L’Airetta, ossia cortile dove si battevano le spighe per spigolare il grano [Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti

Ricordo ancora, stiamo parlando di molti, troppi anni fa, ossia quando i funerali percorrevano a piedi la via Mazzini per terminare all’incrocio con Spalto Marengo. Da quel punto e fino al Cimitero il “carro funebre” proseguiva celermente fino a raggiungere la “cà ‘d Laurèn” (Lauro infatti, era il nome del custode del Cimitero di quei tempi). Ovviamente stiamo ancora ricordando con la memoria gli anni 40-50 ossia il periodo in cui gli alessandrini (compreso chi scrive essendo nato nel ’41) furono costretti, loro malgrado, a vivere in prima persona la seconda guerra mondiale e, successivamente, il periodo della ricostruzione postbellica.

Ebbene, erano quelli i tempi in cui furono molti gli italiani che li vissero personalmente (attualmente sempre meno numerosi ahimè!), ricordando ancora il periodo della ricostruzione del Paese e in particolare della nostra Alessandria. Fu un periodo drammatico e contemporaneamente ricco di nuove possibili esperienze, come, ad esempio, l’entrata in servizio della nuova linea “filoviaria” che sostituiva l’arcinoto “tulòn” (1) che terminava proprio in quegli anni il suo “onorato” servizio.

Era appunto il 1952 quando entrò in servizio il primo “filobus” (2) alessandrino e personalmente ricordo ancora quella domenica che, in solitaria, accoccolato sul passo ruota del nuovo filobus, posto di fianco all’autista, spesi fino all’ultima lira della mia scarna paghetta, andando avanti e indietro, dal capolinea di Piazza della Libertà al capolinea di Corso Acqui, in fondo al rione Cristo. Fu una domenica memorabile e ricordo chiaramente il commento dell’autista che, vedendo quel ragazzino andare su e giù senza mai scendere a nessuna fermata si scocciò al punto da apostrofarmi, in dialetto: “di ‘n po’ fanciòt, ma t’hai propi gnente da fè che andè avònti e andréra tùt u dì?” (di un po’ ragazzo, ma non hai proprio nulla da fare che andare avanti e indietro tutto il giorno?) Ovviamente scesi al successivo capolinea di Piazza della Libertà tanto più che la mia paghetta era anch’essa giunta al capolinea…

Vale la pena ricordare anche l’ormai sbiadito periodo in cui ant’la Curt di russ (Cortile dei rossi) sul fondo di via Guasco, si battevano le spighe di grano raccolto nelle campagne intorno alla città dopo la trebbiatura. Anche questo è soltanto un ormai lontano, anzi, lontanissimo ricordo ricco soprattutto di “sentito dire”. Mi riferisco a quell’angolo di Alessandria situato in fondo a via Guasco, laddove la strada si allarga per fare spazio ad un bar oltre a palazzine e palazzi multipiani che nulla hanno più a che vedere con l’ormai sparita “Curt di russ”.

Anche la parte terminale di via Mazzini non ha più nulla a che vedere con quanto ricordava il nostro Angiolini, infatti, osservando le foto dell’epoca in cui si vede il vecchio tram in fondo a via Mazzini si può ancora notare, a sinistra la cancellata della “Villetta Torielli”(3 ) citata da Angiollini, molti anni prima che la stessa venisse abbattuta per costruire il palazzo che attualmente insiste sull’area occupata dal condominio odierno, sorto in angolo con Spalto Marengo. Sul lato opposto (4) invece, oltre al vecchio Tram (Tulòn), possiamo tutt’ora osservare l’antica recinzione in mattoni, in parte tutt’ora esistente, dell’ormai soppresso Ospedale psichiatrico, di fronte nuovamente la Villetta Torielli, vista da Spalto Marengo (5).

1 – Il vecchio Tram soppresso nel 1952
2 – Il nuovo Filobus entrato in servizio nel 1952
3 – La cancellata della vecchia Villetta Torielli
4 – Muro di recinzione della parte terminale di via Mazzini
5 – Inizio di via Mazzini visto da Spalto Marengo

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L’airetta

Abbiamo letto di recente della “Villetta” mesto luogo di sosta dei carri funebri per l’ultimo saluto a chi parte per il Cimitero. ”Villetta” è la denominazione dettata dal nostro popolo, nata sin da quando la sosta avveniva a Porta Ravanale, al fondo di via Mazzini, e qui ancora si vede la cancellata della vllletta Torielli da cui ebbe origine e diffusione la denominazione stessa. Il popolo, eterno fanciullo, generoso e terribile, è per sua natura tradizionalista e conservatore; se un giorno i funerali fossero avviati per via Claro onde seguire la nuova comunicazione diretta per il Cimitero, si può esser certi che l’attuale piazzetta Bistolfi sulla circonvallazione, sarà ancora “Villetta” come appunto è avvenuto per via Guasco. La via nuova per i nostri anziani sarà ancora la strada dei “Bagni Militari”, sebbene le due piscine nascoste nel verde dei bastioni, siano scomparse da tempo!

Non si adombri quindi il nostro Sindaco se sente tutt’ora nominare Piazza Genova sebbene nel ventennio abbia mutato ben quattro volte di targa; lo stesso avviene per Piazza Savona, da un cinquantennio ribattezzata Garibaldi! La “Villetta” di via Guasco, si apre di fronte alla famosa “Curt di Rùss” angolo caratteristico della Città che sta per scomparire, coperto già in parte da un nuovo bel palazzo, presto seguito da altri similari. Pochi ricordano che la “curt” (cortile) era pure chiamata in loco “l’airetta” diminutivo di “éra” (aia campagnola). E’ un ricordo di anni addietro di quando le donne del popolo, e segnatamente quelle del Canton di Rùss, da brave massaie, usavano “d’amson” (estate) uscire nei campi vicini per “amsunè” (spigolare) grano e granturco che veniva poi essiccato sullo spiazzo del cortile, ormai del tutto dimenticato.

In merito ancora alla “Villetta” diremo che l’uso dei carri funebri a cavalli fu introdotto precisamente il 20 marzo 1877 e non senza difficoltà. Risulta che nei primi mesi del 1871 in occasione del rifacimento della Sinagoga di via Milano, la Comunità Israelitica si provvide anche di un carro funebre speciale riservato alla Comunità stessa. Una Impresa tentò allora di generalizzare quel servizio senza alcun successo; ci vollero infatti ben sei anni per vedere il primo nostro funerale con il carro a cavalli! Dapprima e ancora per molti anni dopo, il trasporto era seguito dai “batù” confratelli religiosi che il popolo chiamava “becamort”; essi vestivano un camiciotto con mantellina, diversamente colorato a seconda della parrocchia di appartenenza.

Nel 1877 un cronista, certo avverso al nuovo sistema di trasporto a traino animale, auspicava libertà di scelta del funerale; non immaginava che sarebbe venuto il giorno in cui il servizio stesso si municipalizzava e che i morti andavano alla “Villetta” in automobile”.

Piero Angiolini 11-09-1954