Incubi e sorrisi di Domenico Di Filippo [ALlibri]

a cura di Angelo Marenzana

 

Domenica letteraria in compagnia di Domenico Di Filippo, volto noto in città per le sue attività sociali e per l’impegno politico. Su ALlibri è presente il suo ultimo romanzo Incubi e sorrisi pubblicato da Europa Edizioni, con cui l’autore si racconta, anzi, continua a raccontarsi, dopo la positiva esperienza autobiografica che lo ha visto protagonista  della prima fatica editoriale Capolinea (pubblicato dieci anni fa con la torinese Seneca Edizioni).

Nei nove capitoli con cui è stato confezionato Incubi e Sorrisi il suo personaggio/alter ego Daniele De Santis prosegue nel suo percorso tra un passato e un presente che si rincorrono come fossero vite parallele.

Daniele e Roberta sono sposati da tanti anni e i loro figli, Luciano e Michele, sono avviati a una vita autonoma e di successo. Sembrano lontani gli anni sofferti e angosciati in cui gravi problemi di salute e vicende alterne avevano minato la loro serenità. Un infarto improvviso, però, mette in serio pericolo la vita di Daniele: lui che ha sempre aiutato i malati, tra­sportandoli a bordo della sua ambulanza, si ritrova ad aver bisogno di aiuto costante; lui che non riesce a stare fermo e pratica qualsiasi sport, è costretto a fermarsi. Lo stop forzato è anche l’occasione per guardarsi indietro, in un viaggio di ricordi che lo riporta lontano nel passato, all’inizio di quell’avventura che gli ha permesso di costruire la sua meravigliosa famiglia: il tempo sembra fermarsi mentre rivi­ve l’entusiasmo di due giovani sposi, la paure per le incognite del futuro, i legami che lo hanno accompagnato crescendo e i momenti bui e dolorosi che ha dovuto affrontare. Forse è possibile guardare le cose con rinnovato amore e passione… forse non è mai tardi per cominciare una nuova vita.

E così eccolo a raccontare la realtà della sua esistenza in terra alessandrina muovendosi tra i drammi quotidiani e il dolore visto attraverso l’occhio del soccorritore della Croce Verde, oppure rievocando il clima politico anche violento della metà degli anni settanta. Sempre stemperato da rapidi lash dei suoi ricordi di vita meridionale. Degna di nota partcolare la seconda parte del romanzo, mentre si pone con grande coraggio a raccontare i due angosciosi mesi di novembre. Quello del 1980, era il 23 quando un violento terremoto scosse la vita della Campania centrale e della Basilicata ricoprendo l’intera area geografica di lutti e macerie. E poi il 6 novembre 1994 con l’alluvione che ha ferito la sua “nuova” città, Alessandria, portando con sè fango e disperazione.

Buona lettura con un brano di Incubi e Sorrisi.

 

Aveva le mani sotto il mento e le braccia appoggiate alla ringhiera, scrutava l’acqua del fiume Tanaro che scorreva lentamente portando con sé una dolce brezza. I riflessi del sole cominciavano a specchiarsi nell’acqua. Scrutava la corrente che trasportava miriadi di cose: rami, foglie, a volte anche tronchi molto grandi. Studiava il paesaggio sotto di lui: appena attraversata la strada, c’era la piscina comunale, rimasta come sempre piena di acqua, per riparare il telo del fondo dalle gelate invernali, diventato ormai di colore verde scuro. Fu in quel momento che sembrò andare in trance, cominciando un viaggio nel tempo che lo riportò al 6 novembre del 1994.

C’era fermento in casa De Santis quella mattina, Daniele e Roberta, alcuni giorni prima, avevano deciso di festeggiare il loro anniversario di matrimonio pranzando assieme ai loro due figlioletti in un ristorantino di proprietà di un caro amico e collega di Daniele, a Gamalero, vicino ad Alessandria. Luciano e Michele, ognuno per conto proprio, erano intenti a giocare mentre Roberta si preoccupava che fossero in ordine prima di uscire. Piovigginava da qualche giorno, una pioggia fastidiosa, a volte intensa, a volte lenta ma molto seccante. La sera prima, all’ora di cena, erano riuniti tutti attorno al tavolo ed ascoltavano le notizie dal telegiornale discutendo anche dei preparativi per il giorno dopo.

Ad un certo punto il conduttore menzionò due episodi legati al maltempo, accaduti nei pressi di Alba, che attirarono l’attenzione di Daniele e Roberta. Un palazzo nei pressi del Tanaro era stato sgomberato giusto in tempo prima che le acque del fiume invadessero e allagassero le sue fondamenta, creando una voragine enorme, fino a far crollare una parte del palazzo. L’altro episodio fu tragico: un agricoltore aveva perso la vita a Norzole, sempre vicino ad Alba, per salvare un uomo che era rimasto intrappolato in auto. Aveva preso il suo trattore precipitandosi per aiutarlo. Era rimasto aggrappato ai rami di un albero per tutta la notte urlando per la paura, il freddo e la stanchezza. Non c’erano elicotteri o mezzi anfibi in grado di strapparlo dalla furia del Tanaro. I parenti sulla sponda del fiume assistevano inermi, angosciati, alla sua disperazione. Lo trovarono il giorno dopo, a pochi metri dal luogo in cui lo avevano visto aggrappato alla vita. Tutto questo avveniva il giorno 4 novembre del 1994.

Daniele ascoltò con interesse e curiosità quella notizia, pensò e fece un rapido collegamento con il fatto che il palazzo in cui abitava era situato proprio di fianco alla riva dello stesso fiume Tanaro e che la piena aveva bisogno di circa ventiquattro ore per coprire la distanza tra Alba e Alessandria. Scacciò quel pensiero dalla sua mente come per esorcizzare brutti presagi. Quella sera la tivù anticipò nel servizio meteo che il giorno dopo avrebbe piovuto ancora, ma senza dare un’enfasi particolare all’evento.

La mattina del 6 novembre, il fiume Tanaro, ben visibile da casa di Daniele, si era molto ingrossato. Il rumore dell’acqua, scorrendo all’interno dell’alveo, rimbombava su tutta l’area circostante, trasformando il fiume in un mostro che correva a tutta velocità. Insomma, era una piena a tutti gli effetti. Appena svegliati, Roberta aveva fatto notare a Daniele che da pochi minuti c’era un via vai di persone che transitavano sul marciapiede sotto casa loro e che si recavano sul greto del fiume, per osservarne la portata. In effetti, guardandolo attentamente ed ascoltando il rumore, faceva veramente paura. Un timore cominciava a fare capolino, nonostante tutto, vollero scacciare dalla mente brutti presagi di sciagura.

Daniele chiese a Roberta se avesse bisogno di qualcosa, era presto per andare a pranzo, voleva uscire assieme a Michele per fare un giro in macchina e monitorare la situazione in città. Giravano voci riguardanti lo straripamento del fiume Bormida, disse che voleva controllare, poi ne avrebbe approfittato tornando indietro per andare nel viale della stazione, in via della Repubblica, dove quella domenica c’erano esposti tanti banchetti di prodotti locali, che vendevano formaggi, salumi e il famoso e prezioso tartufo bianco, oltre che il nero. Infatti, così fece. Frettolosamente comprò dei salamini al tartufo e qualche pezzo di formaggio per farlo assaggiare a Roberta che ne era ghiotta, ma una strana e cattiva sensazione lo stava angosciando. Daniele in pochi minuti arrivò sul ponte della Bormida, la statale che collegava il capoluogo con Spinetta Marengo, vide subito che non c’era nessun pericolo di inondazione. Si rese subito conto che il pericolo era rappresentato più dal fiume sotto casa sua. Si erano fatte le undici circa, decise di rientrare a casa anche perché era ora di prepararsi e andare fino a Gamalero, dove avevano prenotato per pranzare e festeggiare il loro diciottesimo anno di matrimonio.

Arrivò a casa, nel parcheggiare la macchina notò un incremento di persone, sembrava oramai una processione, tutti che si recavano sul bordo del fiume per controllarne la portata. Assieme a Michele salì frettolosamente le scale di casa, dove Roberta, intenta nelle sue faccende domestiche, appena lo vide gli disse “Daniele, ma hai visto che caos di persone c’è sotto casa, cosa sta succedendo?”. “Sì, vero, Roberta. In effetti, ho paura che stia per succedere qualcosa di grosso”. Si affacciò alla finestra e fissò attentamente il fiume. Le acque del Tanaro scorrevano ad una velocità mai vista, si vedevano nettamente tronchi di alberi che galleggiavano travolgendo qualsiasi cosa.

La televisione cominciava a fare dei collegamenti straordinari con la zona di Alba sottolineando che le abbondantissime piogge che da giorni cadevano sul Piemonte stavano mettendo in ginocchio tutti i comuni e che erano previsti fino a 500 mm di acqua. Il Tanaro faceva paura. È il secondo fiume per lunghezza del Piemonte, dopo il Po, del quale è anche principale affluente di destra. Daniele era oramai pronto per uscire assieme a tutta la famiglia e andare via, ma ebbe un attimo di titubanza. Era già vestito di tutto punto, anche Roberta si era preparata facendosi carina per festeggiare quel bellissimo evento. Continuava ad affacciarsi al balcone per controllare la situazione del fiume. Dal secondo piano si vedeva chiaramente che il livello dell’acqua stava per raggiungere il bordo, quindi ebbe la sensazione che di lì a qualche minuto la situazione potesse precipitare. In quel momento, scattò in lui quella personalità da decisionista senza titubanze che lo aveva sempre contraddistinto durante la sua vita. Diede disposizioni ai suoi cari di spogliarsi ed indossare indumenti per coprirsi bene, idonei per rimanere fuori casa. Disse che dovevano nel più breve tempo possibile abbandonare la casa. Gli era venuta in mente la situazione di quel palazzo ad Alba che era crollato circa ventiquattr’ore prima.

Adesso la stessa situazione, a suo avviso, stava per ripresentarsi in Alessandria, proprio nel condominio in cui abitavano lui e la sua famiglia. Mentre indossava un giubbotto impermeabile, ritornò ad affacciarsi al balcone e proprio in quel momento vide le acque del Tanaro che stavano uscendo dall’alveo. Cominciarono ad invadere l’area attorno alla piscina con una violenza mai vista. Il fronte dell’acqua formava delle onde che trascinavano via qualsiasi cosa al loro passaggio. In quella stagione le foglie la facevano da padrone. Dopo le ultime piogge erano cadute quasi tutte dagli alberi, quindi l’acqua le trascinava spingendole sempre più avanti, fino al cancello dell’entrata della piscina. Qui se ne erano raccolte talmente tante da formare un tappo, facevano una pressione tale che il cancello si era deformato ma ancora teneva, questo deviava l’acqua del fiume in quel punto, facendola tracimare in strada più in avanti. Daniele immediatamente cominciò ad urlare: “Via via, presto scappiamo via velocemente, qui si mette male”.

In un battibaleno si ritrovò nell’androne del palazzo assieme a Michele, mentre Luciano si attardava ad aspettare la mamma, intenta a raccogliere le ultime cose che potessero servire per riparare i suoi figli in una eventuale nottata all’addiaccio. Saltò in macchina assicurandosi che Michele fosse dentro al sicuro, scese un attimo e si affacciò alla ringhiera della piscina saltando sul muretto di cinta per rendersi conto della situazione. L’acqua stava per entrare nella vasca della piscina, valutò di avere ancora un pochino di tempo per allontanarsi e mettere al sicuro l’auto e Michele oltre la circonvallazione, circa cinquanta metri, per poi tornare indietro da solo per recuperare Roberta e Luciano. Appena arrivato al di là della strada, parcheggiò frettolosamente la macchina lungo il muro della scuola Fermi, lì la strada cominciava leggermente a salire, quindi l’acqua ci avrebbe messo più tempo ad arrivare. Si raccomandò con Michele di non muoversi e si precipitò di nuovo verso casa. Non fece neppure una decina di metri che vide spuntare sua moglie e suo figlio che avevano appena svoltato l’angolo della strada. Fece un sospiro di sollievo. Tornò a respirare, era rimasto in apnea in quei momenti.