La dominazione spagnola in Italia ebbe inizio nel 1559 e finì nel 1713: ecco le tracce alessandrine [Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti

 

Il potere degli Sforza su Alessandria cadde all’inizio del XVI secolo quando la città passò alla dominazione spagnola, che ebbe inizio ufficialmente in Italia nel 1559, dopo la pace di Cateau-Cambrèsis firmata da Filippo II di Spagna ed Enrico II di Francia che pose fine alle guerre d’Italia e durò fino al 1713. La pace di Cateau- Cambresis pose fine al lungo conflitto franco-asburgico per il controllo dell’Italia.

Le tracce della dominazione spagnola sono riscontrabili anche in alcuni interni di chiese e palazzi: le terrecotte e la statua policroma in legno in Santa Maria del Castello, alcuni sovraporta di Palazzo Cuttica di Cassine, i dipinti del Caccia in Cattedrale, i corali di Pio V conservati al Museo Civico.

In particolar modo l’unica architettura di matrice spagnola ancora oggi materialmente conservata, grazie al lodevole interessamento di alcuni volontari, che ringraziamo, è la piccola chiesa della Beata Vergine del Monserrato in piazzetta Monserrato (anno 1626) dove la chiesetta è uno dei pochi edifici rimasti a testimoniare la lunga dominazione spagnola in città. Sorge sulla omonima piazzetta, di fianco ad uno stabile precedentemente occupato dall’asilo infantile “Monserrato”, retto dalle suore Salesiane e risalente alla metà dell’Ottocento ed ora completamente abbandonato.

La Madonna di Monserrato (1) è particolarmente cara alla devozione degli Spagnoli. Si pensa che a fondare la chiesetta sia stato uno spagnolo: il Maestro di Campo e Capitano Generale della fanteria spagnola Matheo Otanez, che governò Alessandria dal 1625 al 1627. Nella nicchia sull’ingresso è presente un affresco raffigurante la Madonna del Monserrato; all’interno è conservata una Madonna Nera attribuita ad un artista spagnolo del XVII secolo.

Un destino tutt’altro che lodevole invece, è quello toccato alla Chiesa di Santa Maria Domus Magnae (2) di via Ghilini. Esisteva già nel 1486 presso un’ampia casa porticata che giungeva fino a via Dante, da qui l’appellativo di Domus Magnae. Nel 1606 fu aggregata all’Arciconfraternita Romana del Gonfalone e all’inizio del Settecento fu officiata dai Minori Osservanti, tra il 1765 e il 1769 fu riedificata e nel 1933 restaurata e assunta a sede della Confraternita della SS.Trinità, annessa alla Casa di Riposo “Teresio Borsalino”. Più tardi abbandonata, nel 1977 venne degradata a rimessa per la Questura. Dal 1992 appartiene al Comune di Alessandria e attualmente è in stato di completo abbandono.

Infine, ecco l’ultima testimonianza del passaggio degli spagnoli. Probabilmente anche la più importante in quanto risale al sorgere dell’antica chiesa benedettina fondata dai castellazzesi trasferitesi nella città di Alessandria verso la fine del Duecento e successivamente trasformata in convento delle Orsoline. Dell’antico convento, ora destinato a Istituto di Istruzione Superiore “Saluzzo Plana” (3), dedicato a Diodata Roero Saluzzo, resta solo il campanile alto 21 metri la cui copertura risale al 1888.

1 – Madonna del Monserrato.

2 – Chiesa di Santa Maria Domus Magnae.

3 – Ex Convento delle Orsoline ora Istituto Saluzzo-Plana.

4 – Arco di Marengo.


L’antica Cittadella Spagnola trasformata in “Campo di Marte”

Qualche tempo fa, in occasione dei lavori di ampliamento della cosiddetta Casa di Lourdes di via Tortona, gli operai dell’Impresa Astuti, rinvennero durante gli scavi in un antico sotterraneo, alcune grosse palle di pietra che altro non erano che proiettili delle famose bombarde del buon tempo antico, bombarde costituite da un grosso tubo contenente la carica di polvere necessaria per il lancio a breve distanza delle pesanti palle.

Il materiale trovato è andato perduto; logicamente doveva trovar posto nel nostro Civico Museo; comunque offre occasione per parlare di una vasta Cittadella che occupava tutta la nostra ex Piazza d’Armi Vecchia, sulla quale oggi tra le altre costruzioni, sorge anche la Casa di Lourdes.

Occorre risalire al lontano 1600 epoca in cui Alessandria era ancora divisa in due parti distinte e separate dal fiume Tanaro, ciascuna parte dotata di mura proprie indipendenti. Al di là del fiume stava Borgoglio la cui cinta fortificata misurava circa 250 metri; al di qua del Tanaro i ben noti Rioni di Rovereto, Gamondio e Marengo con una cinta di circa il doppio. I nostri anziani ricorderanno infatti che sino a fine secolo scorso, il giro del viale di Circonvallazione contro i bastioni era appunto di cinque chilometri.

Nel 1600 al tempo degli spagnoli si riteneva che per difendere le nostre mura, occorressero non meno di 3600 uomini, precisamente un soldato ogni due metri; e poiché durante il Governo del generale Sottelli (anno 1642), Alessandria non disponeva di siffatta truppa, fu deciso di rinforzare convenientemente le fortificazioni migliorando altresì l’immissione delle acque della Bormida nel giro maggiore, e del Tanaro per Borgoglio.

Già prima avevano approntato una Cittadella che allora fu migliorata; si trovava contro il bastione di Marengo sotto il quale scorreva la Bormida; sul fianco aveva invece il Bastione detto della Maddalena da un noto convento ivi esistente. Naturalmente detta Cittadella nulla ebbe in comune con l’attuale Cittadella sul Tanaro sorta più tardi nel 1728 sulle rovine di Borgoglio; va solo detto che decadde ogni sua importanza a motivo appunto della nuova grandiosa opera fortificata.

L’ingresso della Cittadella spagnola si apriva al fondo della strada della Fiera Vecchia (ora Dante) e precisamente dove oggi vediamo il cosiddetto Arco di Marengo (4), ricostruito in solida muratura proprio come ornamento esterno della Cittadella stessa. Logicamente detto Arco avrebbe dovuto sparire quando la Cittadella venne distrutta nel 1805 dai francesi i quali mantennero l’Arco in quanto dal popolo fu detto di Marengo a ricordo proprio di Napoleone!

Nel grandioso progetto difensivo del Chasseloup disposto da Bonaparte, a sostituire la Cittadella distrutta, altra ne doveva sorgere oltre la Bormida il cui corso fu proprio allora allontanato dalla Città dove tutt’ora si trova. Progetto tosto abbandonato in quanto due Cittadelle separate e indipendenti una dall’altra, potevano costituire una pericolosa divisione di forze.

L’antica area della Cittadella spagnola divenne quindi un “Campo di Marte” che prese il nome di Piazza d’Armi Vecchia quando nel 1855 sorse agli Orti la nuova Piazza d’Armi. Cadute nel 1910 le servitù militari il vasto perimetro fu compreso nelle aree fabbricabili e così tra l’altro, nacque la bella piazza Genova, oggi Matteotti.

Piero Angiolini 24-12- 1955