatro, era detta la strada della Frutta e tutt’ora nel cortile del Cinema Alessandrino si vedono taluni magazzini dei mercanti del tempo.
Il mercato all’ingrosso di Frutta e Verdura si teneva invece in piazza S. Bernardino (ora Goito) e qui si vendeva anche a maggio, la foglia di gelso, essendo allora usanza da parte delle donne del popolo di mettere “giù in casa” (così si diceva) il seme per “i cucalen” (bozzoli)
Piero Angiolini 5-12-1953