di Ettore Grassano
“Primo punto fermo: indietro non si torna. Ossia mai più zone rosse, o per tanti commercianti sarà davvero la fine. Ma dico di più: bene l’arancione, ma meglio il giallo, e il nostro colore preferito è il bianco: avanti tutta verso la normalità insomma, da raggiungere prima possibile, pur nella volontà di rispettare tutte le normative sulla sicurezza. Per i clienti, come per gli esercenti”. Alice Pedrazzi, direttore di Confcommercio Alessandria, è reduce dalla trasferta di Roma della scorsa settimana, dove ha rappresentato i commercianti alessandrini nella grande manifestazione nazionale di Confcommercio. “Un clima surreale: tanta palpabile tensione, tante storie disperate: ma il sentimento più forte è stata comunque la speranza, e la volontà di tornare al più presto alla normalità”.
Da Alice Pedrazzi, a circa sei mesi dall’ultima chiacchierata, ci facciamo raccontare quali sono gli stati d’animo diffusi tra gli esercenti e i loro dipendenti, ma soprattutto i progetti attraverso i quali il commercio alessandrino punta a risollevarsi. Ma parliamo anche di rigenerazione commerciale e culturale del Basso Piemonte: un progetto nato prima del Covid, con partner e mire ambiziose, che strada facendo naturalmente ha trovato tante motivazioni in più per crescere, e per sviluppare proposte concrete con cui affrontare il futuro prossimo del commercio di casa nostra.
Direttrice Pedrazzi, che aria ‘tirava’ a Roma?
La stessa che percepiamo ad Alessandria: la determinazione prevale sullo scoramento, e questo è molto positivo. Il commercio è nato con l’uomo, e non morirai mai: ma questo evidentemente non basta. Abbiamo avanzato al Governo Draghi richieste precise: al nostro settore, a partire dalle tante, troppe attività ancora chiuse, o aperte in maniera marginale (si pensi al solo asporto per la ristorazione: impensabile tenere in piedi a lungo imprese con questa sola modalità), Ottima la decisione di riapertura fissata per il 26 aprile, anche se servono regole certe, e occorre arrivare al più presto alla piena normalita.. In questi ultimi 14 mesi chi opera nel settore del commercio ha subìto la pandemia due volte: come cittadino, ma anche come imprenditore, o dipendente di impresa. Ora davvero diciamo basta….
I ristori, come si chiamavano nel 2020 con Conte, o aiuti di sostegno alle imprese, come si dice ora con Draghi, non sono sufficienti?
Ovviamente no, neanche lontanamente. Basta fare un conto, calcolatrice alla mano, per scoprire che ogni impresa riceverà in queste settimane qualche migliaio di euro, al più. Sempre meglio dello scorso anno, se non altro perché si è cancellata la discriminazione dei codici Ateco, ma rimangono provvedimenti inadeguati. Occorre pensare a nuove forme di integrazione al reddito, per la seconda metà del 2021. Ma soprattutto bisogna muoversi in un’ottica di medio lungo periodo. E’ certamente importante che quest’anno le imprese non chiudano, ma se si ragiona nel breve, e con provvedimenti spot, il rischio è davvero quello di prolungare l’agonia…..
Cosa chiedete?
Nessuno si illude che possano arrivare stabilmente contributi a fondo perduto dallo Stato. Ma occorre sensibilizzare l’Unione Europea, il sistema bancario e tutti gli altri soggetti potenzialmente coinvolgibili affinché si pensi ad una politica di sostegno finanziario alle imprese a 15-20 anni. Ossia finanziamenti a interesse zero, o quasi, garantiti dallo Stato, e dall’Europa. Senza un intervento strutturale di questo tipo, sarebbe un disastro.
Qui da noi la situazione qual è?
A macchia di leopardo. Ci sono settori, dall’abbigliamento ai servizi alla persona (parrucchiere, estetiste) che sono ripartiti la settimana scorsa, ma che devono fare in conto con mancati incassi rilevanti, e in molti casi, come per l’abbigliamento appunto, con ingenti investimenti che rischiano di risultare un costo ‘secco’: pensiamo a chi ha acquistato le collezioni autunno inverno, per fare un esempio. Ma c’è chi sta ancora peggio. I ristoratori, i bar, le pizzerie, ma anche cinema e teatri, piscine, palestre e centri benessere, discoteche e locali da ballo, fino ai giostrai e allo spettacolo viaggiante. Certamente sto dimenticando altre categorie, e mi scuso. Ma questi sono esempi di intere filiere ferme da mesi, che dal 26 aprile, e in alcuni casi con la gradualità prevista, devono poter ripartire, e anche avere il sostegno e le risorse necessarie. Altrimenti si rischia il collasso.
In più, ci avviciniamo ad una serie di scadenze fiscali, nazionali e locali: chi sarà in grado, quest’anno, di pagare tasse e tributi?
Questo è un altro aspetto su cui, come Ascom-Confcommercio, chiediamo un segnale forte: ha senso chiedere, ad esempio, il pagamento della Tari ad attività che sono state chiuse per gran parte dell’anno, senza incassare praticamente nulla? Chiaramente anche qui serve però una strategia organizzata dal vertice, ossia dallo Stato. Non possiamo pensare che siano gli enti locali, e i comuni in particolare, a farsi carico di queste decisioni, e dei mancati introiti: sarebbe come fare il gioco del cerino, o della coperta corta. Spetta al Governo prendere decisioni di sistema, appunto.
Confcommercio però, oltre a sollecitare aiuti e sgravi, sta anche mettendo a punto strategie che guardano al post Covid, allo sviluppo e al rilancio del territorio. Una di queste, Rigeneriamo il Basso Piemonte, è indirizzata specificamente a casa nostra, ed è stata pensata in epoca pre Covid. Ora però….
Ora è ancora più necessaria, e naturalmente occorrerà ‘tararla’ sulle esigenze di un tessuto commerciale e turistico ‘travolto’ dallo tsunami che ancora stiamo vivendo.
Rigeneriamo il Basso Piemonte è un progetto nato nell’ambito di una collaborazione territoriale tra l’Università La Sapienza di Roma (Master di II Livello in Valorizzazione e gestione dei centri storici minori – ACT – Ambiente Cultura Territorio, azioni integrate), la Confcommercio della provincia di Alessandria e il Comune di Alessandria. Il Master tratta il tema della valorizzazione e gestione dei centri storici minori con un taglio decisamente interdisciplinare, offrendo un percorso formativo finalizzato alla valorizzazione e riqualificazione ambientalmente sostenibile, energeticamente efficiente e di conservazione programmata dei centri storici che si avvale della collaborazione di docenti in economia, sociologia, sviluppo economico, oltre che naturalmente di architettura.
In pratica?
In pratica è già stata presentata, l’autunno scorso, una prima ‘sessione’ di progetti, molto interessanti, più tarati sul capoluogo, Alessandria. Per il prossimo autunno sarà selezionato un secondo gruppo, con uno sguardo più ampio, a tutta l’area del basso Piemonte. L’obiettivo non è soltanto estrarre dal cilindro buone idee imprenditoriali, ma aiutare i giovani imprenditori o professionisti a realizzarli, individuando adeguate linee di finanziamento, pubbliche e private?
Per analogia viene da pensare al progetto di Coesione Territoriale del Bacino del Tanaro,e ad altri simili in partenza in Piemonte. Potranno esserci sinergie?
Dovranno esserci: solo se riusciremo a fare davvero sistema, e a mettere a fattor comune progetti ambientali e imprenditoriali ‘trasversali’, con matrice comune la valorizzazione del nostro territorio, riusciremo nell’intento di imboccare, nel post Covid speriamo imminente, un percorso di crescita e di nuovo sviluppo eco compatibile, ma anche fortemente digitalizzato, che è l’unica strada per dare a tutto l’Alessandrino un futuro su cui scommettere positivamente, per noi e per le future generazioni. Le province di Alessandria e Asti, peraltro, rappresentano un’area vasta che ha moltissimo in comune, anche sul fronte turistico, oltre a poter contare ormai su un’unica Camera di Commercio. Anche Slala sta lavorando sempre di più anche in direzione astigiana, e con i nostri ‘cugini’ di Confcommercio Asti noi lavoriamo già benissimo su diversi fronti.
Peraltro in questo percorso, lo abbiamo ribadito più volte, commercio e turismo dovranno avere un ruolo centrale, e i nostri associati hanno imparato molto dall’epidemia Covid. Da un lato è emersa la nuova centralità del commercio di prossimità. Dall’altra ci siamo resi conto che il domani dovrà per forza essere Phygital, ossia fisico più digital. Il commercio tradizionale negli ultimi 14 mesi ha accelerato la sua evoluzione e i suoi investimenti (tecnologici e culturali) verso il digitale, e da lì indietro certamente non si torna.