Molti anni fa avevo trovato – e quindi messo in collezione – una serie di vecchie fotografie che, per diversi motivi, non ho mai voluto pubblicare.
La prima che in seguito ho usato (di quella piccola serie) riguarda la chiesa di Sant’Alessandro e mi era servita per arricchire la prefazione al mio ultimo lavoro editoriale: Quaderno Alessandrino/Cartoline e Cronache d’epoca, Astigrafica, 2015. Pubblicata per ricordare e onorare la Pasticceria Gallina in occasione dei suoi Ottanta anni di attività.
La seconda fotografia, quella con la facciata della chiesa di San Rocco che propongo oggi, in passato mi servì per fare una sorpresa all’amico Mario Di Cianni, curatore della pagina Facebook “QUELLI CHE A SAN ROCCO… NEGLI ANNI 70/80”.
Mario Di Cianni è stato ragazzino proprio all’ombra del campanile di San Rocco ed è famoso (non per aver frequentato l’oratorio della parrocchia appena citata) per aver fondato nel 1974 – con altri ragazzini del rione, suoi coetanei – il primo gruppo organizzato di tifoseria Grigia.
Tutto questo spiegone solo per continuare il discorso su quanti particolari una semplice e vecchia immagine possa evocare.
Ogni persona può vantare innumerevoli ricordi, in base al proprio vissuto. Per ognuno differenti emozioni che spesso si intrecciano con quelle degli altri.
Naturalmente il giovincello Mario (ma anche io), all’epoca della vecchia fotografia (1924), era ancora nel mondo della Luna… e forse a quell’epoca lo erano anche i suoi simpaticissimi genitori (che ho conosciuto).
A parte questa divagazione temporale la fotografia, che purtroppo in maniera molto maldestra è stata ridotta di dimensioni con delle sforbiciate, rappresenta uno scorcio relativamente insolito di un angolo periferico della città ed è presumibile – vista la qualità dell’esecuzione – sia stata scattata da un dilettante.
A prima vista si nota un particolare molto significativo che svela come il tempo e l’uomo abbiano cambiato il soggetto raffigurato rispetto a ciò che si può vedere oggi.
Oltre a molte differenze possiamo osservare che oggi non c’è più il finestrone ovale che occupava una discreta porzione della facciata. Al suo posto vediamo un dipinto raffigurante San Rocco. Inoltre tutte le finestre sono state modificate e le costruzioni della piazza oltre a quelle adiacenti alla chiesa sono completamente modificate. Persino il portoncino di accesso all’oratorio risulta ora più grande rispetto a quello fotografato nel 1924.
Propongo quindi qui, per un confronto, anche l’immagine della situazione attuale.
I miei ricordi legati al tempo passato nel cortile della chiesa e nelle sale dell’oratorio sono positivi per quanto riguarda gli amici con cui giocavo. Sono meno emozionanti se mi soffermo a pensare ai preti che ho avuto la ventura di incontrarvi.
Il viceparroco – don Francesco Lucian, appassionato fotografo – mi aveva insegnato i primi rudimenti per scattare fotografie, e di questo gli sono grato.
Meno felice è il ricordo di un energico ceffone – in alessandrino in lurdon – che proprio lui mi aveva rifilato con forza e in pieno viso vedendomi fare degli innocui scherzi a un amico. Questo ricordo in pratica ha cancellato i pochi ricordi positivi…
Del parroco, don Ugo Cruciani, ricordo la sua mielosità e il suo finto sorrisetto bonario.
Dopo l’oretta di gioco e di svago era obbligo, per tutti i ragazzini dell’oratorio, andare a sorbirsi il Rosario. Lo giudicavo un ricatto. Era un ricatto!
Vuoi venire a giocare negli spazi della chiesa? Devi sorbirti la recita del Rosario.
Immaginate ragazzini fra i dieci e i quattordici anni con quanta voglia entrassero fra i banchi della chiesa per subire mezz’ora di orazioni e di giaculatorie.
Altro sgradevole ricordo che la dice lunga sull’egoismo di chi invece dovrebbe fare dell’altruismo una bandiera.
Una domenica, mentre mi vestivo per fare il chierichetto, don Ugo mi dice: “Quando sta per terminare la Messa vieni qui in sacrestia, prendi quel fascio di Famiglia Cristiana e ti metti nei pressi della porta per venderle. Costano settanta lire”.
Qualche parrocchiano generoso mi lasciava addirittura cento lire. Finita la vendita e tornato in sacrestia mi ero messo a contare quanto avrei dovuto dare al parroco per la vendita dei settimanali. Intuendo i miei propositi aveva subito detto in maniera decisa di lasciar stare, che quelle monete erano tutte per la chiesa. Una doccia fredda.
Anche quel pomeriggio così non sapevo se avrei avuto i soldini necessari per assistere allo spettacolo cinematografico presso la saletta del Cinema San Rocco.
Settanta lire per me – a quei tempi – erano tantissime, sebbene quel cinema fosse il più a buon mercato di tutti quelli della città. Niente cinema e niente stringhe di liquirizia da gustare. Niente gazzosa.
Naturalmente, se non avevi i soldini, quei preti non ti avrebbero lasciato entrare neanche morto per assistere alla proiezione del film.
Ricordo che la domenica successiva mi ero attrezzato: nelle tasche dei pantaloncini avevo diverse monete da dieci lire, avute forse in prestito dalla mamma, che mi sarebbero servite per dare al parroco la cifra esatta dell’incasso per la vendita delle Famiglie Cristiane… decurtate necessariamente delle poche mance ricevute.
Quel pomeriggio il cinema era assicurato e forse anche qualche stringa di liquirizia da ciucciare durante la proiezione…
Fu l’ultima domenica in cui venivo incaricato di quel compito. Il prete aveva visto l’incasso e di certo aveva mangiato la foglia…
Scoprivo in quel modo – in quel modestissimo prete dal sorriso mieloso – la grettezza fatta persona.
Il compito di venditore da quel momento toccava ad un altro bambino, forse più servizievole e meno scaltro o meno interessato di me.
Spero che Mario e tutti gli altri suoi amici, di qualche anno più giovani di me, frequentando l’oratorio in anni successivi al mio tempo, abbiano avuto la fortuna di conoscere preti migliori…
Son passati cinquant’anni e quei sassolini nella scarpa mi hanno troppo infastidito.
Meglio levarli… ora riesco a camminare molto meglio!